Cradle – Recensione

Cradle – Recensione 1
Cradle – Recensione 1

Previsto per la primavera del 2012, Cradle ha subìto un leggero slittamento della data d’uscita, finendo per uscire a metà di quest’anno. Tre anni di rinvii e un cambio di engine, alla fine ce l’ha fatta ed è finito sugli scaffali virtuali di Steam. Questo titolo si presenta come un’avventura grafica in prima persona, dove l’esplorazione, la manipolazione degli oggetti, e la risoluzione di enigmi la fanno da padrona, il tutto condito da un’ambientazione e una trama sci-fi in grado di tenere incollato sullo schermo il giocatore che ne riesce a coglierne la bellezza. Ma sarà davvero così?

In un futuro incerto

L’inizio del gioco parte con il più classico dei cliché: ci si risveglia in una capanna sperduta in mezzo alla steppa della Mongolia, senza più memoria, senza più avere un’idea di chi siamo. In mezzo al disordine della nostra casa, un biglietto su un tavolo ci informa che la persona con cui viveva con noi se n’è andata, per sempre, e ci chiede se cortesemente possiamo nutrire la sua aquila gigante, fornendoci tutte le indicazioni da seguire per preparare il cibo preferito della magnifica bestiola.
Guardandosi in giro per la tenda, ci si accorge come ogni singolo oggetto sia praticamente raccoglibile e lanciabile, dalle bottiglie sparse dentro una credenza, a cianfrusaglie hi-tech di origine ignota sparse in giro, fino a passare a piatti, scatole di spezie e posate. Alcuni oggetti si possono anche tenere nell’inventario, richiamabili successivamente, a volte sono anche usabili tra di loro. Si possono anche aprire cassetti, antine, armadi, tranne alcuni chiusi a chiave.
Tocchiamo subito un tasto dolente: questa è l’unica location dell’intero gioco dove ci sono oggetti da raccogliere e con cui poter interagire. Proprio così. In un gioco spacciato per open world è triste notare come la cura con cui sono stati posizionati oggetti con cui poter interagire per poter dare quel tocco di atmosfera disordinata e caotica di una famiglia che vive sperduta in mezzo al nulla non sia stata riproposta in altri lidi. Ma visto come l’interazione funziona, meglio così, perché spostare gli oggetti e farne ciò che si vuole è alquanto difficoltoso. Prendiamo come esempio l’enigma della pappa dell’aquila. Dobbiamo prendere dei frutti e tagliarli a metà con un coltello. In un’avventura normale questa azione avviene per combinazione tra i frutti e un coltello, ma in Cradle no, perché è necessario mettere il frutto su una superficie e poi tagliarlo tenendo il coltello in mano, che è molto più realistico e più appagante, sulla carta. Ma ecco il problema, posare il frutto su un tavolo (perché è questo che vorrebbe fare una persona normale) è veramente complicato, perché se si clicca col pulsante sinistro del mouse il frutto, ma anche qualsiasi oggetto, cade ai nostri piedi, non viene posato sulla superficie dove si sta mirando, mentre col pulsante destro viene lanciato con forza, con tutte le conseguenze immaginabili del caso. La soluzione da adottare, insomma, è cercare di farlo cadere con precisione millimetrica sul bordo del tavolo, oppure saltare sopra il tavolo e lasciarlo cadere così, oppure, come capiterà di fare in preda al nervosismo, tagliare i frutti direttamente sul pavimento. Sul piano di questo tipo di interazione fisica, Cradle è bocciato, perché arrivare a situazioni tanto ridicole quando doveva essere la feature di punta del titolo è fondamentalmente sbagliato.

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E tocchiamo un altro tasto dolente: le location importanti sono soltanto due, la nostra tenda e un parco dei divertimenti abbandonato e fatiscente posizionato a pochi passi da noi. Il resto, come già detto, è una vastissima steppa, con la sua erba, i suoi laghetti, i suoi alberi, peraltro riprodotta anche bene.
Ma nonostante il nulla in cui il nostro protagonista vive, ci saranno ben due personaggi con cui poter interagire: una sarà Ida, la bellissima androide [piccola divagazione filosofica: è giusto attribuire il genere femminile alla parola “androide” se questa assomiglia a una persona di sesso femminile? Facciamo finta di sì] che capeggia sulla copertina del gioco e che potrà interagire con il giocatore una volta riaccesa, l’altro sarà Tobaha, un collega con cui collaboriamo per campare ma che non crede alla nostra perdita di memoria, ma che sarà ben disposto ad aiutarci per rispondere a delle domande.
Visto che i numeri messi sul piatto da Cradle sono abbastanza deludenti per essere un’avventura, anche la durata del gioco e come si svolge lo è altrettanto. Parliamo di un viaggio che si conclude tra le 4 e le 5 ore, e che fondamentalmente è un rimbalzo continuo tra la bella tenda e il parco giochi abbandonato.

