Starfield recensione

Caro diario

Mia madre mi diceva sempre che ero portato per fare grandi cose. E forse aveva ragione. Dopo la scuola, fondai la mia compagnia, piccola, certo, ma ero orgoglioso di quella mia creazione, avevo estrema fiducia in questo mio progetto tant’è che mi comprai la casa dei miei sogni su un pianeta tranquillo facendomi uno spaventoso mutuo di 125.000 crediti. Purtroppo, dopo un breve periodo di successo in cui la mia compagnia venne persino quotata in borsa, gli affari crollarono, e fallì miseramente. Fallii miseramente. Purtroppo, mi resi conto che le nozioni apprese alla scuola industriale a poco servirono a tenere a galla la mia attività in un momento di crisi, fu più l’esperienza sul campo a formarmi, imparai infatti a trattare con i fornitori e con i clienti, imparai a fare ricerche spendendo meno risorse, imparai persino a scassinare serrature digitali, perché diventati talmente paranoico che volevo sapere con mano mia quali erano le casseforti migliori in cui custodire i miei crediti. Mi consola sapere che il sistema scolastico moderno non abbia voltato le spalle solo a me. Troppa gente lavora in miniera anziché dietro una scrivania, troppa gente pensa che la Terra, il pianeta da cui i nostri avi provengono, neanche esista, che sia solo una leggenda, anche se ammetto che forse ero distratto il giorno che ci spiegarono come mai venne totalmente abbandonata e oggi non ci abita più nessuno.

Oggi è stato il primo giorno in cui non ho lavorato da dietro una scrivania, ma come minatore. Già, dopo il fallimento della mia società questo è ciò che sono riuscito a trovare. Mi ha assunto la Argos, una piccola compagnia mineraria, ma temeraria e piena di gente veramente in gamba. Peccato che come ho messo piede sull’ascensore che ci avrebbe portati tutti nelle viscere della terra ho iniziato a sentirmi terrorizzato. Non perché temevo che mi sarebbe potuta cadere una roccia sulla testa o che mi sarei sparato il raggio laser della mia trinciatrice sul piede, non perché ho paura del buio, ma perché dato che ero quello nuovo e senza esperienza m’è toccato fare una sorta di missione suicida per recuperare uno stranissimo minerale mai scoperto prima d’ora. Hanno mandato me perché non sapevano se fosse innocuo o radioattivo o magari sarebbe esploso a contatto. Hanno mandato me perché se fossi morto, alla compagnia non sarei di certo mancato e ai miei genitori avrebbero inviato dei fiori e tanti saluti. Ovviamente non m’è successo nulla, altrimenti non sarei qui a scrivere queste parole, tuttavia, mai avrei pensato che quello strano minerale mi avrebbe cambiato per sempre la vita e che sarebbe stata la mia fortuna, il mio asso pigliatutto.

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Quello strano minerale in realtà è un oggetto di origine ignota che viene chiamato “Manufatto”. Come l’ho toccato ho avuto delle visioni confuse, come se quella cosa stesse cercando di comunicarmi qualcosa. E poi mi sono risvegliato in infermeria. Poi è arrivato un certo Barrett da una vecchissima astronave sgangherata, un membro di Constellation, una sorta di gilda segreta di esploratori spaziali il cui scopo è quello di trovare questi “Manufatti” in giro per la galassia ed eventualmente scoprire la loro origine, a cosa servono, e capire cosa significano le visioni che si hanno quando qualcuno le tocca. E nella mia totale confusione mi accoglie come membro di questa gilda, mi regala l’astronave e il suo robot Vasco, e mi dice di raggiungere la Loggia, il loro Quartier Generale, a Nuova Atlantide, su Jemison, nel sistema di Alfa Centauri. Ma prima m’è toccato persino sporcarmi le mani di sangue, ho dovuto imbracciare un’arma e abbiamo dovuto fare fuori un plotone della Flotta Cremisi, venuti per rubare l’astronave che mi era stata appena regalata. Mai avevo ucciso un essere umano prima d’ora, ma questa è stata pura legittima difesa. Nessun rancore, davvero.

E adesso sono qui, sdraiato sul letto nei miei alloggi nella Loggia, esausto per la giornata più confusa della mia vita. Constellation mi ha accolto come loro membro, con un po’ di diffidenza inizialmente, ma quando hanno saputo che anche io ho avuto delle visioni raccogliendo il Manufatto, hanno capito che dovevo fare parte di questa grande famiglia. Adesso non vedono l’ora che parta alla ricerca di un altro di questi Manufatti.

