RAGE è probabilmente il titolo meno riuscito di id Software, storica software house che ha praticamente inventato il genere degli FPS e ne ha dettato le regole. La sua unione di una forte componente shooter, livelli tradizionali e una sorta di hub open world non ha convinto proprio tutti, e in più all’epoca aveva un rivoluzionario concetto di mega-texture, che molti giocatori ricordano in maniera prettamente negativa, per via del pop-in delle stesse non appena si muoveva la visuale, roba da far sanguinare gli occhi. Ma ora, le redini di RAGE sono passate in mano ad Avalanche, che forti dell’esperienza con Just Cause e Mad Max, ne hanno fatto un titolo caciarone, esplosivo, esagerato e, soprattutto, rosa. Eppure, anche in questo caso, pare abbiamo commesso qualche scivolone di troppo…

C’era una volta

La storia di RAGE 2 comincia svariati anni dopo il precedente capitolo, con Nicholas Raine che aveva sconfitto l’Autorità, ma che guarda caso rispunta fuori più forte che mai, con la sua originaria intenzione di sterminare il genere umano per dare spazio a una nuova versione della stessa. Il (o la) protagonista è un certo Walker, un semplice combattente che per tutta una serie di vicissitudini si ritrova a indossare un’armatura da Ranger, che unita alla presenza dei nanotriti nel suo sangue gli conferiscono poteri sovrumani. Dopo essersi vista rasa al suolo la sua città natale, decide di viaggiare nella zona devastata per porre fine una volta per tutte all’Autorità e uccidere per sempre il cattivissimo generale Cross.

Questa vendetta prende forma tramite un progetto chiamato “Daga”, in cui tre nostre vecchie conoscenze hanno le capacità e i mezzi per poterlo mettere in atto, pertanto l’intera questline principale ruota attorno nel fornire supporto a questi personaggi e far sì che diano il proprio contributo, completati i quali si passerà alla vera e propria missione finale.

A me il potere

La zona devastata è un mondo cattivo, spietato, pieno di predoni, banditi, mutanti, e altri pericoli, ma fortunatamente Walker ha la possibilità di mettere le mani sopra dei giocattoli letali che gli faciliteranno il compito, nonché dei poteri che i nanotriti possono offrirgli. Tale potenza di fuoco si trova solamente dentro apposite Arche, che andranno trovate all’interno della mappa, per pura fortuna girovagando, comprando le mappe dai rivenditori, o andando a parlare con certi personaggi che mostreranno dove si trovano. Ma non è tutto, perché il gioco offre la possibilità di potenziare praticamente qualsiasi cosa. Si potranno potenziare le abilità base come la capacità dell’inventario, passando alle armi, ai poteri, e ai veicoli. C’è da dire che il sistema con cui si potenziano questi aspetti è a dir poco confusionario. Tralasciando i vari menu e sottomenu con cui si ha a che fare, innanzitutto, in molti casi è prima necessario sbloccare i rami dell’albero delle abilità spendendo un certo quantitativo di feltrite (che si trova in giro o uccidendo i nemici), e solo dopo si potrà acquistarle singolarmente per poterle veramente sfruttare, ma solo con determinati componenti. Ad esempio, le armi vanno potenziate con le mod armi, i poteri con le mod poteri, e così via, tutte modifiche che si trovano in rare casse arcaiche sparse in giro per la mappa o in vendita a caro prezzo presso tutti i venditori, ambulanti e non.

E fortunatamente, questa potenza di fuoco viene ripagata da un combat system assolutamente calzante, spettacolare ed estremamente appagante. Il feeling delle armi è eccellente, il sound design è musica per le orecchie di chi adora la devastazione, e la regola principale è una sola, stare sempre in movimento, cambiare spesso posizione, saltare per scalare edifici e avere un vantaggio come poter sfruttare i propri poteri con profitto. L’IA dei nemici è buona, un pelino sopra la media, anche se non mancano i classici episodi che la rendono ridicola, e le animazioni restano stupende, soprattutto quelle dei mutanti. Insomma, ammazzare legioni di banditi o di mutanti con le armi e i poteri offerti, soprattutto se si usano le giuste combinazioni, fa sentire invulnerabili, invincibili, un Dio sceso in terra a punire i peccatori di persona… pure troppo.

