Resident Evil 4 – Recensione

resident evil 4 remake recensione
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Torniamo indietro nel tempo: è il 2005. Valve stava per rivoluzionare il mondo del PC con Steam e ancora non lo sapeva, ma lasciò a bocca aperta una intera generazione di giocatori con Half-Life 2 uscito giusto qualche mese prima, complice una grafica incredibile e una fisica a dir poco sbalorditiva (che oggi ancora non sfigura), oltre al fatto che si trattava del seguito di uno dei titoli più acclamati degli ultimi anni. Ma ciò che lasciò più il segno quell’anno non uscì su PC, bensì su Gamecube. Resident Evil stava infatti per tornare con un quarto capitolo, in un modo totalmente inaspettato per i giocatori. Capcom aveva deciso infatti di abbandonare completamente le telecamere fisse in favore di una più tradizionale visuale in terza persona, seppure gli fece ereditare i comandi tank, e di introdurre dei nuovi nemici, a prima vista zombie armati di armi bianche, una cosa inconcepibile all’epoca. Sin dalle prime informazioni rilasciate, ci fu chi storse il naso per un cambio così radicale, ci fu chi non poté vedere l’ora di rimettersi nei panni di Leon Kennedy, reduce di Resident Evil 2, fatto sta che Resident Evil 4 quando uscì cambiò per sempre l’industria videoludica, in quanto dettò regole per i futuri titoli in terza persona e ispirò pesantemente diversi altri titoli (come Dead Space e The Last of Us). Sfortunatamente Ubisoft fece uscire un porting scandaloso su PC, il quale non supportava nemmeno il mouse né aveva un sistema di illuminazione funzionante, ma questa è un’altra storia.

Torniamo al presente, il nostro attuale 2023. Pochi anni prima erano usciti i remake di Resident Evil 2 e 3, remake che hanno tentato di portare ai tempi moderni titoli che sfruttavano una formula di gioco antiquata oggigiorno e dettata da limiti hardware dell’epoca, e ci riuscirono con gran successo. Entrambi vennero giudicati come ottimi giochi, ma il 3 venne accolto negativamente dai fan per un motivo in apparenza banale: era troppo diverso dall’originale da risultare praticamente irriconoscibile, finendo con l’essere non un remake, bensì una “reimagination”. Proprio per questa ragione qualcuno ci andò con i piedi di piombo quando venne annunciato il remake di Resident Evil 4, perché temevano che il remake non sarebbe riuscito a rendere giustizia all’originale, uno dei giochi più importanti mai fatti. Fortunatamente sembra che Capcom abbia imparato la lezione, perché Resident Evil 4 è un degno erede dell’originale, che forse non lascerà il segno con l’originale, ma non verrà dimenticato tanto facilmente.

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Come Fare un Remake 101

Fare un remake è potenzialmente una passeggiata, in quanto il più delle volte si tratta di trasporre lo stesso gioco su un nuovo motore grafico, togliere meccaniche vetuste e modernizzarle, dare qualche ritocchino qua e là, e il gioco è fatto – letteralmente. Fortunatamente tale semplificazione estrema non si applica al remake di Resident Evil 4. Capcom per questo capitolo ha voluto fare le cose in grande, ma soprattutto le ha volute fare bene, e nel corso di questa recensione spiegheremo il perché, confrontando ciò che questo remake ha da offrirci rispetto all’originale.

Partiamo dalle fondamenta, la storia. Essa è rimasta pressoché immutata ai suoi estremi (l’incipit e il finale), ma il corso di essa invece sarà ben diversa, complice una riscrittura dei personaggi. L’incipit lo conosciamo tutti: la figlia del Presidente, Ashley Graham, è stata rapita da dei fanatici religiosi e nascosta da qualche parte in uno sperduto e isolato villaggio spagnolo, talmente isolato che ancora usano la peseta come valuta anziché l’Euro. Per portarla in salvo viene inviato un agente governativo, Leon Kennedy, il quale nei sei anni passati dalle vicende narrate in Resident Evil 2 è passato dall’essere un poliziotto alle prime armi a una macchina da guerra al servizio del Presidente. Sfortunatamente la vicenda assume delle pieghe inaspettate, in quanto il povero Leon si ritrova a lottare contro potenti armi biologiche, chiamate Las Plagas, che altro non sono che antichi parassiti capaci di insidiarsi all’interno di pressoché ogni mammifero e di prenderne il controllo. Alla missione si aggiunge dunque anche l’obiettivo di eradicare questa setta religiosa prima che diffondano nel mondo questi parassiti.

