In un modo o nell’altro, la saga di Deus Ex ha costituito uno storico punto di svolta nel mondo videoludico.
A partire dal debutto su PC avvenuto nel 2000, la creazione del geniale Warren Spector ha seguito un percorso evolutivo piuttosto discontinuo godendo tuttavia dei favori di critica e utenza, stregate dal suo carattere sempre ermetico ed intrigante.
Vediamo dunque com’è cambiato il franchise nel giro di 16 anni, alla luce di ben 6 iterazioni multiformi che partono da Windows e finiscono su iOS.
Il primo Deus Ex fu concepito dal già citato Spector in collaborazione con John Romero e lo studio Ion Storm, grazie a cui ebbe modo di esprimere senza limiti tutta la sua creatività dando alla luce il gioco dei propri sogni.
L’ambientazione era l’elemento che saltava subito all’occhio: un cupissimo mondo distopico dai toni cyberpunk dominato da organizzazioni segrete in grado di decidere le sorti di milioni di persone, oppresse ed uccise, con un semplice ordine.
La grandezza del titolo va però ricercata nelle sue meccaniche, non a caso considerate un modello per innumerevoli anni a venire.
Al giocatore veniva concessa la più totale libertà decisionale, dalle opzioni multiple di dialogo alla scelta di approccio alle missioni (stealth, violenza, diplomazia, hacking), con peraltro un level design che lasciava tantissimo spazio di manovra in qualsiasi circostanza e un ottimo sistema di upgrade in stile GDR.
Pensate, si potevano addirittura eliminare boss e personaggi rilevanti per la trama nelle fasi iniziali andando a modificare dinamicamente il flow degli eventi senza intaccare lo spessore narrativo di base.
Tale dimostrazione di superiorità nel game design venne colta appieno dal pubblico e soprattutto dalla critica, che nominò diverse volte Deus Ex Game of the Year inserendolo immediatamente nella lista dei giochi migliori di sempre.
Nel 2003 venne rilasciato un sequel, Invisible War, su PC e Xbox.
Ambientato 40 anni dopo la conclusione del primo capitolo, il secondo lavoro di Ion Storm vedeva l’utente non più nei panni dell’agente JC Denton ma di Alex D., un avatar personalizzabile catapultato in un futuro ancor più grigio in cui la tecnologia si è evoluta a dismisura.
Nonostante la struttura narrativa abbia beneficiato di un migliore adattamento alle scelte del giocatore, alcune meccaniche (sistema di upgrade, gestione delle munizioni, ecc.) vennero semplificate a tal punto da provocare la delusione di molti fan e recensioni poco entusiaste da parte della critica.
Persino gli stessi sviluppatori ammisero in seguito di aver messo sul mercato un prodotto ben lontano dai loro propositi, vuoi per la ricerca d’approvazione dei non appassionati di Deus Ex vuoi per la poca familiarità allo sviluppo su console.
Fatto sta che il capitolo successivo, un misto tra prequel e reboot, uscì su tutte le console dell’allora current gen, ovvero PS3, Xbox 360 e Wii U, oltre al PC.
Deus Ex Human Revolution (2011) fu il primo tentativo di recupero del fortunato brand appartenente adesso a Square Enix in un’interpretazione in chiave transumanistica del background distopico della serie.
Il protagonista era Adam Jensen, un ex agente di sicurezza diventato successivamente una sorta di cyborg a causa degli innesti biotecnologici impiantatigli in seguito ad un attentato alla compagnia per cui lavorava, Sarif Industries.
Il durissimo scontro quasi razziale tra umani e ‘’augmented’’ era il nuovo filo conduttore in ambito narrativo, mentre a livello di gameplay si registrarono cambiamenti ben accolti da tutti.
Eidos seppe combinare al meglio la libertà concessa nel primo Deus Ex alla linearità narrativa del secondo, creando un prodotto accessibile ma allo stesso tempo modellabile a seconda delle preferenze del player.
Non fu esente da difetti visto che in parecchi si lamentarono della salute autorigenerante e delle boss fight mal pianificate, tuttavia al netto dell’esperienza si trattava di un videogioco qualitativamente pregevole.
Due anni dopo uscì su Android e iOS uno spin-off intitolato Deus Ex The Fall, che vedeva i giocatori impersonare Ben Saxon, un ex mercenario al servizio delle forze speciali britanniche alla ricerca di un metodo per smascherare il complotto di un’industria farmaceutica internazionale.
Il gioco non incontrò i favori del pubblico poiché estremamente semplificato nel suo combat system, nel level design ed inoltre afflitto da gravi problemi tecnici nella conversione per PC.
Un destino diverso è toccato invece a Deus Ex Go, puzzle game in esclusiva mobile pubblicato ancora una volta da Square Enix.
Il titolo si presenta bene sia graficamente sia meccanicamente, proponendo enigmi dinamici che divertono e gratificano l’utente ma soprattutto rimanendo fedele all’universo della serie.
Pur non trattandosi di un capitolo principale delle avventure di Adam Jensen, l’esperimento di riparare al mezzo disastro di The Fall è stato senza dubbio portato a termine con successo.
Proprio come Mankind Divided, se si escludono i vari DLC bonus, lo shop in game e il finale raffazzonato al fine di splittare il gioco in due tronconi, come ammesso da alcuni sviluppatori in varie interviste confidenziali sul web.
Pur senza raggiungere le vette del notevole Human Revolution, Mankind Divided è riuscito a tenere alto il nome del brand offrendo una serie di elementi ruolistici ben congegnati, un level design superbo e un lore stratificato e credibile che ha conquistato molti fan.
La situazione, in vista del prossimo Deus Ex, si mantiene fortunatamente pregna di belle speranze ed il trend “windowsiano” iniziato a partire da Invisible War sembra essersi ormai interrotto.
Ci auguriamo dunque che Eidos continui a mettere tutto il suo impegno nella conclusione di questo progetto, tenendo a mente l’importanza storica della creazione di Spector.