Dishonored 2 – Recensione

Dishonored 2 è il seguito di uno dei titoli stealth più apprezzati della scorsa generazione, pertanto le aspettative di questo seguito sono piuttosto alte. Fortunatamente la maggior parte di esse sono state rispettate. Ma vediamo con ordine.

Benvenuti a Karnaca

Quindici anni sono passati dagli eventi del primo e indimenticabile Dishonored: Emily è l’imperatrice, Corvo è il protettore reale, tutti vivono quell’apparente magico senso di felicità tanto caro ai finali delle fiabe, ma ovviamente tutto è destinato ad andare a rotoli. L’antagonista principale di Dishonored 2 è infatti Delilah, che entrata a palazzo si autoproclama imperatrice spacciandosi per la sorellastra della madre di Emily, e quindi legittima erede al trono reale. Aizzando le guardie contro i nostri eroi, al giocatore spetta quindi la difficile scelta di chi interpretare per tutto il gioco, se Emily o Corvo, già protagonista del primo capitolo, facendo fare una brutta fine al personaggio non scelto.
Ma chi è veramente Delilah? Perché ha i poteri dell’Esterno? Quali sono i suoi reali piani? Chi altri l’ha aiutata a eseguire questo suo subdolo piano?
Tutte domande che avranno risposta lungo l’intricata trama – ma purtroppo non così originale – del gioco.
A questo giro il gioco non è ambientato a Dunwall, bensì a Karnaca, splendente città costiera che vive di miniere d’argento, scambi commerciali e pesca. La qualità artistica della città sorprende, perché mentre Dunwall è sporca, buia e col cielo perennemente nero a causa dell’inquinamento dovuto alla massiccia combustione dell’olio di balena, nella capitale di Serkonos, caratterizzata dalla perenne presenza di vento, l’elettricità viene prodotta prevalentemente da turbine eoliche, lasciando così puliti e limpidi i cieli.

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Una parola: Libertà

La possibilità di scegliere il protagonista della vicenda è una interessante novità, e ha permesso gli sviluppatori di sbizzarrirsi e trovare modi interessanti per rendere piacevole una seconda run con il personaggio opposto a quello inizialmente scelto. Corvo ed Emily hanno infatti non solo poteri soprannaturali diversi donati dall’Esterno (ed entrambi sono studiati per essere usati sia per un approccio furtivo che per uno più caciarone) ma hanno diversi background narrativi da raccontare. Sebbene la trama centrale del gioco sia uguale per entrambi, ciò che cambia sono i racconti e i pensieri dei protagonisti, che permettono al giocatore di conoscere meglio il loro passato. Basta dire che Karnaca è la città natale di Corvo.

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Uno dei punti cardine di Dishonored 2 è la libertà di scelta concessa al giocatore, sia per quanto riguarda l’approccio da adottare, sia per come completare ogni missione. Il titolo possiede infatti livelli con un level design incredibilmente complesso e curato, non solo dal punto di vista estetico (ambientazioni come la casa di Jindosh, la villa di Stilton o il Gran Palazzo difficilmente si scorderanno), ma soprattutto dal punto di vista del gameplay. Le mappe infatti sono grandi ed esplorabili praticamente da cima a fondo, consentendo di trovare bottino da rubacchiare, Rune e Amuleti d’osso, svariate missioni secondarie che si possono attivare leggendo note, parlando con particolari personaggi o addirittura origliando conversazioni, e come ricompensa di solito si ottengono progetti, soldi, sconti nei mercati neri, o addirittura modi inediti per proseguire nel livello.
La peculiarità principale dei livelli infatti è la possibilità di completare gli stessi in decine di modi differenti, sia come approccio che per percorsi scelti, e la sfida maggiore è ovviamente quella di trovare il percorso ideale senza essere visti e senza uccidere nessuno.

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Il passo felpato

Una delle poche note dolenti del titolo risiede, come già si può ben immaginare, nell’IA, che risulta essere altalenante. Alle volte è capace di comportarsi in maniera davvero inaspettata (le guardie infatti si accorgono di compagni mancanti o di porte e finestre lasciate aperte, e come conseguenza variano il loro giro di ronda, oppure possono aiutare i compagni a loro vicini che hanno scorto anche solo per un istante il giocatore), altre volte si comporta in maniera stupida o insulsa, come quando un avversario scopre il giocatore e urla aiuto, tutti immediatamente sanno dove si trovi. Un classico fenomeno di telepatia presente in ogni gioco stealth, ma che speravamo per una volta che fosse assente.
Il comportamento deficitario dell’IA viene parzialmente salvato dalla percezione degli avversari, in cui generalmente i nemici possono scorgere il giocatore ben nascosto e lontano (anche se purtroppo hanno una verticalità del loro cono visivo alquanto stretto, ciò significa che paradossalmente i nemici che sono a due metri dal giocatore appollaiato su uno scaffale non lo scorgeranno mai, mentre quelli più lontani avranno più probabilità di vederlo), e a questo aggiungiamo una reattività molto veloce, ovvero quando un avversario scorge il giocatore, ci vuole davvero pochissimo tempo perché si riempia del tutto il solito simbolo della sua consapevolezza, e se dovesse succedere, in quel caso è pronto per passare alle mani e allertare i propri compagni.

