Dopo diversi rinvii e presunti downgrade, Witcher 3: Wild Hunt è infine giunto tra noi. L’ultima fatica di CD Projekt RED si presenta come un GDR open world mastodontico condito con una grafica spaccamascella, recitazione d’alto livello e una narrazione senza precedenti. Ma le promesse fatte durante tutti questi anni di sviluppo sono state mantenute oppure qualcosa è andato storto?
Che la Caccia selvaggia abbia inizio
Senza voler togliere il piacere della scoperta della trama da parte del giocatore, Geralt, all’inizio del suo lungo viaggio, dovrà trovare la sua vecchia fiamma Yennefer, coinvolto in quella che sarà la missione che fungerà da tutorial per tutti gli aspetti del gioco, missione che si rivelerà più facile del previsto, per poi addentrarsi nella vicenda principale vera e propria: chiamato al cospetto dell’imperatore di Nilfgaard, sarà quindi coinvolto a trovare sua figlia Cirilla, nonché pupilla di Geralt quando era piccina, sparita da tempo e da poco vista da vari abitanti. Tuttavia, si scoprirà subito che anche la Caccia Selvaggia, un gruppo di spettri portatori di sventura, è anch’essa sulle tracce della giovane ragazza, per farne cosa, ancora non si sa.
Le missioni principali seguiranno dunque questo filone, che ci porteranno a sbrogliare tutti i misteri che avvolgono la trama, attraverso decine di quest primarie e secondarie, luoghi da scoprire, bestie e mostri da uccidere, banditi da saccheggiare, paesani da aiutare. Insomma, la lista di cose da fare è lunga, e in nessun momento del gioco si ha la sensazione di non avere idea di che cosa fare. C’è da dire che purtroppo molte delle missioni primarie sono di stampo classico, ovvero andare in un determinato posto e analizzarlo tramite i sensi da Witcher che Geralt possiede, una sorta di scanner visivo e uditivo che evidenzierà e metterà in risalto sia gli oggetti saccheggiabili (utile per trovare quale cadavere è ancora pieno del suo bottino), prove o indizi, che normalmente non sarebbero soggetti a interazione, per passare poi a uccidere immancabili mostri o nemici trovati sul proprio cammino, parlare con eventuali personaggi e fare le dovute scelte ove richiesto. A dire la verità è una struttura che può venire a noia quasi subito se non ci si lascia trascinare dalla trama, che inizialmente fatica a decollare.
Fortunatamente di diversa fattura sono le missioni secondarie, che di norma vengono assegnate parlando con certi PNG, leggendo libri e documenti, o prendendo annunci sulle apposite bacheche in tutte le città, e la maggior parte di esse, sebbene prevedano la solita tiritera sopra descritta, ciò per cui spiccano sono le storie che raccontano, veri e propri intrecci narrativi che meritano di essere ascoltati, appresi e capiti, e che spesso andranno a toccare corde sensibili nei sentimenti del giocatore. E come se non bastasse, le missioni potranno anche fallire in maniera definitiva, obbligando quindi il giocatore a ponderare bene le sue scelte, le quali modificheranno permanentemente il mondo di gioco, o a stare molto attento durante il loro svolgimento, ad esempio, se si deve scortare una tal persona in un certo luogo e questa viene sbranata da un branco di lupi, questa persona sarà definitivamente morta con tutte le conseguenze del caso. Finire quindi The Witcher 3 senza mai toccare nemmeno una missione secondaria è semplicemente una grande perdita, non solo in termini narrativi, ma, inutile dirlo, anche in termini di esperienza.
Niente di nuovo sul fronte degli RPG
Nella primissima parte del gioco ci si ritroverà quindi a Bianco Frutteto, una piccola contea del vasto mondo di gioco, che fungerà da tutorial completo su tutti gli aspetti del gioco, dal combattimento alla distillazione di pozioni, dal crafting degli oggetti alla gestione delle abilità. E da questa piccola zona, già si può capire che in realtà il titolo CDP non è un open world a tutti gli effetti, ma è una vasta zona composta da macro aree, accessibili solamente tramite viaggio rapido, e se si prova a superare i limiti della mappa, il gioco candidamente ci farà presente che oltre quel confine ci saranno dei draghi pronti a sbranarci. Certo, a parte Bianco Frutteto che ha dimensioni modeste, il resto del gioco è ambientato in una vasta area interamente esplorabile, e su questo aspetto, in effetti, si può anche chiudere un occhio, e in una mappa di dimensioni come quelle di The Witcher 3 si può trovare veramente di tutto: villaggi e grandi città, boschi e foreste, zone pianeggianti e montagne innevate, paludi putride, arcipelaghi, fiumi e mari che possono essere attraversati con una barca, il tutto infarcito da numerosi luoghi di interesse: una volta interagito con la bacheca degli annunci di una città negli immediati dintorni appariranno sulla mappa segnati da un grosso punto interrogativo, e questi possono essere di tutto, da tesori nascosti, campi di banditi, tane di mostri, santuari in grado di donare un buff momentaneo a una delle magie nonché un importante punto abilità, e così via.
