La Realtà Virtuale (VR) è, volente o nolente, parte di ciò che riserverà il futuro del mondo videoludico. Nessuno vuole intendere con questo che sarà un obbligo, quanto un’alternativa decisamente valida di assaporare i videogame che tanto adoriamo. Ma in questa sede non parleremo della VR di per sé, bensì dei dispositivi che permettono di usufruirne, e in particolare di due di essi, l’Oculus Quest e l’Oculus Rift S, in quanto ci è stata data la possibilità di testarli per un tempo complessivo di poco più di un mese. E queste sono le nostre impressioni su questi apparecchi hardware.

Introduzione

L’Oculus Quest e l’Oculus Rift S possono essere considerati come le due facce della stessa medaglia. Seppure il loro scopo sia lo stesso (immergervi nella VR), i loro obiettivi e le loro filosofie possono essere considerate diametralmente opposte. Mentre il Rift S può essere considerato un visore “classico”, laddove la potenza computazionale è offerta interamente dal vostro PC, la vera rivoluzione la fa il Quest, in quanto si tratta di un’unità indipendente, senza fili, tutto l’hardware necessario, batteria compresa, per far girare i giochi è infatti posto all’interno del dispositivo stesso.

Nelle confezioni, pertanto, si troveranno in ambo i casi il visore e i due controller, il manualetto di istruzioni, e nel caso del Quest, un cavo con il caricatore per poterlo collegare alla presa elettrica per ricaricare la sua batteria (di durata di 2-3 ore, a seconda dei giochi). Non ci sono torrette: il Rift S, al contrario del predecessore, non ne fa uso, in quanto gli opportuni sensori sono stati montati direttamente sul visore stesso, rendendo pertanto la sua installazione una bazzecola.

La prima cosa che viene naturale chiedersi avendo in mano questi affari è quanto siano ergonomici. Dati in mano, il Quest pesa 571g e il Rift S 563g, una differenza matematicamente trascurabile, ma ecco che una volta provati a indossarli di differenze ve ne sono. Nonostante il Quest sia più pesante, il peso è distribuito molto meglio ed è risultato molto più comodo da indossare, facendo effettivamente apparire il Rift S come il più pesante dei due, a sottolineare come non sia il valore del peso la cosa più importante, ma la sua ergonomia. Naturalmente è anche vero che il peso è rappresentato solo dal visore, e nel caso del Rift S tale valore non considera il peso del cavo, che si porterà in giro, cionondimeno, da questo punto di vista, il Quest vince a mani basse.

Installazione

Installare entrambi i visori è un compito estremamente semplice. Per quanto riguarda il Rift S, è sufficiente collegarlo al PC (tramite cavo USB 3.0 e Display Port, lungo 5m), indossarlo, e seguire le indicazioni a schermo. Per il Quest, non avendo bisogno di un PC, è necessario tuttavia usare uno smartphone da poter collegare tramite bluetooth per poter almeno fare il primo avvio tramite l’apposita app Oculus.

Fatto questo, si parte con il settare la propria stanza, che permette di stabilire la direzione dell’orientamento principale, l’altezza dal pavimento, e tracciare il confine della stanza, o meglio, della propria area di gioco. Tale confine permette all’utente di conoscere la propria posizione all’interno della stanza, in quanto avvicinandosi troppo a esso comincerà ad apparire come una colorata griglia. Tracciare tali confini è invero un compito semplice ed estremamente intuitivo, grazie al fatto che durante questo procedimento i propri dintorni sono sempre visibili grazie all’uso delle telecamere all’esterno del visore, con cui è possibile delineare tale confine letteralmente tracciandolo con il proprio controller come se fosse una matita, permettendo di disegnare con estrema precisione i lineamenti di mobili anche complessi. Se pensavate che l’area dovesse essere per forza quadrata o rettangolare, vi sbagliate di grosso: può essere di qualunque forma vogliate.