Domani, prima di partire andrò a salutare i miei genitori visto che abitano qui a Nuova Atlantide, per dire a mia madre che aveva ragione.

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A zonzo per l’universo

Quella appena narrata è una rivisitazione dell’incipit di Starfield, che parte col primo giorno in miniera del nostro alter ego in un giorno del 2330, della sua creazione, che consiste nello scegliere l’aspetto fisico e scegliere un background che garantisce tre skill iniziali (rispetto ad altri RPG, sono stati tolti i classici attributi come Forza, Intelligenza, Fortuna, e così via), più alcune perk che garantiscono sia bonus, sia malus, la cui scelta è totalmente opzionale. E poi via si viene gettati subito in pasto al gioco, un universo colmo di opportunità da cogliere, missioni da affrontare, luoghi da esplorare, amicizie da forgiare, storie da scrivere, emozioni da vivere. Chi ha già giocato ai precedenti titoli Bethesda sappia che questa loro ultima fatica non sarà tanto diversa dalle precedenti come filosofia. Per tutti gli altri, sappiate che si tratta di open world (in questo caso open universe?) in cui la libertà e l’esplorazione la fa da padrona. Accettare una missione non vuol dire doverla portare a termine seduta stante, significa solo che finché non ve la sentirete di farla sarà solo una voce nel vostro diario. Esplorare significa andare incontro a nuove avventure impreviste, conoscere nuovi personaggi che potrebbero diventare i vostri migliori amici o potrebbero dare missioni che fanno nascere sottotrame o svelare retroscene nella lore inattese. L’inventario è fisicamente infinito ma limitato nella massa (ovviamente non poteva essere peso per via delle diverse gravità dei pianeti), e superare questo limite vuol dire consumare ossigeno (la stamina di Starfield) anche solo muovendosi. Ma soprattutto, fare il buono o il cattivo è una scelta in mano al giocatore. Volete fare i paladini della giustizia facendo il cacciatore di taglie? Volete invece fare i pirati e svaligiare le astronavi porta valori per arricchirvi il più in fretta possibile? Oppure i corrieri di beni di contrabbando? Il gioco asseconderà qualunque scelta. Certo, se fate poi i cattivi dovrete vedervela con la legge ed eventualmente i vostri compagni potrebbero avere qualcosa da ridire, ma niente che un po’ di crediti alle giuste persone non possa risolvere.

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La più grande novità in un titolo Bethesda è proprio il fatto che la storia si svolge in un’intera galassia e non più in un grosso territorio ben delimitato. In effetti, non c’è alcun limite sull’esplorazione. Ogni pianeta dei circa mille presenti è teoricamente esplorabile in ogni suo centimetro quadrato (è limitata solo l’area in cui si decide di atterrare ed esplorare a piedi, ma è comunque un’area i cui confini si toccano camminando non-stop per circa 40 minuti). E per la prima volta avere un mezzo di spostamento quali sono le astronavi è obbligatorio. Ma attenzione: forse l’aspetto che può destare più confusione è proprio l’esplorazione spaziale. Starfield non è e non vuol essere No Man’s Sky o Elite Dangerous; forse il titolo noto al pubblico che più si avvicina a ciò che vorrebbe essere è Mass Effect, un titolo focalizzato sulla narrazione i cui viaggi nello spazio sono un mero pretesto narrativo, non una meccanica di gameplay. Tuttavia, a differenza del titolo Bioware, in Starfield la propria navicella spaziale possiede delle meccaniche proprie, si può migliorare nelle sue caratteristiche (come il generatore, gli scudi, le armi, la stiva, e così via) o personalizzarle tramite un esaustivo editor, si possono anche comprarne di nuove o rubarle in giro e farle vostre. Si possono addirittura pilotare, ma ciò che al più si può fare quando si è ai comandi di una astronave è scorrazzare nei pressi di un pianeta, combattere (e i combattimenti spaziali sanno essere davvero duri se non si impara a governare l’astronave come si deve), saccheggiare le altre astronavi, e niente di più. Non è dunque possibile navigare manualmente da un pianeta all’altro, né tanto meno atterrarci sopra navigandoci verso esso, per farlo occorre aprire la mappa (o puntare verso il segnalino di missione) e cliccare sulla destinazione, sorbirsi una cutscene di caricamento, e voilà, il viaggio è fatto. Semplice, veloce, forse non proprio coinvolgente, ma data l’enfasi del gioco nei riguardi della narrazione, forse è meglio così che qualcosa che avrebbe fatto perdere più tempo del necessario, anche se va detto che molti sono delusi da queste limitazioni perché non rispettavano le aspettative.