Esplorare è una chiave fondamentale del gioco, perché non è raro trovare nei posti più impensabili i progetti di un’arma o un’armatura niente male, forgiabili fornendo gli opportuni materiali e un adeguato compenso in denaro da appositi fabbri disseminati per le varie città.
Portando a termine le missioni, oltre alla consueta materiale, si riceveranno i punti esperienza, che contribuiranno a far salire di livello il buon Geralt. Niente di nuovo su questo aspetto, se non fosse per la gestione delle abilità: ci sono quattro alberi delle abilità, ognuno specifico per una certa disciplina, e una volta assegnato un punto all’abilità passiva preferita, si dovrà tuttavia attivarla trascinandola in uno slot specifico, altrimenti rimarrà disattivata. Questi slot aumenteranno di numero mano a mano che si salirà di livello, assieme a degli slot dove poter equipaggiare mutageni in grado di fornire altri bonus, questo per evitare di sparpagliare i vostri punti in giro per l’albero senza cognizione di causa, ma sarà pur sempre possibile recuperare una speciale pozione che vi resetterà tutte le abilità restituendovi tutti i punti spesi fino a quel momento.
Il trono di spade d’argento
In The Witcher 3, si combatte, e pure tanto, contro una vasta gamma di avversari, ognuno dotato di peculiarità, debolezze, pattern di attacco unici, cosa interessante è vedere come soldati di diversa fazione usino approcci e attacchi diversi per cercare di sbarazzarsi dello Strigo. Per difendersi, Geralt non solo avrà a disposizione un discreto set di armi tradizionali, argentate o incantate, naturalmente potrà fare ricorso anche ai cinque segni magici che tutti i fan di The Witcher ormai conoscono a memoria, anche se a questo giro sono stati migliorati e hanno una utilità concreta durante i combattimenti; ci saranno anche bombe, unguenti specifici che servono a dare all’arma quella marcia in più contro una tipologia di nemici particolare, e infine ci sarà una nuova arma inedita, la balestra, invero uno strumento di morte alquanto debole ma utile per far barcollare i bersagli e approfittare di questo breve momento di vulnerabilità per sferrare attacchi devastanti, ma che può migliorare enormemente se viene caricato con dardi più potenti e di varia tipologia.
Il combat system tuttavia è molto semplice, si può attaccare con colpi leggeri, pesanti o speciali (sbloccabili nell’albero delle abilità), parare, contrattaccare, schivare, rotolare e usare il restante equipaggiamento a nostro vantaggio. Ma dopo vari combattimenti, è quasi un peccato constatare che sia molto semplificato e che tutto si risolva in una sequenza del tipo “attacca e schiva”, senza che l’IA dei mostri o degli umani, invero abbastanza elementare, reagisca a questo tipo di approccio costringendo a cambiare tattica, rendendo di fatto possibile, se si è un minimo abili con i controlli, ad affrontare combattimenti anche con mostri di livello altissimo, ma perlomeno in questo gioco i vari nemici attaccheranno Geralt quando vorranno, indipendentemente dal fatto che ci sia già qualcuno ad attaccare, per cui vedersi circondati da due o tre nemici che colpiscono assieme è un evento tutt’altro che raro.
Montagne Russe Polacche
Fin qui The Witcher 3 è presentato come un normale action RPG che si rispetti, eppure presenta qualche lacuna in certi aspetti del gameplay, come ad esempio la meccanica che regola la distillazione e l’uso delle pozioni, nota per essere variata completamente in ogni capitolo di questa saga e qui non fa eccezione: infatti, a questo giro per creare pozioni bisognerà innanzitutto conoscerne la formula, e quindi crearla trovando gli opportuni ingredienti (in questo capitolo sono ingredienti specifici come erbe o pezzi di mostri, non si farà più uso degli elementi alchemici) in giro per la mappa, per i vari negozi o saccheggiato da qualche mostro. Fin qui niente di strano, se non per il fatto che la pozione sarà sufficiente craftarla una volta sola, e una volta consumate, sarà sufficiente meditare perché Geralt riempia di nuovo le fiaschette che le contenevano con dell’alcol distillato (l’alcohest), prodotto abbastanza comune. È un sistema che di logico non ha nulla (omeopatia?) e sicuramente farà storcere il naso a più di un giocatore, perché di fatto elimina quasi completamente la necessità di raccogliere in maniera forsennata le piante e piantine in giro per i boschi, e se alle prime fasi di gioco viene quasi spontaneo fermarsi e raccogliere tutto ciò che si trova in giro, dopo qualche tempo che ci si rende conto di questa limitazione non si farà più caso alle piante attorno a noi. E questa logica vale non solo per le pozioni, ma si applica anche alle bombe.
In ogni caso, a questo giro le pozioni si possono assumere in tempo reale, senza bisogno di meditare precedentemente. Anche gli effetti di tossicità delle pozioni sono stati rivisti in parte: prendendo una pozione il livello di tossine nel sangue di Geralt aumenta, cambiandone addirittura aspetto se ce ne sono troppe, e prosciugando lentamente la sua vitalità, con il gioco che ci impedirà di bere un’altra pozione se questa è troppo tossica, ma non è un problema perché nel giro di un paio di minuti il livello di tossicità sarà già calato del tutto, rendendo quasi non necessaria la meditazione per purificarsi. È anche vero che le pozioni in The Witcher 3 sono quasi inutili, si finirà per usare in maniera forsennata la pozione Tuono e Rondine (per aumentare i danni con le armi e per rigenerare la vitalità), mentre le altre quasi ci si dimenticherà di averle.