L’unica differenza per questa procedura tra il Quest e il Rift S, è invero una molto importante: nel caso del Quest, qualora l’area tracciata non coprisse un valore minimo, verrà automaticamente adottato un confine a forma di cilindro molto stretto attorno al giocatore, impedendogli così di muoversi senza rendersene conto durante le sessioni. Viceversa, il Rift S non consente di avere tale piccolo confine, lasciando il giocatore totalmente senza bordi visibili, con tutte le conseguenze del caso che potrebbero accadere.

Una volta completate le prime impostazioni, ci si ritroverà all’interno di un salotto virtuale. Mentre quello di Rift S è ambientato in un appartamentino sulle montagne, esplorabile e dotato di ogni confort, con tanto di mobili spostabili e personalizzabili, quello di Quest è invece statico, non ci si può né spostare al suo interno, né personalizzare a piacere. Non che questo influisca sull’esperienza d’uso globale, ma è solo un dettaglio che abbiamo voluto far presente.

Dulcis in fondo, è anche possibile formare più aree di gioco in altrettante stanze diverse, in quanto il visore riconoscerà il cambio di stanza e si adatterà di conseguenza. Ma purtroppo, il sistema non è infallibile, e a volte non le riconosce, costringendovi dunque a tracciare nuovamente il confine. Vogliamo comunque far notare che la procedura dura sì e no trenta secondi.

Qualità d’immagine

Uno degli argomenti più dibattuti in campo VR è invero lo schermo del visore, il cuore pulsante dell’intera struttura, se esso è di pessima qualità, rovinerà completamente l’esperienza. Fortunatamente, non è il caso di parlare con toni negativi riguardo ai due visori di Oculus, che si sono difesi in maniera più che dignitosa.

Tuttavia, regolare un visore per la VR non è la stessa cosa che regolare un monitor o inforcarsi un paio di occhiali. Dato che le leggi dell’ottica quelle sono e non possono essere violate, affinché l’immagine vista dai propri occhi sia la più chiara e a fuoco possibile, occorre che il visore sia posizionato correttamente sul proprio volto. Basta anche solo uno spostamento di un millimetro per vedere sfuocato. Su questo aspetto abbiamo trovato un pelo più facile trovare il giusto assetto con il Quest che con il Rift S. Questo perché, oltre a poter controllare la giusta posizione sulla testa e a come aderisce al volto grazie alle apposite fascette con tanto di velcro (e manopola nel caso di Rift S dietro la nuca), il Quest ha la possibilità di spostare fisicamente le lenti lateralmente. Con il Rift S è possibile adattare via software l’IPD, ovvero la distanza tra le pupille dei propri occhi. Funziona anche quest’ultimo metodo, ma non è la stessa cosa. Tuttavia, una volta trovato quale sia questa posizione ottimale sulla testa, è facile imparare a mettersi il visore in modo da ritrovarla all’istante.

Oculus Rift S – Specifiche

  • Prezzo: €449
  • Disponibilità: Primavera 2019
  • Weight: 563g
  • Audio: Due Speaker integra, 3.5mm audio jack
  • Display:
    • Risoluzione: 1,280 × 1,440 per-occhio (2,560 × 1,440 totale)
    • Tipo: LCD
    • Refresh Rate: 80Hz
    • Campo visivo: ~100 gradi
    • IPD Controllo: Software
  • Tracking: Inside-Out

Oculus Quest – Specifiche

  • Prezzo: €450
  • Disponibilità: Primavera 2019
  • Peso: 571g
  • Audio: Speaker integrati, due 3.5mm audio jack
  • Display:
    • Resoluzione: 1440 × 1,600 per-occhio (2,880 × 1,600 totali)
    • Tipo: OLED
    • Refresh Rate: 72Hz
    • Campo visivo: ~100 gradi
    • IPD Controllo: Hardware
  • Tracking: Inside-Out
  • Processore:
    • Qualcomm Snapdragon 835
    • Durata batteria: 2–2.5 ore

