For Honor – Recensione

Di videogame multiplayer incentrati sull’arma bianca ce ne sono ben pochi, e quasi tutti sono prodotti di nicchia. For Honor tenta di ribaltare questa situazione, proponendo un prodotto tripla A per un genere che quasi nessun sviluppatore ha mai considerato, soprattutto nel panorama del PvP. Vediamo insieme com’è andata.

Per la patria e per la gloria!

For Honor si presenta come un gioco incentrato sul multiplayer PvP, con due macro-modalità di gioco, tre fazioni (Cavalieri, Vichinghi e Samurai) che se le vogliono dare di santa ragione, e una mappa interattiva che mostra le varie conquiste territoriali da parte delle fazioni.

Cominciamo subito col dire di dimenticarvi della campagna single player. Più che una vera e propria campagna profonda e memorabile (sebbene qualche momento lo sia), è solo un lungo tutorial che vi permette di prendere inizialmente confidenza non solo con i controlli, ma anche con tutte le 12 classi di gioco, e il tutto si riduce in una modalità di gioco che si conclude in pressappoco 4 ore. Prendere For Honor per la sola modalità single player sarebbe un grosso errore. Sia chiaro, finire la campagna alla difficoltà più alta, che prevede la scomparsa dell’HUD, è un compito abbastanza ambizioso che richiede una profonda conoscenza delle meccaniche di gioco, ma lo ribadiamo ancora una volta: For Honor è un titolo votato al multiplayer, e la campagna single player è solo un blando aperitivo per ciò che ci aspetta sui server di gioco.

Il gioco si presenta come un action, o meglio, un picchiaduro in terza persona, con le armi bianche come vostri strumenti di morte. Come già detto poco prima, ci sono 12 classi di guerrieri, quattro per ogni fazione, che possono essere riassunti come classe normale, classe media provvista di scudo e che eccelle nella difesa, classe pesante, massicci guerrieri che provocano un sacco di danni, e la classe leggera, che compensa la sua mancanza di protezione con una velocità di movimento superiore alla norma. Tuttavia, la scelta di un guerriero tra le tre fazioni disponibili non è di natura estetica, ma ognuno avrà le proprie mosse e combo, le proprie statistiche di attacco, difesa e velocità, nonché le proprie armi con cui combattere con caratteristiche e peculiarità uniche.
Sono anche presenti abilità o equipaggiamenti speciali, come ripristinare parzialmente la propria salute oppure gettare bombe accecanti o fumogene per distrarre gli avversari, ma che vanno sbloccate livellando la classe corrispondente.

La punta di diamante del titolo risiede senza dubbio nel combattimento all’arma bianca. Come complessità siamo ben al di sopra dagli standard odierni, dove è sufficiente premere due tasti per attaccare e per parare, ma si pone un gradino di sotto a quanto Kingdome Come avrà da offrire. Quando si preme il tasto per il lock sugli avversari, su di essi appare l’indicatore della loro guardia, ovvero dove è posizionata la loro arma, che può essere a destra, sinistra o sopra, e per deviare l’attacco è sufficiente spostare il mouse o la levetta analogica verso la direzione della loro guardia. Invece, per parare l’attacco e poter contrattaccare, bisogna anche premere il tasto apposito nel momento giusto, ma nel caso si sia premuto al momento sbagliato, si verrà colpiti.
Senza voler entrare nel dettaglio, ci saranno anche colpi pesanti, un attacco in grado di rompere la guardia avversaria, e le combo, che sono molto importanti da imparare in quanto se eseguite col giusto tempismo, possono sferrare attacchi molto veloci e difficili da parare, oppure molto potenti. È anche possibile dare calci e spintoni, e sfruttare le altezze come arma fatale. Inutile dire che per avere la meglio nei combattimenti in For Honor i riflessi sono più importanti che mai.
Per ora, globalmente le classi sembrano essere ben differenziate e tutto sommato equilibrate, con le dovute eccezioni naturalmente, soprattutto tra le schiere dei Vichinghi, che presentano attacchi fin troppo devastanti e per di più difficili da parare o evitare, ma confidiamo che Ubisoft corra ai ripari.
Comandi alla mano il Combat System è abbastanza facile da apprendere, ma richiede una grande dedizione per padroneggiarlo, e ogni stile nonché approccio di gioco varia sensibilmente per ogni classe, e anche solo saperne usare al meglio delle sue possibilità una soltanto è già di per sé un ottimo traguardo. Questo ovviamente può portare una netta separazione tra i neofiti o chi ha poco tempo per giocarci e i pro che ci giocano quotidianamente, e potrebbe rappresentare un problema per chi ha poca pazienza.

Tutti nella rete

Le modalità di gioco sono fondamentalmente due: Dominio e Duello. Mentre nella prima modalità si gioca in mappe 4Vs4 dove bisogna conquistare tre sezioni e mantenerne il controllo per ottenere più punti degli avversari, con tanto di soldati gestiti dalla IA al proprio fianco, che altro non è che carne da macello in quanto fanno danni irrilevanti e possono essere falciati con un colpo soltanto, nel Duello ci si trova soltanto a fare una gara di dimostrazione di abilità del proprio combattimento tra avversari umani (ma è anche possibile scegliere avversari gestiti dall’IA). Non ci sono obiettivi extra, l’unico obiettivo è rimanere in vita tra un match e l’altro. Il Duello ha la possibilità di essere giocato in 1Vs1, 2Vs2 e 4Vs4, quest’ultimo chiamato anche Deathmatch e con regole leggermente diverse dalle prime due.
È un peccato che non ci siano modalità di Deathmatch avanzate (dove l’hud è assente), o di modalità con più giocatori per scontri ancora più epici, ma quest’ultimo tipo, visto il tipo di connessione che sfrutta, è forse un bene che non ci sia.

