Giunti al terzo episodio di una serie, giocatori e critica si chiedono lecitamente se un marchio abbia ragion d’essere nel mercato cui punta. È successo con Crysis, per dirne uno, e torna a capitare adesso con Risen, un franchise arrivato al termine della trilogia con una varietà di dubbi e perplessità abbisognano di risposte convinte. Titan Lords sarà stato in grado di fornirle?
Piranha Bytes porta sulle spalle il peso di un passato glorioso e di un presente che, almeno fino ad oggi, non è stato in grado di rispettarne le aspettative. I primi due Risen hanno esplorato meccaniche più volte trite e non sono stato in grado di farlo neppure con un tasso qualitativo tale da far chiudere il proverbiale occhio, presentando quale unica variante l’ambientazione esotica e una storia di pirati a popolarla in maniera poco più che sufficiente.
Risen 3: Titan Lords riporta la saga e l’epopea dello studio tedesco in ambito fantasy, quasi gotico, cercando con discreto successo di mantenere una coerenza narrativa con le due precedenti iterazioni. Il protagonista del gioco, un pirata incallito che qualcuno di voi forse già conosce, muore nel corso di una missione esplorativa sulla più classica delle isole del tesoro ma viene riportato in vita da un bizzarro aborigeno al soldo di misteriosi personaggi. Da lì in poi, il cammino dell’utente è dettato dalla ben precisa quest volta al recupero della propria anima.
Il cambio di tono e location è evidente dopo un’oretta di gioco, e sfortunatamente non garantisce il cambio di passo di un franchise che sembra aver trovato la sua dimensione nell’aurea mediocritas, in quel pendolo che oscilla continuamente tra il sei e il sette in pagella. I problemi che condannano anche Risen 3: Titan Lords a questa condizione di mezzanità sono sostanzialmente due: il sistema di combattimento e la storia con annessa narrazione.
Partiamo proprio dai combattimenti. Questi sono monotoni e privi del benché minimo “pathos” videoludico, di una componente di sfida tale da tenere quantomeno medio il livello di attenzione del giocatore. A dispetto dei predecessori, Titan Lords approfondisce le meccaniche di schivata e parata ma, complice una fisica imbarazzante, è facile cadere vittime della frustrazione e del disincanto dopo poco più di un paio d’ore. Il ritorno della magia non è un fattore di rottura rispetto a questi schemi, su cui peraltro pesa anche una certa imprecisione dei controlli.
Quanto a storia e narrazione, va precisato che Risen non ha mai brillato per queste componenti. L’elementare trama si dipana attraverso scene d’intermezzo realizzate col motore del gioco, non esattamente performante quando si tratta di riprodurre movimenti dei personaggi e la loro espressività pure di fronte a conversazioni di un certo piglio drammatico (o presunto tale). È dunque difficile immergersi nell’atmosfera e nella difficoltà che dovrebbe derivare dalla scelta di questa o quella opzione in un dialogo a risposte multiple, esattamente all’estremo opposto rispetto a The Witcher.
Classiche, che più classiche non si può, anche le meccaniche alla base della progressione del personaggio. I punti acquisiti nei combattimenti si spendono per arricchire il proprio set di abilità e caratteristiche come nel più tipico degli RPG, senza alcun risvolto particolare né rispetto al passato del franchise che a quello del genere. Stesso dicasi per il loot che è possibile di volta in volta acquisire nelle varie aree del gioco, che va dal vile denaro alle bottiglie di rum utili per curarsi.
A salvarsi, sostanzialmente, sono ancora una volta le sole ambientazioni. Queste, molto più dei personaggi e delle loro vicissitudini, hanno un benché minimo accenno di carattere sia che si tratti di interni che di esterni, vicini al fantasy filo-medievale o piratesche. Molto lineari e spesso accompagnate da quest di difficile comprensione, causa mappa poco dettagliata, ma almeno lasciano intravedere qualche gradito spiraglio di creatività.
Da un punto di vista tecnico, Piranha Bytes ha fatto quel che poteva, portandosi sul groppone ancora la zavorra delle console di vecchia generazione. Risen 3: Titan Lords è infatti disponibile per PC, Xbox 360 e PS3, e dunque non beneficia del passaggio generazionale di cui hanno goduto le ultime produzioni multi piattaforma.
Va detto che il livello di dettaglio, specie nelle suddette ambientazioni, è piuttosto alto soprattutto nella rappresentazione della vegetazione e non incide particolarmente sulle prestazioni anche su hardware datato. Nel complesso, un comparto grafico che, dopo un inizio poco riuscito a bordo di una nave in fiamme, si attesta su standard di gradevolezza.
Il nuovo Risen, è a questo punto chiaro, fallisce nelle sue premesse iniziali di riportare Piranha Bytes agli antichi splendori e di riuscire a scrollarsi di dosso la nomea di eterno incompiuto. È così bello stare nel mezzo che, evidentemente, non importa sviluppare qualche idea originale o uscire dagli schemi quasi imposti dalla vecchia scuola ruolistica.
Fin quando questi non saranno abbandonati o quantomeno arricchiti da progettualità fresche e innovative, comunque, alle porte sufficienza è quello che la software house tedesca avrà la possibilità di aspettarsi. Così com’è stato per Risen 3: Titan Lords.
Pro
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Ambientazioni gradevoli, sia nell’introduzione tropicale che in quella prettamente fantasy
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Gameplay immediato e comparto grafico poco pesante anche al cospetto di hardware datato
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Le meccaniche basilari sono quelle classiche dei giochi di ruolo…
Contro
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… anche per questo vi sembrerà di averci già giocato e rigiocato
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Storia sottotono, idem per la narrazione che nonostante i dialoghi a scelta multipla non decolla
Commento Finale
Il nuovo Risen, è a questo punto chiaro, fallisce nelle sue premesse iniziali di riportare Piranha Bytes agli antichi splendori e di riuscire a scrollarsi di dosso la nomea di eterno incompiuto.