Tornado allo schermo vero e proprio, come dicevamo, la qualità globalmente resta alta per ambo i dispositivi, ma le differenze ci sono. Sul fronte risoluzione, il Quest vince, almeno sul fronte numerico, rispetto al Rift S, in quanto è capace di visualizzare una risoluzione di 1440×1600 per occhio, al contrario di Rift S che si ferma “appena” a 1280×1440 per occhio. Tuttavia, la frequenza di aggiornamento è di 72Hz nel caso del Quest e di 80Hz nel caso di Rift S. Non è una differenza così marcata, ma il Quest è proprio al limite di ciò che è oggi considerato universalmente la soglia di accettabilità per la VR, e la differenza per i soggetti predisposti alla cinetosi c’è e si sente, soprattutto con quelle applicazioni che non sfruttano alcuna capacità di teletrasporto per permettere al giocatore di muoversi, come lo smooth locomotion.

Google Earth permette ad esempio di avere una modalità confort che consente ai lati dello schermo di offuscarsi mentre ci si muove all’interno del mondo, di fatto annullando qualunque sensazione spiacevole, ma i videogame difficilmente fanno uso di questo escamotage, e la sensazione data dopo aver testato certi giochi che non fanno uso del teletrasporto si sono sentiti per svariate ore (nausea), cosa che invece col Rift S è successa in maniera molto più accentuata e più tollerabile. Viceversa, con giochi stazionari o con teletrasporto, non c’è stato quasi alcun problema. Ma dobbiamo ammettere che per lunghe sessioni, abbiamo trovato più piacevole passare il nostro tempo con addosso il Rift S. Naturalmente, quanto scritto in questa parte è fortemente soggettivo, e rispecchia solamente l’esperienza del sottoscritto, e per chi ben sa di non soffrire tali disturbi, non avrà nemmeno bisogno di preoccuparsene.

A tali risoluzioni, l’effetto zanzariera è presente su entrambi, è possibile dunque vedere i singoli pixel che compongono lo schermo, ma non in maniera così marcata come si penserebbe, ed è una cosa facilmente dimenticabile, tant’è che dopo neanche un minuto non ce se ne renderà conto nemmeno più. Ma per la natura intrinseca del dispositivo, a parità di giochi, la pulizia dell’immagine la vince il Rift S, anche in virtù del fatto che le immagini vengono elaborate da una scheda grafica di un PC. Seppure le immagini restituite dal Quest siano di buona qualità, i suoi limiti tecnici si avvertono tutti da questo punto di vista, in quanto rimangono comunque leggermente sgranate.

Di contro, il FOV è percettibilmente basso su entrambi i dispositivi. La visione periferica è quindi totalmente inutilizzata, il che è un peccato, perché nei titoli di tipo FPS, poter vedere con la coda dell’occhio i nemici accanto a sé anziché dover girare la testa sarebbe stato eccezionale e molto utile, invece occorre accontentarsi, il che forse rappresenta il contro più grande per quanto riguarda gli schermi di entrambi.

Per quanto sia poco attinente a questo paragrafo, spenderemo due parole sull’audio. Entrambi i visori adottano degli altoparlanti implementati nel visore, e non utilizzano di base cuffie o auricolari. La qualità dell’audio rimane comunque buona per entrambi i dispositivi, la stereofonia c’è ed è percettibile, quanto basta per capire dove si trova la fonte del suono nello spazio virtuale, ma di contro, è che tutti quelli accanto a sé possono sentire cosa state ascoltando. Avremmo tuttavia voluto che il volume massimo fosse leggermente più alto. Per di più, il Quest ha dei controlli fisici per l’audio direttamente sotto il visore, cosa estremamente comoda per aggiustarlo al volo. Con il Rift S è invece obbligatorio regolarlo nella propria dashboard virtuale. Scomodo, soprattutto mentre si sta giocando.