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Sguainare la spada e aprirsi la strada a suon di fendenti e colpi di pistola sembra ragionevole per chi non vuole districarsi a cercare percorsi nascosti o saltellare sui tetti e vuole arrivare dritti al punto, ma va detto che il combat system di Dishonored 2 pecca davvero tanto ed è poco appagante, soprattutto in virtù di un feedback dei colpi di spada davvero insufficiente. Spesso, a causa delle hitbox, si ha la sensazione che i colpi vadano a segno anche quando non dovrebbero e viceversa, complice le animazioni che paiono non sincronizzate con quando i colpi vengono registrati. È chiaro quindi che gli sviluppatori si siano impegnati di più sulla parte furtiva del titolo a discapito di quella d’azione. In ogni caso, proprio come il precedente capitolo, uccidere troppe persone farà scattare il finale cinico.

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Analisi Tecnica

Il titolo si appoggia al Void Engine, una versione pesantemente modificata dell’id Tech 5. La resa visiva è molto buona, e il gioco è capace di sfoggiare bellissimi panorami artisticamente ispirati e ben dettagliati, mentre i dettagli delle texture viste da vicino purtroppo non sorprendono. Il doppiaggio in italiano è purtroppo dimenticabile, per via di alcune voci inespressive e piatte. Questa volta pure a Corvo hanno dato una voce, anche se la controparte italiana mi è sembrata un po’ più sporca di quanto mi sarei aspettato, ma si fa comunque ascoltare.
Ora vediamo la parte più controversa del titolo: le performance.
Purtroppo, nella nostra prova, sebbene il titolo fosse in grado di tenere i 60fps nella maggior parte delle situazioni, spesso e volentieri (ma dipende fortemente nella zona, spesso basta entrare in una stanza) crollava sui 40fps, causando anche episodi di stuttering (fortunatamente rari nel mio caso) mentre nella villa di Stilton (da quello che abbiamo potuto sperimentare è la zona più pesante del gioco) scendeva addirittura a 30fps.Sebbene il titolo fosse tutt’altro che ingiocabile anche a queste condizioni, rimane una situazione inaccettabile, sopratutto sulla mia personale configurazione (i5-4690k, 16Gb di RAM, GTX 980), e considerato anche che giocavo a dettagli medio-alti, in quanto per giocare a ultra è consigliato almeno un processore più potente. Perlomeno, di crash lungo l’avventura ne ho avuti due, e per un gioco in cui è possibile utilizzare il quicksave a piacimento è un numero accettabile.
Per finire, una nota sulla longevità. È già stato accennato che il gioco possiede una notevole rigiocabilità, ma la durata complessiva della prima run, se fatta completamente in stealth pacifista, si attesta sulle 20 ore e più: questo se vi mettete anche a esplorare ogni anfratto per trovare segreti, cercare e finire ogni missione secondaria che il gioco propone.

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Benchmark e comparazioni

Ci sono ben 6 preset (Molto Basso, Basso, Medio, Alto, Molto Alto, Ultra), più una comoda opzione per impostarle automaticamente in base alla propria configurazione. Le opzioni da modificare sono le seguenti.

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Ogni opzione può essere impostata da Molto Basso fino a Ultra, consentendo un’ottima personalizzazione. L’antialiasing ha invece come opzioni No, FXAA Basso, FXAA Alto, TXAA 1x. Le ultime impostazioni, quelle in cui è possibile scegliere sì o no, vengono abilitate tutte dal preset Alto in su. Ma come si può vedere dalle immagini sottostanti (prese con HBAO+ sempre attivo, FOV a 100 e Risoluzione Adattiva a 75), la differenza di qualità usando preset diversi sono veramente marginali, e pure a livello di prestazioni sono impercettibili, con l’unica eccezione del livello ultra, dove effettivamente si possono avvertire cali più violenti, nonché problemi di fluidità nel mouse. L’unica cosa che viene aggiunga a livello ultra a discapito delle altre è il riflesso dell’acqua.

Nonostante i cali di frame, il titolo viaggia mediamente bene, come si può notare dalla tabella sottostante. Non ci è stato possibile fare le prove in 1440p e in 4K, in quanto il gioco sembra non supportare a dovere il DSR di Nvidia, creando artefatti grafici e non adattando a dovere al monitor l’immagine nativa.

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Conclusioni

Dishonored 2 è uno dei migliori stealth game in prima persona sulla piazza, grazie agli affascinanti e indimenticabili livelli, la grande libertà d’azione concessa al giocatore e alla buona narrativa, anche se sostenuta da una trama non originalissima. Sebbene l’IA presente a volte si comporta in maniera stupida, è comunque tra le migliori tra gli esponenti di questo genere.
Rimane il problema delle prestazioni, che per quanto siano inaccettabili non pregiudicano la fruibilità del titolo, si spera che l’imminente patch possa renderle stabile e far apprezzare a tutti questo gioiellino.

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