Diciamoci la verità. La storia insegna che quando un titolo è in sviluppo per quasi due lustri, i casi sono due: o ti chiami Rockstar ed esce un capolavoro, oppure esce una schifezza, specialmente se nel frattempo sono state cambiate numerose software house che hanno preso in mano il progetto.
Dead Island 2 è in sviluppo da più di due lustri, sì, Deep Silver, il publisher, ha assegnato il progetto a ben tre software house (dapprima a Yager Development, poi il progetto è passato in mano a Sumo Digital, e infine è toccato a Dambuster – questi ultimi meglio noti come gli sviluppatori di Homefront: The Revolution), sì, eppure non è uscito una schifezza. Certo, come vedremo nella nostra recensione, Dead Island 2 non è un capolavoro, non è un videogioco perfetto, ha la sua dose di problemi, l’ambizione la si vede che è stata scaraventata fuori dalla finestra durante tutti questi anni di sviluppo travagliato, eppure è un gioco che sa il fatto suo, sa divertire, e, udite udite, gira pure bene.
Dead is L.A.(nd)
L’incipit di Dead Island 2 è alquanto semplice: dieci anni dopo che sull’isola di Banoi, in cui si svolsero le vicissitudini di Dead Island, avvenne una tremenda infezione che trasformò praticamente tutti in zombie, il virus alla fine riuscì a spargersi anche nel resto del mondo. Il giocatore vestirà i panni di un sopravvissuto a Los Angeles, amichevolmente ribattezzata Hell A., che scoprirà nel peggiore dei modi di essere immune a questo virus, e avvantaggiandosi di questa rara condizione cercherà anzitutto di un modo per andarsene da questo posto infernale, aiutando nel frattempo i sopravvissuti che incontrerà. Non aspettatevi dunque una trama del gioco profonda o con personaggi dalla personalità complessa, ma per un gioco di zombie va bene anche così. I personaggi fuori di testa invece abbondano, e sono esattamente come ce li si aspetterebbe. È anche presente un ritorno di uno dei protagonisti di Dead Island, e dato che farete la sua conoscenza nel prologo, non faremo chissà quale spoiler dicendovi che è Sam B. A dispetto di quello che ci si aspetterebbe, a questo giro Sam B. fa la parte del cauto, che diffida dei militari presenti in loco e piuttosto aspetterebbe che gli zombie muoiano di fame rinchiuso nella bellissima casa della sua ex-fiamma nonché star del cinema Emma Jaunt a Bel Air piuttosto che uscire per cercare aiuto e mettere a repentaglio la vita degli altri sopravvissuti. Ma il protagonista del momento ovviamente non accetta questo passivismo, e pertanto decide di rischiare la vita andando a zonzo nei quartieri più in voga di Hell A.
Purtroppo, la California è nota per essere molto restrittiva sulle armi da fuoco al contrario del resto degli Stati Uniti, pertanto il giocatore si troverà costretto a dover usare per la maggior parte del tempo armi corpo a corpo, spesso improvvisate, per potersi difendere dai non morti – o almeno, questa è una nostra interpretazione. Ovviamente le armi da fuoco non è che mancheranno, e a dispetto del primo Dead Island saranno in numero maggiore. Saranno infatti presenti carabine, potenti revolver, mitragliette, pistole, fucili da cecchino, fucili a pompa, e così via, ma il numero esiguo di munizioni che si possono portare dietro rende il loro utilizzo alquanto sporadico. Non mancheranno ovviamente anche armi lanciabili, come molotov, tubi bomba, shuriken e così via, ma la loro gestione non è intuitiva: penserete che per usarle basterebbe trovare la ricetta e crearne a iosa su un banco di lavoro, usando i numerosi componenti che raccatterete in giro, ma sbagliereste assai. Contro ogni possibile logica, una volta trovata l’arma lanciabile in questione, essa arriva in numero infinito, ma una volta lanciata bisogna aspettare un cooldown abbastanza lungo prima di poterla usare di nuovo. Una cosa del genere previene certamente lo spam e il tedio appunto di dover cercare un banco da lavoro per fabbricarle, ma fa venire meno la sensazione “survival”, a differenza delle altre meccaniche inserite.