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Una differenza importantissima con il già citato Mass Effect è che l’unica specie aliena senziente e razionale presente nell’universo narrativo di Starfield è l’Homo Sapiens. Niente alieni con tentacoli al posto delle braccia capaci di riparare motori spaziali in quattro e quattr’otto, niente ammassi gelatinosi dai colori improponibili che sanno leggere nel pensiero. La loro esistenza è tuttora oggetto di discussione, e i Manufatti che Constellation sta cercando potrebbero essere una prova della loro esistenza, e chissà, forse anche un modo per trovarli. Si potranno però incontrare su alcuni pianeti la cui vita si è formata non solo la flora, ma pure animali alieni, alcuni mansueti, altri aggressivi, il cui unico scopo esistenziale è quello della pura e nuda sopravvivenza all’interno della catena alimentare. Di diversa fattura invece i Terrormorfi, creature predatrici incredibilmente aggressive e coriacee, le quali rappresentano una vera e propria minaccia per l’umanità, in quanto sono in grado di sbriciolare intere città come se fossero di pasta frolla e la cui esistenza rappresenta un vero e proprio enigma. Da dove provengono? Sono davvero creature aliene o sono animali ingegnerizzati da un laboratorio genetico? Come fanno a essere presenti proprio sui pianeti colonizzati dagli umani? Sono forse in grado di andare a zonzo nello spazio per conto loro o c’è forse qualcuno che li trasporta deliberatamente? Domande che assilleranno il giocatore e che, inutile dirlo, saranno protagonisti di una quest line tutta loro.

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Mille pianeti, mille storie

Forse Starfield è il gioco meglio scritto che Bethesda abbia fatto. La lore, i personaggi, i dialoghi, le fazioni, sono stati tutti scritti con particolare competenza, e sono tutti interessanti da approfondire. Siamo dunque lontani da ciò che ci era stato proposto da Fallout 4, e fortunatamente le scelte di dialogo vengono proposte tramite classico menu con tutte le risposte disponibili anziché dalla rosa di quattro risposte che potevano essere amichevolmente riassunte con Sì, No, Forse, Sarcasmo. Certo, le battute sono anche qui presenti ma a differenza di Fallout 4 qui sono fatte bene e spesso calzano davvero a pennello quando vengono proposte. Una novità gradita è che durante determinati dialoghi è persino possibile chiedere ai propri compagni di intervenire, perché magari conoscono l’interlocutore o sanno qualcosa meglio di voi, e dunque potrebbero aiutarvi a trattare con un personaggio in maniera differente.

Non solo 300 anni di lore sono stati scritti per essere plausibili (nei limiti della fantascienza si intende), i quali comprendono guerre, esodi di massa, conquiste, invenzioni e creazioni scientifiche rivoluzionarie, tecnologie bandite da quanto sono pericolose, e la nascita di nuove fazioni e religioni. Le due più grandi fazioni presenti sono la UC (Unione Coloniale) e il collettivo Freestar e che rappresentano rispettivamente la repubblica e il libertarismo, e i cui attriti hanno dato luce alle più sanguinose guerre mai viste dalla razza umana. Il rancore verso una o l’altra fazione per i cari persi nella guerra più recente è ancora viva e lo si avverte in determinai NPC. C’è anche la Casata Va’Ruun, religiosi che venerano un Dio sotto forma di un serpente, un tempo aggressiva e pericolosa verso gli infedeli, oggi pacifica grazie a un armistizio che hanno firmato quando il loro leader e fondatore morì, ma alcuni dei membri più zeloti, nonostante gli sforzi dei più saggi nel cercare di metterli in riga, sono convinti che l’armistizio sia una farsa, e proprio per colpa di questi ultimi questa fazione è vista ancora come una minaccia.

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I personaggi che possono essere nostri seguaci hanno tutti una storia davvero interessante alle spalle e che a mano a mano che prenderanno confidenza in noi si spingeranno a narrarcela fino a quando non si sentiranno a loro agio a svelare persino i loro segreti più reconditi, chiedendo alle volte consiglio al giocatore su cosa fare o cosa non fare riguardo a un loro problema attuale. Come non citare Sam Coe, un ex-ranger nelle cui vene scorre il sangue di un famosissimo esploratore spaziale, la cui vita è messa a dura prova dai suoi famigliari, suo padre che non approva le sue scelte di vita, l’ex-moglie che ha per la testa esclusivamente il suo lavoro come ranger, e sua figlia di dodici anni, vispa e intelligentissima e che bazzicherà la nostra astronave, ma che crescerla si sta rivelando una sfida di cui Sam non era affatto pronto. Oppure Barrett, il cui defunto marito sta gridando vendetta dalla tomba per un torto subìto da una gigantesca corporazione, e che noi dovremo aiutare a risolverla pagando di tasca nostra le persone che hanno le competenze adeguate a riportare alla luce la verità.

