Rime – Recensione

Previsto inizialmente come esclusiva PlayStation 4, Rime ha visto uno sviluppo travagliato che ne ha fatto perdere l’esclusività, facendolo quindi approdare su praticamente tutte le piattaforme, persino su Switch.
Graficamente accattivante, con un gameplay semplice ma con tanta poesia che trasuda da ogni pixel, vediamo assieme se vale la pena di immergerci in questa affascinante avventura.

Sperduto su un’isola

Rime comincia col naufragio del protagonista, un ragazzino che si ritrova sulle spiagge di una misteriosa isola su cui erge una gigantesca quanto maestosa torre. È chiaro fin da subito che il nostro obiettivo sia quello di entrare nella torre, probabile luogo dove sono custoditi i segreti di questo incantevole posto. Ma al contrario di ciò che si può supporre, Rime non è un open world nel senso stretto del termine, ma è composto da zone abbastanza ampie collegate tra di loro che fungono da veri e propri livelli, in cui quando se ne completa uno, si passa al successivo.
Per la precisione sono presenti 4 enormi livelli, più uno di epilogo, ognuno con una ambientazione specifica e diversi set di enigmi che chiederanno al giocatore di variare di conseguenza il suo approccio col gioco. La grandezza dei livelli viene sfruttata abbastanza bene, non solo per creare zone tutto sommato plausibili e piacevoli da esplorare, ma è stata usata soprattutto per infarcire il gioco di una miriade di segreti e collezionabili, ognuno che promette di sbloccare dettagli sulla criptica trama. Criptica, perché purtroppo la trama di Rime è praticamente assente; non ci sono dialoghi né lunghi filmati, solo qualche intramezzo e qualche disegno e immagine che vengono mostrati di tanto in tanto e che si possono trovare in giro, incomprensibili per la maggior parte della gente, ma forse qualcuno dotato di buona lena e volontà potrà decifrare che cosa vogliano dire. Eppure, il livello finale e l’epilogo una lacrimuccia la lasciano pure scendere, a dimostrazione che le parole non servono per emozionare, basta solo qualche scena carica di significato, con la giusta musica e il giusto ritmo.
Ma il giocatore non rimarrà da solo lungo il suo viaggio, ma incontrerà una misteriosa figura con un impermeabile rosso e una dolce volpe che fungerà da guida, quasi spirituale, al ragazzino, più una qualche sorpresa poco dopo la m età del gioco. Alla fine il ruolo di tali comparse non è tanto narrare una storia, quanto creare atmosfera e togliere il senso di solitudine, e Rime di atmosfera ne ha da vendere.

Il signore delle mosche

Sebbene come appena detto la trama di Rime sia fortemente criptica, perlomeno si può spendere qualche buona parola degli enigmi: essi sono in buona quantità sparsi per tutto il gioco e di buona qualità, e la loro risoluzione è necessaria sia per proseguire, che per raccogliere l’ennesimo collezionabile, anche se nessuno di essi risulta essere insormontabile, particolarmente difficile o cervellotico. Gli enigmi prevedono giochi di prospettiva, di luci e ombre, qualche blando enigma a tempo, spostare determinati blocchi per raggiungere luoghi inaccessibili o per attivare diversi meccanismi per aiutarlo lungo il suo cammino, più qualche sorpresa verso la fine del gioco. Ci saranno anche delle sezioni platform, e il protagonista, in puro stile Tomb Raider, potrà aggrapparsi a specifiche sporgenze, scalare e saltare, ma non ci saranno salti al millimetro o salti difficili da fare, in quanto le parti platform di Rime sono giusto un puro esercizio di stile, ma che risultano piacevoli nel complesso.
E tranquilli, in Rime non si muore, o meglio, se dovesse accadere qualcosa di spiacevole al protagonista, come finire tra gli artigli di un grosso rapace o cadere da altezze troppo elevate, il gioco semplicemente riporta il protagonista illeso nell’ultimo punto sicuro visitato.
Rime vuole essere un dolce e piacevole viaggio alla scoperta della natura e di un’isola misteriosa nel modo più poetico possibile, non vuole rendere partecipe il giocatore a episodi di violenza o con scene di sangue.
Anche se gli sviluppatori hanno promesso dalle 8 alle 10 ore come longevità del titolo, a noi è durato la metà di quanto dichiarato, ma va detto che non siamo riusciti neanche lontanamente a trovare la maggior parte dei segreti.

Il naufragio delle performance

Arrivati a questo punto, è chiaro che Rime è un prodotto pensato per quei giocatori che cercano più che un gioco o una sfida, il vivere un’esperienza idilliaca, pacifica e tranquilla. Ma veniamo alla parte più problematica del titolo, perché è bene parlarne: sebbene il titolo sfrutti l’Unreal Engine 4 proponendo una grafica colorata con colori molto forti da renderlo quasi un cartone, purtroppo soffre di gravi problemi di performance.
Ovviamente non si tratta di qualcosa che lo rende ingiocabile (non si tratta di un titolo che si basa sui riflessi per essere affrontato), ma sicuramente una cosa alla quale può dare parecchio fastidio, molto probabilmente anche ai giocatori meno esigenti. Non solo il titolo fatica a tenere costante il frame rate, il quale si rivela essere altamente ballerino e instabile, soprattutto nella prima zona (la più grande e aperta), ma soffre anche di stuttering continuo. E sebbene sorpassata la prima zona, il frame rate diventa decente poiché le zone si fanno più piccole fino a passare la maggior parte del tempo in grotte e caverne molto più limitate, lo stuttering purtroppo si avverte continuamente.
Per darvi un’idea dei valori che abbiamo ottenuto, su una macchina dotata di GTX980, processore i5 4690k e 16Gb di Ram, a dettagli massimi (ma con i minimi non si discostava granché), nella prima zona abbiamo rivelato un range tra 45 e 55fps, con dei crolli a 25 fps in certe zone circoscritte, mentre nei livelli successivi era comunque in grado di sorpassare i 60fps, ma non di superare i 90fps. Sono performance quasi inaccettabili per un titolo del genere che di certo non ha con sé una grafica fotorealistica.
L’unico avvertimento è di non usare l’SSAA come antialiasing, il quale è un vero e proprio macigno e peggiora drasticamente (fa scendere il frame rate sotto i 30fps) queste performance già precarie.
Il che è un peccato, perché Rime ha uno stile grafico davvero unico, che rimanda a un altro titolo che per qualche ragione viene comparato anche nelle meccaniche, ovvero The Witness, quando l’unica cosa che hanno in comune è lo stile grafico assai peculiare e coloratissimo, ma meccaniche praticamente opposte.
Dove eccelle Rime è comunque il comparto sonoro, con musiche ispiratissime e perfettamente funzionali e calzanti con lo stile del titolo, capaci di emozionare e di rendere l’esperienza ancora più memorabile.

Conclusioni

Rime è un viaggio idilliaco e poetico di un ragazzino naufragato su un’isola meravigliosa e piena di misteri, ma che tenta di raccontare una storia alquanto criptica che forse non tutti avranno la pazienza per decifrare. Certo è che il finale invece è comprensibile a tutti, ed è pure alquanto commovente. Forse il prezzo a cui è venduto può risultare un bello scoglio per molti per il suo rapporto prezzo/longevità, ma sicuramente è un titolo che va giocato almeno una volta per chi cerca qualcosa di tranquillo, anche solo per immergersi per qualche ora nella natura di quest’isola, le sue bellezze e i suoi misteri.

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