Fermo restando che il fulcro del combattimento rimane il corpo a corpo, siamo felici di dire che almeno è fatto bene, anche se non raggiunge i picchi già raggiunti da altri esponenti del genere. Il numero di armi improvvisate su cui si possono mettere le manacce è veramente alto, si parla a bastoni e tondini trovati per strada a rastrelli e accette, passando poi per spade, katane e mazze da baseball, senza poi contare le numerose modifiche che si possono applicare per renderle ancora più forti. Si passa da modifiche standard che aumentano solo il danno, la velocità d’attacco, la resistenza dell’arma, a danni elementali come fuoco, elettricità e caustico, fino a modifiche un po’ più esotiche come la possibilità di creare una esplosione quando si esegue un critico, e molto altro ancora. Naturalmente queste modifiche andranno prima trovate sottoforma di progetti, progetti che si trovano principalmente esplorando e tenendo gli occhi bene aperti, o qualche volta come ricompensa di una missione.
Il miglior gore system di sempre
Dambuster ha ben pensato che in un gioco di zombie i giocatori siano appagati da come trucidano i cadaveri ambulanti, e così ha voluto creare un gore system a dir poco esagerato. E hanno fatto bene. Dead Island 2 possiede infatti un gore system che non ha nulla da imparare da altri esponenti del genere. Non solo si potranno amputare arti o teste, il minimo sindacabile, con le immancabili armi affilate, ma anche causare danni di svariata natura a seconda di cosa si impugna. Usando armi contundenti, ad esempio, si potranno generare fratture, spesso talmente gravi che si possono vedere le ossa spezzate fuoriuscire dalla carne, far schizzare gli occhi fuori dalle orbite o dislocare la mandibola se si colpisce la testa. Senza poi dimenticarsi dei danni causati dal fuoco che carbonizzano o quelli più impressionanti causati da sostanze caustiche che disciolgono vestiti, pelle, muscoli, fino a far intravedere l’intero scheletro sottostante. Insomma, di sangue e budella ne scorreranno in abbondanza.
Di certo non mancherà la carne marcia su cui provare e sperimentare nuove combinazioni di armi ed effetti di stato. Le aree di gioco saranno sempre infatti farcite di roba da martoriare, senza mai lasciare i giocatori soli o dando loro una sensazione di sicurezza. Non siamo ai livelli di un Left 4 Dead, ma se si è distratti il rischio di trovarsi circondati e finire abbattuti è un attimo – ma la punizione per essere morti è solo quella di perdere tempo per ritornare sui propri passi una volta respawnati (ricordatevi che è un titolo multiplayer). A tal proposito abbiamo trovato a volte fastidioso lo spawn degli zombie che a volte pare essere fin troppo aggressivo. Stanze o strade che sono state ripulite vengono ripopolate in così pochissimo tempo da risultare a volte fin troppo inverosimile nonostante il tema “apocalisse di zombie”.
Ci è anche piaciuta la varietà di zombie che sono stati proposti. Oltre ai classici Camminatori, Barcollatori e Corridori, ci sono ovviamente zombie speciali, come i Frantumatori che sono dei colossi resistentissimi e che fanno danni ad area, i Bavosi che vomitano una roba corrosiva, le Urlatrici, al femminile perché sono tutte femmine, che urlano attirando l’attenzione della carne da cannone normale (e sono parecchio fastidiose per i timpani), e molti altri. Ma ci sono anche zombie normali con attributi speciali, come i Rider, che sono zombie con il tipico zaino da consegna a domicilio riempiti con cibo e munizioni, zombie pompiere che per via della loro tuta sono immuni al fuoco, soldati zombie che possono essere protetti da una corazza che va distrutta prima di poterli danneggiare, oppure che hanno delle granate attaccate al proprio gibernaggio che una volta colpite esplodono distruggendo tutto ciò che hanno nei dintorni, oppure degli zombie avvolti da filo spinato che causano emorragie quando attaccano. La fantasia di certo non è mancata in fase di sviluppo e tale varietà aiuta a tenere freschi i numerosi scontri.