La connessione infatti è di tipo p2p, ovvero peer to peer, dove sono i giocatori stessi a hostare la partita sulle proprie macchine. Per via di questo, la qualità della connessione, così come il lag, è pesantemente variabile, e possono capitare partite perfette, senza alcun lag, o partite dove chiunque ne soffre, con vistosi casi di teletrasporto davvero fastidiosi e che possono completamente rovinare il divertimento e il coinvolgimento. Non solo, ma in certe situazioni l’intera partita si blocca per risincronizzarla tra tutti. Certo, non sono episodi frequenti, ma a volte succedono.
Se avete una buona connessione, e vi tocca giocare male, adesso sapete il motivo.
Anche il matchmaking sarebbe da rivedere, in quanto spesso e volentieri ci sono tempi morti troppo lunghi per trovare giocatori, o anche solo per iniziare una nuova partita dopo averne finita una (e se non ci sono abbastanza giocatori al termine del tempo di attesa, il gioco senza farvi troppi problemi vi butta fuori dalla lobby), e spesso si finisce tra giocatori di livello di molto superiore al proprio, pertanto possono capitare partite tra novellini e pro con esito prevedibile. E sono già iniziate le segnalazioni dei cheater, anche se Ubisoft ha già dichiarato di star correndo ai ripari.

Sono anche presenti le microtransazioni, con cui è possibile comprare elementi estetici di personalizzazione oppure Acciaio, la valuta del gioco. Bizzarro che il gioco dia la possibilità di comprare proprio la valuta per sbloccare anzitempo gli eroi con cui giocare o nuove armi con bonus, quando il gioco è chiaramente indirizzato verso chi ha parecchio tempo da dedicarci. Fortunatamente non è possibile ottenere nulla che dia vantaggi netti e crei distinzione tra chi paga e chi no, in quanto è possibile ottenere tutto giocando, ma resta comunque una scelta discutibile per un gioco che costa 60€ sul listino.

Fortunatamente la Ubisoft ha già dichiarato che ci saranno contenuti aggiuntivi gratuiti per tutti, come nuove mappe, modalità e nuovi eroi quando arriveranno, sebbene il season pass darà accesso ai nuovi contenuti una settimana prima rispetto agli altri.

Analisi Tecnica

Dal punto di vista tecnico, For Honor sa il fatto suo. Come ormai la Ubisoft ci ha abituati ormai da anni, anche questo titolo può contare su una qualità delle animazioni elevata, nonché su un impianto grafico rispettabile.
La versione PC di For Honor è degna di essere chiamata tale, e su configurazioni appropriate non barcolla troppo vistosamente, nemmeno nelle fasi più concitate, e grazie anche alla quantità di opzioni modificabili, è possibile personalizzarlo secondo le proprie necessità, grazie all’alta scalabilità. Al massimo delle impostazioni, a 1080p era in grado di girare a 70fps praticamente costanti, e come si può vedere dal benchmark a preset bassi è quasi addirittura possibile giocare in 4K in multiplayer, poiché giocare al di sotto della soglia di 30fps equivale a essere espulsi dalla partita.
Anche giocare in 2K a 60fps è possibile selezionando i dettagli medi.
Essendo comunque un titolo competitivo, se avete una configurazione non proprio performante suggeriamo di giocare privilegiando la fluidità e arrivare almeno ai fatidici 60fps,  a discapito della bellezza grafica.
I benchmark sono stati effettuati con un processore i5 4690k, una GTX980 e 16Gb di RAM.

Come si può vedere dalle comparazioni, il preset basso sacrifica gran parte degli elementi scenografici e nei dettagli, sopratutto per la vegetazione, mentre anche solo il preset medio comparato a ultra, le differenze sono quasi impercettibili, a fronte di un grande guadagno nelle prestazioni.

Conclusioni

For Honor è una ventata di novità per i tripla A competitivi, grazie al suo Combat System all’arma bianca ben realizzato, facile da capire, ma difficile da padroneggiare, pieno di sfaccettature, ed equilibrato. Anche dal punto di vista tecnico è veramente ben fatto, grazie all’ottimizzazione eseguita a regola d’arte e a una grafica che sa rendere bene.
Di contro ci sono i problemi relativi al matchmaking, assolutamente da sistemare, e della connessione p2p, dove bisogna solo sperare che chi hosti non abbia una connessione colabrodo, e sono problemi che tra molti utenti sta portando il malcontento.
Rimane comunque un titolo adatto a una ristretta schiera di appassionati, in quanto ha bisogno di tempo e soprattutto di parecchia dedizione per essere apprezzato nel pieno delle sue possibilità.
Come tutti i titoli pvp-centrici, la vera incognita è sapere quanto riuscirà a durare. Ma una cosa è certa: se cercate un’esperienza single player, avete sbagliato titolo.

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