MOTHERGUNSHIP è un gioco che unisce delle meccaniche provenienti da generi differenti. Di base è un fps molto vicino agli arena, presenta però anche elementi tipici dei roguelike, come le stanze create in maniera procedurale, e un sistema di creazione delle armi che non si è mai visto in un fps. Ma sarà un mix ben riuscito? Scopritelo nella nostra recensione.
Un ingegnere soldato
Il voler riprendere l’eredità degli fps vecchia scuola, rende MOTHERGUNSHIP uno sparatutto molto frenetico. Grazie all’armatura indossata dal protagonista, potremo muoverci rapidamente e eseguire ben 3 salti consecutivi, dopo il terzo ci sarà un piccolo periodo di cooldown, tutto questo ci sarà essenziale per schivare i tantissimi proiettili nemici. La campagna si divide in differenti missioni, in ognuna di queste dovremo distruggere una nave nemica oltrepassando un numero variabile di stanze generate proceduralmente,(di solito 7-8) piene zeppe di nemici. Fin qui non ci sarebbe niente di nuovo, quello che rende MOTHERGUNSHIP un gioco originale è il sistema di creazione delle armi.
Eliminando i nemici otteniamo delle monete, queste monete possono essere spese in dei negozi presenti ogni 2 o 3 stanze, dipende dalla missione. Nei negozi si possono acquistare non delle armi già costruite ma dei componenti. Nello specifico tre tipologie di componenti: connettori, per unire i differenti pezzi fra di loro, chiusure, delle piccole scatole che danno dei bonus alle armi, e le canne ovvero le bocche da fuoco. Possiamo creare due armi, una per braccio. Il gioco non ci pone limitazioni nella creazione di queste armi, se non il dover equilibrare il consumo di energia.
Non essendoci le munizioni, ogni colpo che spariamo consuma la barra dell’energia dell’arma, azzerare questa barra vuol dire non poter sparare per 2-3 secondi. Ogni canna ha un consumo di energia differente a ogni colpo, e non possiamo decidere di sparare con una canna sola per volta, quindi se si aggiunge un lanciarazzi si deve tener conto che, ad ogni colpo, questo consumerà molta energia.
Tutti i componenti comprati durante le missioni, saranno aggiunti alla nostra raccolta nel Quartier Generale, una nave spaziale in cui potremo scegliere la prossima missione da affrontare, provare alcune combinazioni di componenti (scegliendo fra quelli che abbiamo riportato dalle missioni) da utilizzare poi in missione, potenziare la nostra armatura oppure comprare componenti speciali utilizzando tutte le monete raccolte nelle missioni. Da qui potremo anche scegliere i componenti da portare con noi in missione, che vanno dai 3-4 massimo delle missioni iniziali, ai 6 di quelle più avanzate. Morire in missione vuol dire perdere tutti i componenti che abbiamo portato con noi, una meccanica molto punitiva che peserà parecchio nelle fasi più avanzate del gioco. Vi possiamo assicurare che perdere una mitragliatrice di livello massimo, pagata fior di monete, non è bello.
Dopo avervi dato un’idea di cos’è MOTHERGUNSHIP, passiamo adesso a parlare dei suoi non pochi punti negativi. Il primo è sicuramente lo sbilanciamento della difficoltà per colpa della, non perfetta, creazione procedurale delle stanze. Alcune saranno praticamente impossibili da passare, per via dell’altissimo numero di nemici, altre invece saranno veramente troppo facili. Altro problema è la ripetitività dei nemici e delle stanze. Dopo le prime missioni, le stanze si ripeteranno troppo spesso, cambiano unicamente la disposizione di alcuni nemici e il loro livello.
Reparto tecnico
Graficamente MOTHERGUNSHIP non stupisce e non delude, si attesta su un buon livello senza eccellere in nulla, quello che però ci ha sorpreso in positivo è la solidità del frame rate. Considerando la mole di nemici, e quindi di proiettili, che il gioco deve gestire, siamo rimasti soddisfatti dalla solidità delle prestazioni. Nella nostra prova, abbiamo incontrato solo qualche calo di frame sporadico, per il resto la nostra RX 480 è riuscita sempre a regalarci i 60 fps a 1080p.