Manca anche la persistenza degli oggetti, grave lacuna per un titolo open world, a titolo di esempio si può citare quando si ripulisce un campo di banditi e con orgoglio si ammirano i cadaveri che attendono solo di essere saccheggiati, ma salvando e ricaricando, i cadaveri e il conseguente bottino spariscono come per magia.
Inoltre, sono presenti ancora episodi di freeze e crash, diminuiti drasticamente ma ancora presenti dopo le varie patch già uscite, nonché bug non del tutto corretti, come lo spawn di PNG proprio davanti ai nostri occhi, ma anche di banditi e animali selvaggi, ma su questo fronte mai niente di grave che possa compromettere veramente l’esperienza di gioco.
Downgradare o non downgradare?
In tutti questi mesi si è parlato tanto di downgrade grafico del titolo in questione e, gioco alla mano, queste voci si sono rilevate vere o semplici rumor? Purtroppo, il downgrade grafico c’è e si vede in modo lampante se si osservano i trailer degli anni scorsi, ma nonostante ciò, The Witcher 3 possiede una gran bella grafica generale, alcuni scorci sono semplicemente sensazionali e la resa cromatica è fatta molto bene, ma se l’occhio cade su certi dettagli è impossibile non notare diverse sbavature e cadute di stile, in primis la vegetazione e le sue movenze al vento, che potevano essere realizzate meglio, tant’è che alcuni cespugli sono soltanto semplici sprite in 2D; a seguire l’acqua, decisamente bruttina da vedersi, e alcune texture sono veramente poco definite. Anche sul fronte della fisica ambientale ci sono alti e bassi, ad esempio alcune zone erbose si muovono al passaggio del protagonista, mentre altre semplicemente ci si passa attraverso senza interazione alcuna. Certo, piccolezze che quasi è inutile sottolineare, ma che fanno storcere il naso a chi si aspettava un titolo graficamente e tecnicamente all’avanguardia sotto tutti gli aspetti.
E tutto questo ben di Dio quanto costa in termini di prestazioni? Parecchie. Anche troppo. Perché il titolo purtroppo nonostante sia sponsorizzato da nVidia pecca di una buona ottimizzazione, rendendo quasi impossibile far girare il titolo a 60fps stabili su dettagli a ultra o alti con una GTX980, e per la resa grafica che si porta dietro questi cali sono tutt’al più ingiustificati, ma il gioco in ogni caso rimane giocabilissimo. Da evitare l’uso dell’Hairworks perché azzoppa malamente il frame rate anche a livelli inaccettabili, soprattutto su schede AMD.
Menzione d’onore invece per i modelli dei personaggi, in particolare dei volti, che sono stati animati benissimo, donandogli una espressività fuori dal comune, e hanno un livello di dettaglio nettamente al di sopra della media odierna, che unito al doppiaggio magistrale dei bravissimi doppiatori e della musica in puro stile fantasy/gotico, aiutano veramente tanto a immergerci nella meravigliosa atmosfera del mondo di gioco.
Conclusioni
The witcher 3 è un gioco che possiede numerosi grandi pregi nonché numerosi difetti, difetti che sommati tutti assieme tengono purtroppo il titolo lontano dalla definizione di capolavoro che avrebbe potuto tranquillamente ambire. L’intera campagna con tutte le sue quest, sia primarie che secondarie, è fatta con molta cura e dovizia, anche se tuttavia rischiano di risultare ripetitive, soprattutto per le fasi di analisi con i sensi da Witcher, ma si salvano per le storie che raccontano, merito anche degli ottimi dialoghi e degli intrecci narrativi tutt’altro che scontati, ma dal punto di vista tecnico e del gameplay ci sono troppe sbavature a causa di scelte di game design parecchio opinabili e discutibili, in primis le meccaniche delle pozioni e dei combattimenti, un po’ troppo semplificati, forse per poter abbracciare un bacino d’utenza maggiore non confidente con questa IP.
Ma c’è da tanto da fare, da esplorare, da scoprire e da uccidere che si può fare tranquillamente a meno di notare cespugli in puro 2D su sfondi di infinita bellezza, qualche difettuccio dell’IA e dei vari bug che a volte costringono a chiudere manualmente il gioco o a ricaricare una partita precedente.
È il titolo che ogni appassionato di action rpg deve avere? Sì.
È il titolo che i fan di Geralt si aspettavano? Domanda difficile da rispondere, perché se da una parte abbiamo un gameplay profondamente diverso dal primo che potrà far storcere il naso a più di un fan, dall’altra parte abbiamo l’indiscutibile fascino e il carisma di Geralt rimasti immutati.
In ogni caso, è un gioco che rischia di portarvi via anche 100 ore come niente se dovesse rapirvi per la sua storia!