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Come detto, i personaggi hanno subìto una riscrittura pressoché totale, dando loro una maggiore personalità. Per esempio, Leon è un po’ più maturo e avrà un atteggiamento un po’ più serio, ma non mancherà di fare battute nei momenti peggiori per sdrammatizzare. All’esuberante e sciupafemmine Luis è stato dato molto più tempo su schermo, in modo da poter legare con Leon e rendere più drammatica la sua uscita di scena, anche se stavolta non viene presentato come “un ex poliziotto di Madrid”, bensì come un ex ricercatore della Umbrella, cosa che fa insospettire fortemente il nostro protagonista. Krauser invece è diventato ancora più folle, più cattivo, accecato dal potere e dalla sete di vendetta, ma a questo giro Capcom ha voluto evidenziare maggiormente il rapporto tra lui e Leon, capace di lasciare l’amaro in bocca quando verrà l’ora della sua sconfitta. Abbiamo lasciato Ashley per ultima per poter dare spazio anche alle fasi di gameplay quando avremo a che fare con lei, ma caratterialmente è meno caricaturale, è più cosciente della situazione in cui è stata cacciata, ed è anche più premurosa, spesso infatti chiede a Leon, quando è in fin di vita, se sta bene nonostante tutte le ferite. Il suo carattere viene ben definito soprattutto nelle fasi di gameplay più che nelle cutscene. Ella è un po’ più indipendente rispetto all’originale, tant’è che è in grado di fare molte cose senza l’assistenza di Leon, come scendere le scale a pioli da sola. Tuttavia, non potrà più nascondersi né smettere di seguirci, ma le si potrà ordinare di stare un po’ più lontana, in modo da non rimanere invischiata nei combattimenti. Rimane comunque una persona inerme di fronte al pericolo, e andrà assistita quando verrà rapita. Per rendere un po’ più equilibrato il fatto che sarà più esposta ai nemici rispetto a prima (e anche per il fatto che le piante curative scarseggiano) è stata tolta anche la sua barra della salute: quando verrà ferita verrà incapacitata, e solo quando verrà ferita di nuovo in questo stato, allora sarà Game Over. Cionondimeno ci saranno dei momenti dove Ashley inaspettatamente parteciperà, seppure in maniera minima, nei combattimenti per venire in aiuto a Leon, come a voler rimarcare che non vuole essere un peso morto per tutta la durata dell’avventura.

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Con il Coltello nella Plaga

Ragguagliati sulla parte narrativa, parliamo adesso del gameplay vero e proprio, il fulcro del gioco, e lo faremo partendo dalle basi, ovvero i movimenti del nostro personaggio principale. Come detto nell’originale erano i controlli tank, quando si mirava o si ricaricava non ci si poteva muovere, ma la mira era precisissima, indicata da mirini laser di cui ogni arma era accessoriata, e i combattimenti erano giustamente tarati e bilanciati secondo questi elementi. Orbene, nel remake si è optato per un moderno sistema di controllo in terza persona, proprio come già visto nei remake dei due precedenti Resident Evil, si può mirare e si può muoversi contemporaneamente, ma a farne le spese è proprio la precisione, scandita da un mirino ad espansione che più ci si muove, più si apre, e più la mira diventa imprecisa. Un compromesso che in game funziona benissimo, anche in un capitolo frenetico e molto più spinto verso l’action come questo. Ci si può persino muovere lateralmente e accucciarsi, opzioni che daremmo per scontato in qualunque titolo moderno, ma per un remake è una menzione importante. Inutile dire che facendo strafing o accucciandosi nel momento giusto si potranno schivare agilmente determinati attacchi nemici, ma quest’ultima azione avrà anche un ruolo ben più importante di cui parleremo più avanti. Menzione onorevole al nostro pugnale, il quale ha subito un upgrade non indifferente: esso, infatti, è il nostro mezzo con cui poter liberarsi da una presa diretta da parte di un nemico senza perdere troppa salute o per deviare tantissimi attacchi, basta premere il pulsante apposito nel momento adeguato. Tuttavia, questa sorta di frame d’invulnerabilità ha un prezzo, perché la nostra lama, e quelle che troveremo in giro, non sono affatto eterne, e dopo un uso più o meno intenso si romperanno. Mentre i coltelli più piccoli sono usa e getta, il pugnale da combattimento andrà invece riparato a caro prezzo presso il mercante.