Giochi per tutti

Eccoci dunque alla prima, importante differenza tra il Rift S e il Quest: il parco titoli. Essendo il Rift S dipendente dal vostro PC, esso eseguirà fondamentalmente tutti i giochi compatibili con il visore, acquistati sia su Oculus Store che su altri lidi, come Steam. Il Quest, tuttavia, eseguirà soltanto i giochi compatibili con esso soltanto e acquistati tramite l’Oculus Store. E qui ci sta la più grande pecca, perché se avete già acquistato un altro titolo per il Rift (ma anche per altri visori), esso non funzionerà su Quest, e viceversa. Dovrete per forza di cose riacquistare singolarmente ciascun titolo se per caso cambiate o acquistate un altro visore. Questo è giustificato dal fatto che i titoli per Quest sono stati personalizzati pesantemente per l’hardware a disposizione (un processore Qualcomm Snapdragon 835 e 4GB di RAM), risultando di fatto alquanto diversi sotto il cofano (ma in termini di giocabilità e gameplay di per sé sono identici).
Tradotto, significa che i titoli risulteranno molto meno definiti graficamente per Quest che non per Rift S, in quanto sono stati fatti numerosi tagli sul numero di effetti e sulla conta dei poligoni. Come vedremo, in realtà c’è un escamotage per far andare giochi diversi da quelli strettamente più compatibili col Quest.

Tutti i titoli testati non hanno dato problemi, i visori si sono sempre comportati perfettamente, i controller sono quasi sempre stati precisi, quasi, perché capitava, in rare occasioni, che per un motivo o per un altro un controller “partisse”, come se fosse stato lanciato da un capo all’altro della stanza, o si mettesse a girare come se stessimo ruotando il polso, per poi ritornare per magia nelle proprie mani. A volte era il sintomo della batteria quasi scarica (è stato sufficientemente cambiarne con una carica perché questo effetto sparisse), a volte capitava sporadicamente in determinati titoli, ma alla fine la sensazione era che fosse più un problema del software che dell’hardware in sé.

Nulla da ridire per quanto riguarda l’ergonomia e il confort dei controller (che sono gli stessi per ambo i modelli). Forse l’unica pecca è che risulta un po’ difficile premere il tasto analogico con il pollice all’inizio, ma ancora una volta, basta farci l’abitudine e non ci si penserà più. Tuttavia, il fatto che i controller di ambo i visori abbiano la “corona” (che contiene i sensori per rivelare la posizione nello spazio) rivolta verso l’esterno, anziché verso l’interno come le precedenti versioni, fa sì che in certi giochi, dove magari bisogna interagire con un oggetto con ambo le mani (come caricare una pistola in Hot Dogs, Horseshoes & Hand Grenades) si finisca con il farle cozzare. Non è un grosso problema, in quanto questo tipo di interazione non è affatto comune.

È presente inoltre la rivelazione di prossimità delle dita sui controller stessi. Sfiorando appena appena i tasti, viene considerata come una interazione in determinati titoli (ma naturalmente premendo il tasto l’azione conseguente sarà ben diversa dallo sfiorarlo semplicemente), come afferrare oggetti, alzare o abbassare dita della propria mano virtuale, e così via. Non raggiungerà il livello di precisione di Valve Index, ma per le esperienze comuni, il sistema adottato da Oculus è più che sufficiente.

Un contro che abbiamo riscontrato, che non ha nulla a che vedere con l’hardware in sé, quanto piuttosto un avvertimento, è che manca una qualsivoglia di standard su come vengano usati i tasti del controller. Per fare un esempio, in certi casi, per teletrasportarsi occorre tenere premuto il tasto A, in altri titoli il tasto B (o i corrispettivi della mano sinistra, X e Y), oppure ancora tenendo in avanti il tasto analogico o premendolo addirittura. Sulla lunga causa più che altro confusione, e occorre concentrarsi bene, soprattutto nei titoli frenetici, e ricordarsi quale tasto fa cosa, finendo magari per premere un tasto che fa tutt’altro.