Per quanto le prime missioni siano generalmente molto semplici e noiose, basta addentrarsi un poco oltre per capire che sono tali per aiutare il giocatore a prendere confidenza col gioco. Dopo questo periodo iniziale, infatti, il gioco ingrana la marcia e comincia a mostrare i muscoli. Alcune missioni secondarie, soprattutto quelle delle fazioni, sono talmente ben sviluppate e approfondite che potrebbero passare tranquillamente come quest primarie. E soprattutto sono piene di sorprese e di plot twist che spingono effettivamente a vedere fino a dove la storia andrà a parare. Non mancheranno anche missioni generate proceduralmente presso alcune bacheche che consistono nell’andare a distruggere una flotta di pirati o trovare determinati giacimenti su un pianeta, missioni che naturalmente si possono tranquillamente ignorare, ma che rappresentano un ottimo modo per ottenere crediti ed esperienza velocemente. Ovviamente l’esperienza è utile per salire di livello e ottenere punti abilità con cui poter sbloccare nuove skill, anche se a questo giro è stato fatto qualcosa di diverso: ogni volta che si assegna un punto abilità a una skill (fino a un massimo di 4) è necessario completare una sfida inerente prima di poter assegnargliene un altro. Un avvertimento: considerato che salire di livello è un’impresa, i punti abilità ottenuti non sono poi così tanti. Nella nostra prova abbiamo raggiunto il livello 20 allo scoccare delle 40 ore in gioco. Pensateci bene su come sviluppare i cinque alberi delle abilità prima di assegnare i vostri sudati punti.

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Purtroppo, come è ben possibile immaginare, la tipica esperienza esplorativa di Bethesda risulta essere un po’ diluita in Starfield, complice la quantità spropositata di pianeti e il numero ridotto di luoghi veramente importanti presenti, anche perché ogni area in cui si atterra lontano dai segnalini già presenti è in realtà generata proceduralmente, e solo alcune aree di particolare interesse sono state ritoccate a mano dagli sviluppatori, ma quello che c’è lascia comunque a bocca aperta. Nuova Atlantide, per esempio, assomiglia esattamente a ciò che ChatGPT creerebbe se gli si chiedesse di fare un’immagine di una città del futuro, con tanti grattacieli in cemento circondata di verde. Akila invece è una città che ricorda il far west, tutto costruito in pietra sulla nuda terra e investita da frequenti tempeste di sabbia. Neon non è altro che un gigantesco impianto di inscatolamento ittico andato in malora costruito su un oceano (a proposito, nel gioco non si può andare sott’acqua…) riconvertito alla bell’e meglio in una città colorata e rumorosa, ma colma di droga, corruzione e criminalità (tipo San Francisco).

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Esplorare una superficie di un pianeta significa invece atterrarci sopra e uscire a piedi per eseguire scansioni sulle sue risorse, e la flora e la fauna se presenti. Durante l’esplorazione è possibile trovare comunque col proprio scanner costruzioni umane, come avamposti, stazioni di ricerca, depositi militari, miniere, a volte abbandonati, a volte abitati da gente amichevole, a volte da pirati pronti a far fuori qualunque estraneo. Sono anche presenti luoghi naturali come caverne o speciali punti di interesse che è possibile scansionare per ottenere qualche informazione aggiuntiva sul pianeta in sé, i quali forniscono preziosi punti esperienza. Su alcuni pianeti fare questo tipo di esplorazione sarà facile, su altri potrebbe essere problematica a causa delle condizioni inospitali. Freddo, caldo, radiazioni solari e così via potrebbero renderlo un compito pericoloso, così come la gravità troppo alta potrebbe frantumarvi le ginocchia se si fa un salto troppo alto usando il booster pack del proprio zaino.

