Cuphead – Recensione

Ci siamo! Dopo anni di attesa e diversi rinvii siamo riusciti finalmente a mettere le mani su Cuphead.
Cuphead è un particolare Shoot Em’ Up sviluppato da due fratelli canadesi che come in una favola di altri tempi si sono giocati il tutto per tutto per portare a termine il progetto in cui credevano, tanto da arrivare ad ipotecare più volte la casa o a lasciare i rispettivi lavori per dedicarsi anima e corpo al gioco.

Cuphead non è un semplice indie game come tanti ma ha alla base due idee ben precise, la prima è un solido immaginario profondamente ancorato a quelli che erano i corti di animazione prodotti negli anni 30 del 1900, come le Sinfonie Allegre della Disney, e la seconda è legata al suo gameplay il quale si rifà pesantemente agli Shoot Em’ Up tipici delle sale giochi anni 80 e 90 ereditandone non solo lo stile ma anche la cattiveria.

La storia proposta all’interno di Cuphead ripercorre uno dei topoi ampiamente sviscerati da tantissime altre produzioni, e vede i due fratelli Cuphead e Mughead, che dopo aver perso ai dadi contro il diavolo si ritroveranno loro malgrado a dover vestire i panni di tirapiedi nel tentativo di riscattare le loro anime ed aver salva la vita. Ma non finisce qui infatti nonostante la premessa banale, il comparto narrativo saprà offrire ai giocatori più attenti tante piccole citazioni e riferimenti non velati a tematiche come il gioco d’azzardo e l’abuso di alcool.

Il gameplay del gioco pur non essendo particolarmente complesso mette al centro dell’esperienza poche ma chiare meccaniche. Partiamo proprio da quello che è il concetto alla base del gameplay: tutto quello che si muove ti uccide e l’unica ancora di salvezza tra il fiume di proiettili e i nemici stessi sono gli oggetti e i nemici colorati di rosa che se toccati con il giusto tempismo attivano la parata che garantisce un istante di invulnerabilità. Dunque tempismo e prontezza di riflessi sono le parole d’ordine per  affrontare al meglio il gioco.
Per quanto riguarda le sezioni che il giocatore si troverà ad affrontare, Cuphead propone per il 90% del gioco una sequenza di boss fight superbamente caratterizzate oltre che qualche livello in stile Run N’ Gun (sottogenere degli Shoot Em’ Up nel quale è enfatizzata la meccanica dello schivare i proiettili dei nemici ed i nemici stessi NDR).
Come già accennato gli scontri con i boss rappresentano la quasi totalità dell’esperienza di gioco, ma non disperate in quanto Cuphead si rivela già dalle prime fasi un gioco vario e mai ripetitivo. Il giocatore si ritroverà così ad affrontare due tipologie di boss fight, la prima è quella classica “terrestre” nelle quali è più presente l’elemento platform, con pedane utili sia per evitare i colpi nemici che per colpire i punti sensibili di alcuni boss che altrimenti risulterebbero invulnerabili. Invece la seconda tipologia prevede degli scontri aerei che a tratti rassomigliano a dei bullethell in quanto ci si ritroverà  a dover evitare diversi oggetti o colpi in spazi tutt’altro che generosi.

In apertura della recensione avevamo fatto accenno alla cattiveria che caratterizza il gioco; per chi fosse spaventato da una difficoltà insormontabile e dalla conseguente frustrazione può dormire serenamente. Infatti nonostante Cuphead proponga un grado di sfida piuttosto elevato, il gioco non risulta mai frustrante in quanto i pattern dei nemici sono sempre leggibili e mai improvvisi e qualsivoglia morte è sempre imputabile alla disattenzione del giocatore piuttosto che ad una scorrettezza del codice di gioco. Seppur questa rassicurazione non dovesse rasserenarvi, i ragazzi di Studio MDHR hanno pensato proprio a tutto e per i meno smaliziati sarà possibile affrontare i vari boss con una difficoltà ridotta, che oltre ad abbassare il livello di sfida cambierà anche i pattern di attacco e il numero di fasi dello scontro.
Tuttavia scegliere la modalità facile non garantirà l’acquisizione delle anime dei boss utili per accedere all’ultima area di gioco, ce ne sono in totale quattro suddivise in tre isole principali più l’area finale, rendendo di fatto l’esperienza non completa.

A spezzare la tensione tra un boss e l’altro ci sono dei brevi livelli in stile Run N’ Gun. Questi oltre ad essere esigui in numero rappresentano a nostro avviso anche la parte più debole dell’intera offerta in quanto risultano essere meno curati e vari rispetto ai vari scontri con i boss, (va ricordato infatti che il concept iniziale di Cuphead prevedeva solo gli scontri con i boss e solo successivamente in seguito a delle lamentele sono stati aggiunti i livelli Run N’ Gun NDR) il cui unico scopo è quello di permetterci di guadagnare monete da spendere nell’apposito negozio.
La longevità di Cuphead è difficile da quantificare, in quanto l’abilità del giocatore è messa al centro dell’esperienza di gioco e solo questa può determinare la lunghezza di una partita. In quella affrontata in fase di recensione, ci sono bastate circa 7h per portare a termine l’avventura e considerato il livello medio del sottoscritto probabilmente i più dotati potranno concludere il tutto anche in 5h o meno.

È dal punto di vista tecnico che Cuphead mostra il meglio di se, nonostante sia un gioco indie sviluppato da un pugno di persone, questo è completamente disegnato a mano, animazione per animazione, il che rende il lavoro dello Studio MDHR ancora più sensazionale. Non aspettatevi dunque un menu delle impostazioni grafiche bello nutrito perché ne rimarrete profondamente delusi.

Per tirare le somme Cuphead ci ha convinto, è un’esperienza che tutti dovrebbero provare soprattutto quelli che sono cresciuti nelle sale giochi a cavallo tra gli anni 80 ed i 90 in quanto il gusto per l’arcade duro e puro c’è tutto e difficoltà e appagamento sono le facce della stessa medaglia in un crescendo di varietà e complessità non da ridere. Se non vi bastasse questa motivazione e cercate anche altro lo stesso non rimarrete delusi perché il gioco è curato sotto ogni punto di vista in maniera maniacale. Impeccabile lo stile grafico, cuore pulsante dell’intera produzione, che ha come caposaldo la varietà offrendo al giocatore boss e stage unici per ogni livello affrontato.  Se invece si volesse trovare il pelo nell’uovo l’unica critica sensata che si può fare alla creatura di Studio MDHR è la mancanza della coop online. Un vero peccato perché quella in locale restituisce una giocabilità ottima oltre ad un feeling marcatamente old school.

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