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Naturalmente non poteva mancare quest’ultimo personaggio, la cui torcia color lavanda porta sollievo alla sola vista. La sua utilità è indiscussa, grazie a lui sarà infatti possibile acquistare nuove armi, espansioni per l’inventario, ricette per il crafting (grazie al quale è possibile ottenere munizioni di propria scelta se il loot fornito non dovesse soddisfarci), potenziare l’arsenale in nostro possesso e vendere i tesori trovati in giro. È stata tuttavia aggiunta una nuova meccanica, che prevede che il mercante ci assegni delle missioni secondarie tramite annunci sparsi per i livelli, il cui compimento verrà ricompensato in spinelli (questi spinelli…), con cui è possibile scambiarli per ottenere accessori per le armi, alcuni ingredienti per il crafting, o materiali per la valigetta, che permettono di aumentare le probabilità di drop di un particolare oggetto. E ovviamente gestisce il poligono di tiro con cui è possibile vincere gettoni per un gacha grazie al quale ottenere statuine da appendere alla propria valigia e ottenere degli interessanti bonus, come bonus alla cura, prezzi più bassi, crafting migliore, e così via.

Una notevole assenza, ma di cui plaudiamo la decisione, è quella dei QTE durante i filmati. Nell’originale capitava a volte che durante i filmati comparisse un prompt che avvertiva l’utente di premere una combinazione di tasti per salvarsi da una situazione mortale. Fallendo questa richiesta, ci si beccava un Game Over. Chiedere all’utente di premere dei tasti quando non si ha controllo del personaggio era un po’ un colpo basso, perché in quei momenti si era più distratti a guardarsi il video (o a leggere i sottotitoli visto che l’originale non era stato doppiato in italiano, il remake, al contrario, è completamente localizzato). All’inizio erano anche divertenti, però data la loro natura casuale potevano diventare alla lunga fonte di frustrazione se li si continuava a sbagliare. Cionondimeno, non hanno inficiato il risultato finale, ma, lo ripetiamo, è un bene che nel remake siano stati tolti del tutto.

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Planimetria di un castello

Come forse avrete già intuito, Resident Evil 4 non è affatto un semplice copia e incolla dell’originale, e il level design è forse ciò che è stato più modificato. Il gioco consta di tre maxi-aree, il villaggio, il castello e l’isola, e ognuna di esse è stata attentamente scrutinata e passata al setaccio per tirare fuori le parti migliori e filtrare quelle venute meno bene. E ovviamente aggiungerne di nuove che non sfigurino e che abbiano senso. Il lavoro svolto su questo aspetto è semplicemente epocale e il risultato è talmente ben fatto che molto spesso aree che sono state radicalmente cambiate per far parte di questo remake sono perfettamente riconoscibili lo stesso, esattamente ciò che si vorrebbe vedere in un remake. Non mancheranno naturalmente alcune delle situazioni che hanno reso speciale Resident Evil 4, alcune riproposte in una veste un pochino diversa, ma la sensazione è che abbiano voluto eliminare le parti più “trash”. Le mappe saranno ricche di segreti e tesori da trovare, e a parte la zona dell’isola, sarà in alcuni casi necessario fare un po’ di backtracking, cosa che non viene affatto a noia per via di tanti passaggi e scorciatoie che si rendono disponibili col prosieguo della campagna. E ovviamente ci saranno tanti nemici da uccidere e massacrare lungo tutto il percorso!