Non manca nemmeno la possibilità di creare un avamposto su un terreno non reclamato. Farlo darà la possibilità di creare estrattori minerari sui giacimenti nei suoi paraggi e ottenere dunque un afflusso costante di risorse per poi venderle o usarle altrove. Oppure anche solo per creare uno spazio privato dove poter dormire o avere un deposito personale su un pianeta lontano, magari dove poterci nascondere non solo la roba in eccesso, ma anche la merce di contrabbando che inevitabilmente la si incontrerà lungo il proprio viaggio nella speranza di poterla vendere al miglior offerente prima o poi senza venire beccati dai tentacoli della giustizia. Costruire invero è molto facile, basta entrare in modalità costruzione, scegliere la struttura da creare e il luogo e con un clic la si costruisce. Sbloccare le skill giuste permetterà anche di poter costruire avamposti su luoghi in condizioni estreme e di poterle gestire meglio, anche se questa meccanica è completamente opzionale e darà soddisfazione solo a coloro che vogliono investire tempo e punti abilità. Come forse avrete già capito, Starfield è colmo di attività opzionali.

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Non è tutto iridio quello che luccica

Anche se la storia è un grosso collante che terrà attaccati parecchi giocatori, purtroppo Starfield è minato da una serie di problematiche e difetti di vario genere. Partiamo subito da quello che sembra la questione più ovvia: i bug. Sorprendentemente non ne abbiamo incontrati tanti, e quelli incontrati erano glitch perlopiù innocui e non ci hanno rovinato in alcun modo l’esperienza. Una volta si era persino modificata l’intera palette dei colori, un comico effetto che fortunatamente è andato via uscendo e riaprendo il gioco. Da questo punto di vista evidentemente il rinvio voluto da Microsoft (Starfield sarebbe dovuto uscire l’anno scorso) ha giovato. I difetti di Starfield invece sono ben altri. Partiamo da quello che reputiamo il difetto più grosso che probabilmente spingerà molti giocatori ad abbandonare il titolo: l’esperienza utente. Le interfacce e alcune meccaniche sembrano essere fatte apposta per confondere l’utente il più possibile anziché aiutarlo in ciò che vorrebbe fare. Navigare i menù è poco intuitivo, esplorare l’inventario quando è colmo di oggetti è un supplizio, e occorre davvero tanto tempo per impararli bene prima di riuscire a sfruttarli come si deve. Il crafting, ad esempio, è un vero e proprio incubo a causa della spaventosa quantità di risorse su cui si può mettere le mani sopra, risorse che hanno una massa e dunque non possono essere ammassati a volontà nell’inventario. Queste risorse spaziano tra un’intera tavola periodica degli elementi, componenti meccanici o elettronici di ogni genere, e tessuti o fluidi organici strappati dai cadaveri degli animali o piante aliene. Non sarebbe un problema se esistesse un’interfaccia apposita per tener traccia di tutte queste risorse, quante ricette possono essere fabbricate con quelle che si ha, o un compendio di facile consultazione che dice quali ingredienti servono per fare quale ricetta o anche banalmente a quale ricetta può servire un qualunque componente quando lo si centra con la visuale, occorre invece adeguarsi usando il semplice inventario, più quello della stiva dell’astronave. Fortunatamente, è un problema molto semplice da risolvere e ci sono già delle mod che migliorano nettamente questo aspetto del gioco.

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Neppure i combattimenti sono l’apice del titolo, complice l’IA che gestisce i nemici, la quale è sufficiente ma neppure così brillante da essere imprevedibile. Il massimo che possono fare è usare le coperture e fuggire dalle granate, di brillante non fanno purtroppo nient’altro. I robot invece affrontano gli avversari a testa alta e sparano come forsennati, ma come comportamento per un pezzo di latta ci può stare. A rendere tuttavia vari gli scontri ci pensa l’arsenale, che comprende una vasta selezione di armi come pistole, fucili, lanciagranate, mitra, sia sputaproiettili che a energia. La maggior parte dei calibri e delle armi saranno inventate, ma non mancherà qualche bocca da fuoco del nostro secolo, anche se purtroppo i proiettili che le alimentano sono particolarmente rari. Starfield non è un looter shooter: anche se armi e armature avranno una loro rarità, gli stessi oggetti avranno le stesse statistiche base che non cambieranno mai col prosieguo del gioco, ma si differenzieranno per le mod installate (che possono essere montate o smontate a seconda delle skill del giocatore) o alcuni attributi unici, che comprendono proprietà come la possibilità di sparare proiettili incendiari, essere più efficace sui robot, oppure essere costruite da un particolare materiale che le rende leggerissimi, imponendo al giocatore di prestare attenzione a ciò che trova e fare i dovuti confronti. Ovviamente esistono anche oggetti unici con caratteristiche tutte loro, alcune di esse date come ricompensa per alcune missioni.