Due parole sul parco titoli del Quest: al momento, purtroppo, è alquanto limitato a giochi non particolarmente eccezionali, ma non mancano naturalmente le perle e i giochi molto buoni, come Superhot VR, Beat Saber, Moss e RoboRecall, ma perlomeno col tempo è destinato a espandersi, e dovrebbero arrivare tra non molto titoli del calibro di The Climb, Arizona Sunshine e Onward. Ricordatevi poi che la capacità del Quest è limitata: il modello base comprende 64GB di spazio, quello più capiente 128GB!

Il futuro è già (più o meno) qui

Come dicevamo poco più sopra, è possibile anche far funzionare su Quest giochi non compatibili. Questa stregoneria è possibile grazie a un modder che ha sviluppato uno strumento chiamato ALVR (All Light Virtual Reality), in grado di trasmettere in streaming le immagini dal proprio PC al Quest, e gli input dei controller al computer. Purtroppo, non è una operazione alla portata di tutti, in quanto è abbastanza complessa e lunga, ma il risultato è di ritrovarsi tra le mani una sorta di ibrido, perché di fatto unisce, almeno su carta, i giochi per un normale visore da collegare al PC, alla comodità di non avere fili del Quest.

Noi abbiamo voluto sperimentare questo tool. Dopo aver completato la procedura di installazione (che prevede avere un cavo da USB-C a USB), abbiamo collegato il Quest tramite l’hotspot wi-fi del computer stesso (opzione presente in Windows 10), installato SteamVR, e avviato l’applicazione sia su Quest che su PC, collegandosi quasi subito e dandoci così la possibilità di ritrovarsi nel soggiorno virtuale offerto da Steam, e da lì avviare tutti i titoli presenti nella propria libreria. Abbiamo sperimentato qualche gioco, e sebbene per alcuni giochi i risultati siano stati eccellenti, in altri casi ci sono stati dei problemi, a volte leggeri, a volte gravi.

I giochi Croteam (Serious Sam e The Talos Principle) non hanno avuto problema alcuno (se non che in rari casi all’avvio dell’applicazione scambiasse il controller destro per quello sinistro e viceversa, il quale in realtà non porta alcun problema per il gameplay), così come la mod VR di Doom 3 ha funzionato in maniera pressoché perfetta. Nessun problema nemmeno con Keep Talking and Nobody Explodes. In questi casi, sembrava proprio di giocare con un visore “legittimo”, un risultato veramente ragguardevole. Anche alcuni minigiochi di The Lab hanno funzionato molto bene, altri invece, per qualche inspiegabile ragione scattavano, a tal punto da rendere l’esperienza veramente nauseante.

Google Earth, invece, ha sofferto parecchio di problemi di lag in presenza di un caricamento, forse perché la scheda wi-fi del pc non riusciva a tenere il passo, fatto sta che, nonostante funzionasse perfettamente, non è stata una esperienza piacevole proprio per questa ragione. Anche Beat Saber, per quanto funzioni, faticava a mantenere il passo e finiva sempre con l’esserci un qualche tipo di ritardo assolutamente percettibile in alcuni casi, tanto da renderlo ingiocabile vista la natura frenetica del titolo.

Viceversa, diversi titoli non hanno invece funzionato per niente, in quanto risultava impossibile per il gioco rilevare i controller, come Scanner Sombre, Payday 2, The Climb, Farlands e Superhot VR. Il che è un vero peccato.

La morale che vogliamo trasmettervi è: non acquistate il Quest con la sola intenzione di sfruttare il vostro PC per giocare in wi-fi. Per quanto siamo sicuri che in futuro questo modder perfezionerà sempre di più il suo splendido tool, al momento non è sufficientemente affidabile dal punto di vista dei titoli compatibili (e magari non è neanche un problema del tool ma dei giochi in sé) da rendere l’acquisto del visore per questo scopo un valido investimento. Viceversa, vedetelo più come un plus, come un ultra, come un extra, e niente di più con cui fare esperimenti. Se volete acquistare il Quest fatelo invece perché è un’esperienza tutto in uno, di facile installazione, di facile trasporto (si può portare a casa di amici senza sforzo alcuno), e perché i giochi presenti, seppur pochi, sono comunque validi.