Sei disgraziati in cerca di una via di fuga
Non poteva chiamarsi Dead Island 2 se non aveva un sistema di progressione scandito da livelli che stabiliscono quanto danno si riceve qualora si incontri qualcuno di livello più alto del proprio. Il meccanismo è semplice: si guadagnano punti esperienza uccidendo zombie o completando le missioni primarie o secondarie e si sale di livello quando si accumulano una certa quantità di punti. A differenza del predecessore però è stato tolto l’albero delle abilità, sostituito da un sistema di carte, le quali sono raggruppate in quattro diverse categorie, rispettivamente con cinque slot, due con quattro, e l’ultimo con due. Ogni tanto quando si sale di livello o si prosegue con la storia si sbloccano degli slot nuovi per poter equipaggiare più carte.
Molte delle carte sbloccano vere e proprie abilità, come poter dare un calcio in corsa o parare i colpi avversari, altre forniscono bonus passivi in combattimento, come ad esempio recuperare salute quando si para un attacco avversario, aumentare i propri danni per qualche secondo quando si uccide uno zombie, e così via. Il vantaggio di questo sistema è che è molto flessibile, permette infatti di cambiare carte in qualunque momento, senza spendere soldi per il respec, in modo da dare al giocatore la possibilità di sperimentare qualunque assetto desideri, lo svantaggio è che tutto questo sistema non dà molte soddisfazioni come fa un albero delle abilità, non fa desiderare di livellare solo per sbloccare quell’abilità che era stata adocchiata all’inizio del gioco, e complessivamente su questo aspetto il gioco poteva fare di più.
Il gioco offre sei personaggi giocabili, ma a parte alcune carte esclusive (e le proprie linee di dialogo ovviamente) e due abilità permanenti, non presentano differenze tra di loro. Nessuno è l’esperto di armi contundenti, nessuno è l’esperto di armi da lancio, e così via, nessuno ha abilità esclusive da cambiare radicalmente gli equilibri del gameplay, rendendoli dunque tutti uguali tra di loro. E forse questo è l’aspetto più deludente di tutta la produzione.
Ritorna anche, in versione rivista e corretta, la modalità Furia. Dopo aver ricaricato la barra a suon di pestaggi o bevendo bevande energetiche, il proprio personaggio, alla pressione dell’apposito tasto, entrerà in uno stato di furia omicida, probabilmente indotto dal virus a cui è infetto, e anziché usare forconi, mazze o altre armi corpo a corpo, farà a pezzi gli zombie con le proprie mani nude. Anche in questo caso è un peccato che non ci siano differenze di questa modalità tra i vari personaggi e che sia uguale per tutti a differenza del predecessore.
Sempre sopra le righe
Incredibile come dopo tutti questi anni lo stile di gioco sia esattamente come lo è stato dipinto dal primo trailer pubblicato nel 2014, scanzonato, poco serio, sopra le righe nonostante i temi coinvolti. Purtroppo, negli ultimi tempi gli scrittori che tentano di fare qualcosa di “sopra le righe” finiscono invece col creare “cringiate”, farcendo il gioco di personaggi e dialoghi a dir poco imbarazzanti capaci di urtare l’intelletto di noi esseri umani. Fortunatamente Dead Island 2 trapassa poche volte questo sottilissimo confine, e riesce anche a strappare qualche risatina di quando in quando. Non tutti i personaggi sono stati creati equamente, alcuni sono un po’ più seri, altri meno credibili, ma quella che abbiamo scelto, Dani, ci è piaciuta, ella è infatti una irlandese ubriacona e amante del rischio, ma comunque con una testa sulle spalle e che sa ragionare quando l’occasione lo richiede.