Uno dei punti di forza nel combattimento di Resident Evil 4 erano i danni localizzati. I nemici, essendo alquanto coriacei, non vengono sconfitti nemmeno con due o tre colpi in testa diretti, a volte pertanto bisogna improvvisare e trovare alternative per guadagnare tempo. Sparare alla mano di un nemico armato gli farà cadere l’arma, sparare alle gambe lo farà inginocchiare, dando la possibilità di eseguire un colpo corpo a corpo, che in genere tira sempre fuori dai guai il giocatore che si è cacciato in una situazione spinosa, mentre un colpo alla testa lo farà barcollare, e così via. Grande attenzione è stata riposta nelle animazioni, che rendono veramente appaganti i combattimenti, specialmente quelle dovute agli attacchi nemici che vanno a segno su Leon, talmente ben fatte che fanno fisicamente male a guardarle. Sì, vedere Leon beccarsi un’accettata in mezzo alle scapole o una badilata in pieno volto fa veramente male. Alcune morti sono anche veramente violente e brutali, squartamenti o decapitazioni non vengono infatti risparmiati.

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Gli scontri non sono affatto semplici e sono sempre frenetici, causa un gran numero di nemici con cui si ha a che fare, tant’è che la difficoltà è volutamente tarata verso l’alto, ma a rendere ancora più imprevedibili i combattimenti ci pensano alcuni nemici che, una volta abbattuti, casualmente si rialzano più forti di prima. Una meccanica presa a prestito evidentemente dal primo Resident Evil, dove capitava che gli zombie abbattuti i cui corpi non erano stati bruciati resuscitassero come Crimson Head, risultando essere più forti, più veloci e persino più difficili da ri-abbattere. Fortunatamente quando un cadavere si sta per trasformare in questo stato lo si capisce, in quanto comincia ad avere violenti spasmi, occorre dunque avvicinarsi e porre fine alle sue sofferenze con un coltello, prima che lui faccia lo stesso a Leon. Ci saranno anche un paio di nuovi nemici che andranno a coprire specifici ruoli del tutto assenti nell’originale, uno dei quali davvero pestifero, un sacerdote che con le sue preghiere rende tutti i ganados (gli esseri umani infetti dalle Plagas che hanno perso la loro volontà) attorno più difficili da abbattere, e si incastra alla perfezione nel mondo di gioco ed è forse la comparsa più originale nella produzione.

Per aggiungere un po’ di varietà agli scontri gli sviluppatori hanno ben pensato di integrare delle meccaniche basilari stealth al titolo. Entrando in un’area dove i nemici non sono ancora consapevoli della nostra presenza, è possibile accovacciarsi per non fare rumore mentre ci si muove, e poter usare il coltello per assassinare i nemici ignari alle spalle, almeno finché qualcuno non ci vedrà e urlerà “Un Forastero”. O una delle tante frasi in spagnolo, sia vecchie che abbiamo imparato a conoscere nell’originale, sia nuove. Non aspettatevi comunque meccaniche stealth complesse, semplicemente è uno strumento efficace che può essere usato per sfoltire il numero di nemici in zona prima di passare alle mani, un’aggiunta che forse a molti non farà né caldo né freddo, ma si tratta comunque di una possibilità in più. E fortunatamente non ci sono parti dove lo stealth è obbligatorio.

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Per quanto riguarda i boss che bisognerà affrontare nel corso dell’avventura, essi ritornano proprio come ve li ricordavate, salvo qualche ritoccatina qua e là ad alcune delle loro meccaniche. Soltanto uno non ritorna, ma il suo nome viene citato in un documento, mentre un altro ha subìto un imponente restyling da risultate molto diverso dall’originale, e anche molto più difficile. Data l’assenza di QTE, il primo combattimento contro Krauser (che nell’originale lo si combatteva in un filmato sfruttando questa meccanica) sarà più “tradizionale”, ma ci verrà impedito di usare le nostre armi ad eccezione di quelle corpo a corpo. Una decisione che ne ha beneficiato enormemente, in quanto ora questa sezione risulta essere più avvincente e interessante. Tutte le boss fight saranno comunque impegnative, specie alle alte difficoltà, ricordatevi di fare scorta di erbe curative prima di affrontarli!