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A tu per tu con una androide

Come ben presto si scoprirà, Ida è sì un’androide [per l’apostrofo vedi sopra], ma che un tempo era un essere umano: in un futuro non troppo lontano da noi, la scienza moderna ha scoperto il modo per trasferire la coscienza delle persone per metterla su delle macchine, corpi robotici che vengono commercialmente chiamati M-Body. Ma questo trasferimento, come si scoprirà quasi subito, non è un mero pretesto per diventare immortali, ma una necessità per la sopravvivenza della specie umana. E alla povera Ida che è stata tramutata in un vaso da fiori [sic.] occorreranno ben presto dei pezzi di ricambio. Tali pezzi saranno tutti recuperabili al parco giochi abbandonato, vinti come premi in una serie di minigiochi.
Praticamente tutta l’avventura, come già anticipato, sarà un andirivieni tra la nostra tenda per sostituire un pezzo difettoso e il parco giochi per recuperare un altro pezzo di ricambio per la nostra bella androide. Certo, ci sono anche delle divagazioni, ma sono veramente poca cosa rispetto a questo filone.
Tra un pezzo e l’altro la bella Ida ci racconterà frammenti di storia, ciò che si ricorda prima di finire in un M-Body e di ciò che il mondo ha subìto, il tutto condito da un doppiaggio che a definire ottimo gli si fa un torto per quanto sia curato, così come le musiche di gioco, coinvolgenti e azzeccate. Questi frammenti di storia, che sommati tra di loro e uniti alla lettura dei vari giornali sparsi per la tenda, danno un’idea di cosa sia successo al mondo, e soprattutto su cosa o chi il protagonista dovrebbe essere, ma che alla fine purtroppo non portano a nulla perché il gioco finisce senza dare ulteriori spiegazioni, senza lasciare altri indizi. Fondamentalmente si segue una storia quasi per nulla.

Parliamo dei minigiochi: questi si svolgeranno in una sorta di arena che si sviluppa verticalmente, ispirata chiaramente a Minecraft, il cui scopo è recuperare determinati cubetti colorati e lanciarli verso il vortice centrale, cercando al contempo di non cadere al piano più basso coperto d’acqua, pena la perdita di alcuni punti. A rendere la cosa più difficile di tanto in tanto interviene una sorta di cubetto cattivo volante che può far saltare in aria i cubetti oppure creare spessi muri quasi impenetrabili. Dove sta la difficoltà? La difficoltà maggiore lo si ha nel sistema di controllo.

Il sistema di controllo di Cradle è purtroppo quanto di peggio ci si può aspettare da un gioco in prima persona, infatti il puntamento tramite mouse contiene qualsiasi filtro possibile e inimmaginabile: Mouse Acceleration, Mouse Smoothing, Zone Morte e sensibilità diversa per l’asse X e Y. Tradotto: girare la visuale diventa un esercizio frustrante e l’esplorazione inappagante, soprattutto quando ci verrà chiesta precisione del puntatore (cosa quasi impossibile da ottenere per via della Zona Morta, che ricordiamo essere un filtro che impedisce lo spostamento del puntatore del mouse se il movimento fisico di esso non supera una determinata velocità), e nei minigiochi che sono adrenalinici e frenetici. Aggiungiamo che queste impostazioni non possono essere modificate in alcun modo, ad eccezione della sensibilità, nemmeno modificando manualmente i file ini. Ed è un vero peccato.

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Una gioia per gli occhi

Graficamente Cradle ha alti e bassi. Dal punto di vista meramente visivo il titolo si difende bene, proponendo un paesaggio della steppa ben curato e coinvolgente, unito al parco dei divertimenti abbandonato ben ricreato e dettagliato. Per contro, i dettagli della vegetazione (fiori, foglie, erba) sono fatti di sprite 2D, la visuale ha un ridottissimo FOV immodificabile, e il motore di gioco, che inizialmente doveva essere Unreal Engine, in seguito è diventato Unigine, soffre di stuttering e cali di frame continui ingiustificati. Tuttavia, visti i citati problemi di gameplay, questi difetti passano quasi in secondo piano.

Conclusioni

Cradle è un videogioco che presenta falle ovunque lo si guarda: nei controlli, a causa di come viene gestito il mouse, nella trama, che per quanto sia interessante non raggiunge alcuna conclusione né aggiunge alcuna utilità a quello che si deve fare, negli enigmi, che per quanto un paio siano interessanti, il resto è governato dai minigiochi che poco ci azzeccano con l’atmosfera generale, nella grafica, che per quanto non sia affatto male, fallisce nella personalizzazione del giocatore e nella presenza ingiustificata di cali di frame e stuttering, nell’interazione ambientale, fondamentalmente presente solo nella prima mezz’ora di gioco e pure mal fatta, nell’ambientazione, che propone una vasta mappa usata solo per fare scena in quanto spoglia, vuota. Si salva giusto la parte audio del titolo, che propone un doppiaggio e delle musiche sensazionali. Se volete giocare ad un puzzle game come si deve, guardate altrove.

 

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