Insomma, non è ancora arrivato il giorno di un visore tutto wi-fi, ma il Quest, usato in questo modo, ci ha permesso di avere almeno un assaggio di ciò che ci aspetterà un futuro, si spera, non troppo lontano.

Due considerazioni sulla VR

Per i più curiosi, la macchina su cui è stato testato il Rift S (e la “modalità” wi-fi del Quest), era dotato di un processore i5-4690k @3.50GHz, 16GB di RAM e una GTX 980 con 4GB di VRAM. Tralasciando i sopracitati problemi avuti col Quest, nessuno dei giochi testati ha sofferto di particolari problemi di performance degne di essere riportate. Certo, la qualità grafica è stata mantenuta alle impostazioni consigliate, risultando qualitativamente bassa rispetto a chi è abituato a giocare normalmente con tutto a Ultra, ma essendo le prestazioni la priorità numero uno per quanto concerne la VR, è un piccolo scotto da pagare per poter usufruire senza problemi di questa tecnologia. Tuttavia, è un chiaro segno che anche un computer ormai considerato di fascia media è possibile usufruirne al suo pieno potenziale.

Perché, se c’è una cosa diversa rispetto al giocare in maniera tradizionale che la VR offre, è la possibilità non di vedere il mondo di gioco attraverso gli occhi del protagonista (questo considerando un titolo in prima persona), ma di essere il protagonista. In Serious Sam, non si impersona Serious Sam, si è Serious Sam, in Doom 3 non si impersona lo space marine, si è lo space marine. E così via, così discorrendo. Se si muove una mano, anche la mano si sposta nel gioco. Se si gira il collo, la visuale nel gioco si sposterà di conseguenza. Se ci si sposta nella stanza, ci si sposterà anche nel gioco. Per prendere la mira, bisogna occorre fisicamente puntare il proprio controller verso la direzione dove si vuole sparare. Davanti a sé o dietro di sé non ha alcuna importanza, non si è limitati a dover sparare al centro della propria visuale.

È un nuovo modo di giocare, un nuovo modo di affrontare le avventure, da un nuovo punto di vista, non più in prima persona, ma dal vero. Nel caso, ad esempio, di Doom 3, rigiocarlo in VR è stato un piacere immenso, è stato estremamente coinvolgente ed è stato come rigiocarlo la prima volta, anche merito della qualità della mod, che se non fosse per qualche piccola sbavatura, potrebbe essere scambiata per un aggiornamento ufficiale.

E no, evitiamo discorsi sul fatto che a lungo andare tenendo indossato il visore più ore al giorno si finirà col non distinguere più la realtà da quella virtuale. Sono solo barzellette, e come tali vanno raccontate per fare battute, non per essere usate come tesi per andare contro a questa tecnologia.

Conclusioni

L’Oculus Quest e Rift S sono due pezzi pregevoli di tecnologia, di qualità, a un prezzo più accessibile rispetto alla concorrenza, e svolgono precisamente entrambi i loro compiti, ovvero saziare la vostra fame di VR, ma sono nati con in mente due tipologie di utilizzi diversi, difficile comunque non consigliare uno dei due a chi vorrebbe un dispositivo del genere, anche solo per togliersi uno sfizio spendendo il giusto.
Se siete utenti che non hanno intenzione di spendere folli cifre su hardware performanti, o siete utenti che preferiscono l’assoluta portabilità e non si fanno problemi a sacrificare la qualità d’immagine, puntate i vostri occhi sul Quest. Ma se non siete convinti di alcune sue caratteristiche hardware, è comprensibile, e non dubitiamo che in futuro possa uscire un Quest 2 con titoli più complessi e graficamente appaganti.
Viceversa, se siete già abituati a giocare esclusivamente nella propria stanza, con magari hardware al passo coi tempi, il Rift S è lì che vi aspetta.

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