Come arsenale, ritornano praticamente tutte le armi presenti nell’originale, anche se a questo giro ogni bocca da fuoco è maggiormente caratterizzata e ha un suo perché. Ad esempio, è possibile installare un mirino laser per migliorare notevolmente la precisione per la pistola base e per la Punisher, la FN Five-seveN dai colpi penetranti, ma non sulle altre pistole. Grande assente è il lanciamine, sostituito invece da una balestra, che oltre a lanciare dardi che possono essere recuperati, può anche lanciare dardi esplosivi. Non mancheranno inoltre un paio di nuove armi, per sopperire a delle mancanze che invero si avvertivano nell’originale, ma non vi rovineremo la sorpresa svelandovele. È anche possibile usare trappole ambientali lasciate dai nemici alla propria causa, occorre solo stare attenti a non finirci dentro!

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Un Pizzico di Horror in più

Ben noto è che Resident Evil 4 non ha mai brillato per la sua componente horror. Ma col remake hanno voluto spingere su questo aspetto in alcune sezioni. Le segrete del castello, alcune cantine o soffitte delle case, sono solo alcuni dei luoghi dove l’aspetto horror è stato enfatizzato, complice l’atmosfera che si respira al loro interno, grazie al fatto che sono totalmente buiee vengono illuminati solo dalla sola torcia di Leon, e dal fatto che sono stati riprodotti in maniera dettagliata e realistica. Senza poi dimenticarsi del comparto audio, dove ogni minima vibrazione avvertita potrebbe farci credere che ci sia un mostro in agguato pronto per farci fuori. Menzione d’onore per la parte di Ashley, totalmente rivisitata per il remake e volutamente spinta verso tinte horror più marcate, per via di una presenza massiccia di mostri e una speciale luce per tenerli a bada, forzando il giocatore ad agire d’astuzia.

Graficamente non gli si può dire nulla: è eccelso. Già Capcom in passato ha dimostrato di saper sfruttare il RE Engine in maniera a dir poco stupefacente, e Resident Evil 4 non fa eccezione. Anche senza pompare la grafica al massimo, certi scatti escono fuori in maniera sbalorditiva che sembrano degli artwork e non degli screenshot presi direttamente dal gioco. E la cosa fantastica è che tutto questo ben di Dio gira alla grande su computer non proprio messi bene. Nella nostra avventura durata ben 25 ore (è tra i Resident Evil più lunghi mai fatti), non abbiamo avuto praticamente nessun problema, e siamo riusciti a giocarlo tranquillamente a dettagli Alti a 1080p e 60fps su una macchina dotata di un i5 4690k a 3.20GHz, 16GB di RAM e una RTX 2070 con 8GB di VRAM. Una manna dal cielo in mezzo a diversi titoli di recente uscita che faticano a girare addirittura su PC molto più performanti del nostro.

Finiamo col dire che purtroppo non è stata riproposta la modalità Mercenari, così come la campagna di Ada, Separate Ways. Fortunatamente Mercenari sarà sbloccata a breve in maniera gratuita, mentre per la campagna di Ada non dubitiamo che possa essere aggiunta in futuro, anche perché ci sono tanti indizi in gioco che fanno intuire che sia già stata progettata. Se però sarà a pagamento o sarà gratuita purtroppo al momento non ci è dato sapere. In ogni caso, rimane un ultimo, importante interrogativo: verrà fatto il remake anche di Resident Evil 5?

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Conclusioni

Resident Evil 4 è il remake che non avevamo chiesto, ma di cui avevamo bisogno. Capcom ha fatto tesoro di tutte le esperienze, buone e cattive che siano, fatte con tutti gli ultimi Resident Evil per sfornare un titolo di grande pregio, curatissimo e che sfiora la perfezione in praticamente qualunque suo aspetto. Nonostante i cambiamenti fatti sul level design, la riscrittura della storia e le aggiunte in termini di gameplay per modernizzarlo lo rendano una esperienza assai diversa rispetto alla versione del 2005, questo remake riesce comunque a rispettare l’originale senza per questo farlo sembrare una semplice ombra del passato. Forse non rivoluzionerà l’industria come accadde 18 anni fa, ma rimane un titolo immancabile nella libreria di qualunque videogiocatore che si rispetti, magari da mettere a fianco all’originale.

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