Siamo in coma da diversi anni, su un letto d’ospedale, a causa di un tornado che si è abbattuto sulla nostra città. Quel giorno, sprezzanti del pericolo, invece di fuggire torniamo in casa a cercare la nostra bambina, Sophia. Lei non c’è, guardiamo dappertutto, ma non si trova da nessuna parte. Ormai è troppo tardi, improvvisamente siamo nell’occhio del ciclone, con la nostra casa che viene brutalmente smantellata con noi dentro. Da lì in poi, il buio. O la luce. O entrambi.
Che fine ha fatto Sophia? È morta? È riuscita a salvarsi? Ma soprattutto, perché anni e anni prima abbiamo deciso di trasferirci in quella città, nota per essere vittima di frequenti calamità naturali? Se la bambina è morta, è solo colpa nostra. Le dobbiamo chiedere scusa. E così, l’ossessione del protagonista di chiedere perdono a sua figlia si tramuta quasi in realtà, vedendosi catapultato nel suo inconscio, per ricercare il pensiero perduto della figlia e chiederle perdono per la nostra incoscienza. Per farlo, dovremo spingerci verso il Talamo, o Thalamus, rappresentato da un gigantesco albero dalle foglie argentate, che spesso vedremo sullo sfondo per ricordarci della nostra missione, percorrendo una strada infarcita di enigmi e pericoli che dovremo evitare.
Gli enigmi con cui avremo a che fare nel gioco, sono di natura prettamente logica, sebbene il loro funzionamento è quantomeno originale. Non ci saranno numeri, codici da decifrare o amenità simili, ma semplicemente dovremo sfruttare l’ambiente per scatenare certe azioni che si ripercuoteranno nell’ambiente stesso: sparsi per i vari livelli ci saranno delle zone, contraddistinte da particolari dettagli, in cui una volta entrati si scatenerà un effetto naturale e particolari elementi verranno attivati o disattivati. Così, se si entra in una zona marcata da alberi intrecciati morti, la nebbia scenderà e determinate barriere verranno abbassate. Allo stesso modo, se si entrerà in un campo di fiori fluorescenti, la notte calerà e dei portali si attiveranno. Il problema è che una volta usciti da queste zone, tutto tornerà come prima. La nebbia quindi si alzerà, la notte si tramuterà in giorno, il tutto in tempo reale e con effetti grafici veramente convincenti e ben fatti. Per venirci in aiuto, troveremo sparsi per i livelli, certi “gomitoli”, che altro non sono che frammenti del nostro inconscio, e che simuleranno la nostra presenza quando entreranno in suddette zone. L’analogia è la stessa del pulsante – scatola, ma il fatto che le sfere debbano trovarsi in una zona specifica anziché su un qualcosa di fisico e tangibile è comunque una variazione più che soddisfacente.
La maggior parte degli enigmi del gioco si risolverà così, perlustrando l’ambiente in cerca di suddette sfere (alcune appariranno solo quando una determinata condizione è scatenata), prendendole e sfruttandole per riuscire a superare i vari puzzle che si pareranno davanti al nostro percorso.
È proprio qui che MIND fa un piccolo scivolone: le sfere non sono grossissime, ma quando le si afferra ci verranno sbattute in faccia con prepotenza, ed essendo il gioco in prima persona per poco non si riesce a vedere nulla mentre le si sta portando. Non le si possono neppure far rotolare con i piedi perché, grazie alla struttura minimalista del gioco, il raccoglimento è automatico. È un fastidio sopportabile, ma poteva essere tranquillamente evitato. Perlomeno, i puzzle sono abbastanza vari e mai frustranti, e vi chiederanno da far lavorare al massimo la vostra testa e il vostro acume.
Artisticamente e graficamente, MIND è davvero sublime, ed è una gioia per gli occhi camminare negli ambienti che visiteremo, tutti ben dettagliati e dallo stile grafico inconfondibile. Si visiteranno infatti deserti, ghiacciai, grotte e foreste, ognuno di essi rappresenterà una parte del nostro stato mentale del cervello del protagonista, mentre il level design di alcune location appaiono basilari, altre invece sono veramente ispirate. Come fare a non citare la grotta ghiacciata, con enormi noduli di ghiaccio che si dispongono come neuroni in un cervello?
La parte audio è veramente minimalista ma coinvolgente: non ci sono musiche di accompagnamento, ma semplicemente il giocatore verrà accompagnato dal suono delle onde del mare, del fischiare del vento, del canto degli uccellini, dei tuoni nel cielo, dello scrosciare della pioggia.
Purtroppo a livello narrativo, MIND fa un piccolo buco nell’acqua. È chiaro che il gioco a cui si è ispirato di più l’autore sia Portal, che unisce puzzle a una narrazione blanda e col finale col botto, ma siamo lontani dal capolavoro che è il titolo Valve. Sebbene la parte puzzle sia ben fatta, la storia non decolla mai veramente, e si fa fatica a prendere in simpatia i pochi personaggi che vengono messi in gioco o anche solo a immedesimarsi nella tragedia del padre. Oltre al danno, la beffa: durante le ultime fasi, verremo esplicitamente presi in giro per il viaggio intrapreso in cerca della nostra redenzione. Però, il messaggio ultimo che vuole trasmettere, per poco non spiazza e, anzi, fa riflettere su cosa voglia dire avere l’ossessione di voler chiedere perdono a una persona che tragicamente non c’è più.
Pro
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Ambientazioni ispiratissime e molto coinvolgenti;
Meccaniche dei puzzle originali.
Contro
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Narrativamente poteva essere fatto meglio;
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Portare in giro le sfere diventa a volte seccante.
Commento Finale
Globalmente, MIND è un gioco che si lascia giocare per quello che è: un buon puzzle game dalle meccaniche peculiari e originali, con ambienti meravigliosi e alcuni veramente ispirati. Pecca di longevità, in quanto dura poco meno di 5 ore, ma forse per un gioco con una storia non magistrale come questa, sono più che sufficienti. Provatelo comunque se volete fare qualcosa di diverso dai soliti puzzle game in prima persona.