Un incubo a occhi aperti

Ed è qui che sta uno dei difetti cardine di RAGE 2, è troppo, troppo facile. A difficoltà Incubo (la più alta) non siamo MAI morti (a parte nella missione finale mentre eravamo a bordo di un veicolo), né abbiamo mai usato il defibrillatore. Il motivo è presto detto: i nemici, una volta uccisi, rilasciano fiale di feltrite, che per un cavillo narrativo vengono usate dalla propria tuta per curarci. E più nemici si uccidono nel minor tempo possibile, più un moltiplicatore di punteggio sale, e più fiale di feltrite essi rilasciano. In più, nei momenti del bisogno si può sempre ricorrere alle classiche siringhe che ricaricano molto velocemente la salute.

Non aiuta la scarsa varietà di nemici, che si limitano a essere classici banditi punkabbestia, banditi corazzati, mutanti piccoli ed enormi, e i mutanti deformi dell’autorità armati fino ai denti (che fine hanno fatto i loro soldati?), I mutanti enormi rappresentano quasi una sorta di miniboss con tanto di barra della salute ben visibile, ma una volta imparati i loro pattern d’attacco e i punti deboli, vanno giù che è un piacere. E nemmeno il boss finale (stavolta c’è!) rappresenta chissà quale sfida.

Parlando di armi, RAGE 2 incorre proprio nello stesso difetto del suo predecessore. Al di fuori del fucile a pompa e del fucile d’assalto (e ogni tanto alle granate), non si avverte la necessità di avere altro. Certo, ogni tanto si cambiano armi per non incorrere in noia (alcune armi sono davvero divertenti da usare) e per variare un po’, ma dal punto di vista strettamente della sfida, essendo i nemici sempre gli stessi, non si sente affatto questo bisogno. E fortunatamente le armi di RAGE 2 sono tutte divertenti da usare, così come i poteri (tranne lo scudo posizionabile…). Dunque, la parte shooting in sé è solidissima, divertente, permette di sbizzarrirsi come non mai, ciò che manca è proprio la varietà degli avversari su cui poter infierire questa furia.

A zonzo per la Zona Devastata

Lo stesso non si può dire della guida su veicoli. Essendo la mappa sufficientemente vasta da rendere tediosa l’esplorazione a piedi, ecco che giungono in soccorso i mezzi di trasporto. Ce ne sono di diversi, da quello personale e indistruttibile, munito di mitragliatrici e altri armi sbloccabili, nonché una IA che fa dell’ironia il suo cavallo di battaglia, fino a moto costruite dai predoni, e per concludere una sorta di moto volante. E tutti questi mezzi hanno una cosa in comune, sono davvero fastidiosi da guidare. Il sistema di guida infatti non rende sufficientemente giustizia. Il rovescio (positivo) della medaglia è che alcuni scontri con certe carovane sono davvero entusiasmanti, e in questi casi la difficoltà è tale che viene spontaneo cercare di migliorare il proprio veicolo con una corazza migliore, armi più forti e così via, al contrario della controparte appiedata, ma sarebbero un pelo più godibili se il sistema di guida fosse stato migliore. E purtroppo, per quanto esista un sistema di spostamento rapido, i posti che lo supportano sono pochissimi, rendendo dunque obbligatorio mettersi alla guida per raggiungere molti dei posti già visitati.

Avevamo parlato che per raggiungere la missione finale occorre soddisfare le richieste di tre personaggi distinti. Ci credete che ognuno di loro chiede di portare a termine solo due missioni? Ebbene sì, quanto è vero che due per tre fa sei, e sommando la missione di prologo e quella finale, RAGE 2 è composto da solamente otto missioni principali. In realtà è necessario fare anche un certo numero di attività secondarie, ma ne parleremo poco più avanti, sappiate solo che tutto questo vuol dire che si possono vedere i titoli di coda in appena 10 ore scarse di gioco.