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Non poteva mancare ovviamente tra la lista dei difetti il comparto tecnico, il quale fa sembrare Starfield un titolo alquanto vecchio. I limiti del Creation Engine si sentono purtroppo tutti, e sorprende che Bethesda sia riuscita a creare un gioco di tale complessità con un engine così vecchio, ma è il prezzo da pagare per poter usare un engine con alcune capacità ancora oggi insuperate, come la gestione della fisica dei singoli oggetti presenti in un’area o la creazione di routine per ogni singolo NPC. Anzitutto, fa proprio strano che sia possibile esplorare interi mondi ma per entrare in certi negozi o in certi edifici occorra sorbirsi una schermata di caricamento. Perlomeno, nelle città principali è possibile osservare un gran numero di cittadini che vanno e vengono, dando l’idea di essere città vive e popolate. Inoltre, le animazioni sono parecchio basiche e niente di più, e siamo ben lontani dalla qualità che molti altri titoli ci hanno abituato. Ma il dito accusatore vuole indicare ben altro, di più importante, le prestazioni. Non potevano non esserci problemi in tal senso in un gioco di tale portata. Su PC di fascia alta Starfield si comporta comunque bene, ma non benissimo, con un frame rate un poco ballerino ma sopportabile. Viceversa, le cose precipitano un po’ troppo se le capacità della macchina si abbassano, aumenta l’instabilità del frame rate, aumentano il numero di freeze, e il risultato è un gioco che va a singhiozzo e diventa pure prone a crashare anche nei momenti meno opportuni. Molti utenti hanno chiesto una migliore ottimizzazione, ma Todd Howard ha risposto in maniera piuttosto esplicita dicendo di “cambiare PC”. Anche noi con la nostra macchina dotata di un i5 4690K 3.50GHz, 16GB di RAM e una RTX 2070 abbiamo avuto grandi problemi a giocarci. Nel nostro caso a poco è servito abbassare la qualità grafica, perché il collo di bottiglia lo faceva il processore, non la scheda grafica. In media, riuscivamo a giocare a 20-30fps nelle zone all’aperto e 40-50 nelle zone chiuse. Aiuta di poco l’uso di tecnologie di upscaling, che migliora di qualcosa il frame rate al prezzo di peggiorare però la qualità video. Purtroppo, Bethesda ha implementato solamente l’FSR di AMD e non ha implementato il DLSS di Nvidia (così come non ha implementato un cursore per modificare il FOV, ma almeno quello di default è decente), ma fortunatamente ci sta un modder che sta lavorando alla sua implementazione, il rovescio della medaglia e che l’ha messo sotto paywall su Patreon (c’è anche la versione gratuita, ma non è aggiornata come quella a pagamento).

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Commento finale

Starfield è un titolo che dividerà il pubblico. C’è chi lo troverà sopravvalutato e chi invece lo adorerà e non si staccherà più da esso. Sotto una coltre di difetti si trova infatti un bellissimo gioiello. Difetti che spaziano dai problemi tecnici derivanti da un motore che ormai non è più al passo con i tempi, all’esperienza utente che sa essere molto confusionaria, dalla miriade di pianeti che paiono essere stati messi più per fare numero che per vera esigenza videoludica, a problemi di ottimizzazione. Ma i suoi punti di forza sono tali che sono capaci di far soprassedere ai suoi problemi, partendo dalle missioni e dalla storia principale, ricche di colpi di scena e mai banali, dalle fazioni e dai personaggi, ben scritti e coerenti, alla componente artistica che è sbalorditiva da risultare alquanto plausibile, fino alla lore, che è molto dettagliata e non banale. Starfield è un titolo che appassiona perché è in grado di catapultare il giocatore in un vasto universo e lo spinge a scoprire cosa è successo all’umanità negli ultimi trecento anni e quale forse sarà il suo destino per il futuro. Certo, la navigazione spaziale non è libera come molti supponevano, ma a lungo andare non se ne sente la mancanza. Noi lo consigliamo, specialmente a coloro a cui piacciono le storie di fantascienza ben scritte. Agli indecisi, consiglieremmo di aspettare qualche patch ed eventualmente cosa la community di modder tirerà fuori quando i tool ufficiali saranno disponibili l’anno prossimo, perché per loro quei pianeti vuoti che nulla offrono sono solo delle tele pronte a essere pitturate, rendendo il gioco praticamente infinito.

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