Speciale retrogaming: Monkey Island

Nonostante lo storico studio LucasArts sia ormai defunto da tempo, l’amore dei fan di Monkey Island per la serie (prevalentemente i primi due capitoli) è rimasto invariato e i giochi ideati da Ron Gilbert non accennano a perdere smalto anche dopo più di 25 anni.
In questo speciale cercheremo di analizzare i motivi che rendono questo franchise tanto speciale nei cuori e nelle menti di noi giocatori PC di lunga data, focalizzandoci sul primo e sul secondo capitolo della saga “originale”.

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Monkey Island nasce dalle menti geniali di Ron Gilbert, Tim Schafer e Dave Grossman, all’epoca tutti facenti parte di LucasArts.
Dietro il design del gioco si cela la forte volontà di offrire un’esperienza impegnativa ma non punitiva, incentrata sulla storia e non sulla sfida come nelle classiche avventure grafiche rivali Sierra On-Line o Infocom.
Fu un po’ la filosofia player-friendly, l’essere aperti e scanzonati, a gettare le basi per i successivi capolavori del calibro di Sam & Max Hit the Road e Day of the Tentacle, annoverati giustamente tra i giochi migliori di tutti i tempi.
L’accentuato umorismo di Monkey Island si palesa sin dalle fasi iniziali, presentando un protagonista lontanissimo dai canoni eroici dei videogiochi coetanei che proprio grazie alla sua spiccata ingenuità e purezza è riuscito a conquistare il pubblico: parliamo di Guybrush Threepwood.
Voler diventare un pirata a tutti i costi sembra un’impresa impossibile, specie nel mondo fittizio messo in piedi da Gilbert.
L’ambientazione corrisponde più o meno a quella caraibica di fine diciassettesimo secolo, l’era della pirateria, ma i connotati dell’arcipelago in questione appaiono incredibilmente parodici.
Tra grog che scioglie i boccali, scimmie a tre teste e galeoni fantasma, la voluta comicità dell’opera LucasArts incontra elementi magici, quasi fiabeschi e talora inquietanti, con il nostro Guybrush sempre alla ricerca di una soluzione cervellotica ai dilemmi che gli si pongono.

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Dilemmi sotto forma di puzzle e minigiochi da punta e clicca in grado di mettere duramente alla prova persino i più astuti, un esempio è il celebre pollo con la carrucola che ci ha fatti disperare tutti almeno una volta nel playthrough.
La struttura a tratti geniale degli enigmi rimane comunque coerente al contesto narrativo, valorizzato da personaggi a dir poco memorabili come Elaine Marley e LeChuck, oppure il trio pirata del mitico Scumm Bar, oggetto di innumerevoli citazioni nella cultura pop odierna.
Ogni ambientazione riflette una cura maniacale per il dettaglio, evidente sia giocando la versione originale realizzata con il motore grafico SCUMM sia la rimasterizzata Special Edition uscita nel 2009.
Si tratta di un setting marittimo, affascinante a livello paesaggistico come nel lore, capace di offrire vedute suggestive e far correre l’immaginazione agli utenti di tutte le età.
A ciò concorre in maniera speciale la meravigliosa soundtrack dai toni reggae/caraibici composta dall’ottimo Michael Land, un vero fiore all’occhiello per l’intera produzione.
La summa di svariate eccellenze artistiche e di game design, unita ad una sceneggiatura dall’onnipresente humour che non di rado rompe anche la quarta parete, che è Monkey Island costituisce ancora oggi uno dei punti più alti raggiunti dalle avventure grafiche (quelle vere) della vecchia scuola.
Non a caso dietro i processi creativi di aziende come Daedalic si nasconde neanche troppo velatamente un amore sviscerato per i capolavori senza tempo di LucasArts.
Ed ecco perché Monkey Island continuerà ad essere uno dei migliori esponenti, se non il migliore, del suo genere.

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