Sappiamo cosa state chiedendo: e le missioni secondarie? Purtroppo, non esistono missioni secondarie vere e proprie, ma solo attività secondarie mascherate da esse. Per attività secondaria si intendono tutte quelle attività sparpagliate in giro per la mappa e che il giocatore deve “completare” per aumentare un certo punteggio nei riguardi dell’appropriato personaggio, e per sbloccare l’ultima missione occorre raggiungere almeno il livello 5, cosa che si fa abbastanza in fretta. E così, occorrerà aprire le arche, le casse arcaiche e trovare i PDA per accontentare Kvasir, spazzare via i blocchi stradali, distruggere le stazioni di servizio dei banditi, le carovane o le torrette dell’Autorità per Loosum Hagar, oppure sterminare i banditi nei loro covi o fare il cacciatore di taglie per Marshall, le solite attività che basta farne una per averle già viste tutte, anche se alcuni covi dei banditi sono davvero belli da esplorare. Come mai avevamo detto che questa attività venivano spacciate per secondarie? Perché esse, in alcuni casi, vengono assegnate come tali da alcuni personaggi con cui si può parlare in città, imbastendo tra l’altro uno straccio di dialogo, o tramite annunci sulle bacheche delle città, ma il punto è che tali attività, uguali a tutte le altre, si possono comunque scoprire indipendentemente esplorando la mappa per conto proprio. A parte rarissime eccezioni, che paiono più degli easter egg, non ci saranno dunque missioni secondarie ambientate all’interno di classici livelli con un level design complesso o una narrazione da seguire, risultando alla fine tediose da fare sul lungo periodo.

Il rosa dona

Dal punto di vista dell’ambientazione, La zona devastata è sicuramente un posto alquanto variegato, ci sono infatti paludi, foreste rigogliose, deserti, zone rocciose, città costruite con rifiuti e pezzi di ricambio, e così via, ma alla fine di originale non ha nulla, sa tutto di già visto. L’unico aspetto artistico originale, diciamo così, è rappresentato dal colore rosa, il quale si trova praticamente ovunque, in alcuni casi è usato in maniera davvero originale, sia per motivi estetici che per motivi di gameplay, anche se in certi casi può risultato asfissiante. Fastidiosa è anche la visuale del gioco, ogni tanto, un po’ troppo tanto a dire il vero, la visuale si distorce con un effetto “robotico”, soprattutto a seguito di un colpo incassato o altri eventi simili. Purtroppo, non è un effetto che si può disattivare, e per alcuni può risultare talmente fastidioso da essere motivo di prendersi una lunga pausa dalla sessione corrente.

Graficamente comunque l’Apex engine fa il suo sporco lavoro, e su questo c’è poco da discutere. Ma le performance, purtroppo, sono quelle che sono. Sebbene solido dal punto di vista visivo, arranca un po’ troppo sul lato performance. È un titolo che fatica a raggiungere e a mantenersi sui 60fps a preset Alto o Molto Alto, mentre su Medio se la cava molto meglio. A preset Basso, tuttavia, oltre a guadagnare parecchi fps, per quanto si perda moltissimo sul fronte visivo, si guadagna in maniera percettibile sul fronte della fluidità dei comandi. Il seguente benchmark è stato ottenuto su un sistema dotato di un i5-4690k @3.50GHz, una GTX 980 con 4GB di VRAM, e 16GB di RAM.

Fortunatamente è possibile personalizzare molti degli aspetti grafici, permettendo dunque una sufficiente scalabilità. È pertanto possibile modificare la risoluzione delle ombre, i riflessi dinamici, l’illuminazione globale, l’ambient occlusion e via di seguito. Manca tuttavia una qualunque impostazione per modificare la qualità dei dettagli delle texture.

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