A dispetto di quanto si possa aspettarsi, Dead Island 2 non è propriamente un open world. Non è infatti composto da una unica mappa grande svariati chilometri quadrati, ma da mappe di dimensioni modeste unite tra loro. Si potranno sbloccare le successive mappe soltanto quando le missioni primarie o secondarie che siano lo richiedono. Una soluzione del genere rende dunque l’esplorazione molto più appagante e ha raso al suolo le cosiddette zone vuote, in quanto tutte, nel bene e nel male, sono state caratterizzate come si deve. Per darvi un esempio di ciò che il gioco offre di Hell-A., si parte dai vicoli di Bel Air con le sue lussureggianti case, si prosegue per la zona collinare di Beverly Hills, fino a trovarsi all’affollata Venice Beach, senza dimenticarsi delle immancabili fogne (Sewer Count: 234). Essendo un looter shooter, l’esplorazione farà guadagnare al giocatore non solo materiali per il crafting, ma anche armi di un certo livello e di una certa rarità, niente di nuovo su questo aspetto dunque. Esistono tuttavia particolari aree chiuse da un fusibile acquistabile a caro prezzo da alcuni rivenditori, dove al suo interno ci sarà sempre loot di alto livello, anche se a volte sono accompagnate da pericoli ambientali, piccoli puzzle che andranno risolti se non si vuole prendere troppo danno. Dato che i soldi non mancheranno, assicuratevi di portarne sempre uno con voi, non si sa mai! Una curiosa aggiunta che è stata fatta è la possibilità di far salire di livello le proprie armi al banco da lavoro, in modo da far combaciare le sue caratteristiche con le sue sorelle di livello più alto. Un’aggiunta a nostro avviso non da buttare, che permette di poter usare la propria arma preferita anche contro avversari di livello superiore senza sperare di ritrovarla aggiornata pregando il buon RNGesù. Purtroppo, dato il costo elevato in termini economici di questa operazione, anche se abbiamo detto che i soldi non mancano, è una cosa che si può realisticamente fare solo con un numero molto limitato di armi, a meno che non si farmino deliberatamente soldi a più non posso, per cui pensateci bene.
Graficamente, Dead Island 2 è davvero un bel vedere. Con le giuste impostazioni è possibile ottenere una delle grafiche più sbalorditive di quest’anno, specialmente per quanto riguarda gli interni che sono per la maggior parte ben curati, tant’è che la maggior parte degli screenshot presi in queste aree non sembrano nemmeno provenire da un videogioco. La parte migliore di tutto questo? Che il gioco gira davvero bene anche su computer modesti senza dover usare tecnologie di upscaling. In quest’epoca costernata da produzione rilasciate in uno stato a dir poco pietoso provenienti sia da studi di piccole dimensioni che da studi importanti, vedere un gioco che ha subìto svariati ritardi ed è stato preso in mano da ben tre sviluppatori girare bene pur avendo una grafica eccellente fa sorgere qualche domanda riguardo a come vengono considerati i clienti paganti da certi publisher.
Certo, questo non vuol dire affatto che il gioco sia esente da difetti o bug o problemi, ma nella nostra avventura siamo incappati solamente in problemi di natura minore, bug evidentissimi che però non hanno inficiato nel nostro proseguimento o hanno intaccato la nostra pazienza e su cui si può anche sorvolare. Per esempio, una volta ci è capitato che uno zombie sprofondasse nell’oblio sotto un pavimento, e un’altra volta è partito un allarme da una macchina a cui mancava la batteria (è una feature che viene anche esplicitamente insegnata quella di rimuovere le batterie dalle automobili per evitare che suonino l’allarme allertando tutti gli zombie nei dintorni). Più qualche bug al sonoro qui e là e alcune texture che si caricano con forte ritardo. L’impressione comunque è che Dead Island 2 sia un titolo fatto e finito, ma non ripulito al 100%, niente che qualche patch non possa sistemare.
Conclusioni
Dead Island 2 rappresenta una piacevole sorpresa che merita un’occhiata. Nonostante lo sviluppo travagliato, Dambuster è riuscita a ridare una valida possibilità a un titolo la cui uscita giaceva in un limbo di incertezza. Non è un gioco esente da problemi di natura minore e che forse sa di scorsa generazione, ma sa divertire il giusto, specialmente in compagnia, e il suo gore system manderà in visibilio gli amanti del sangue e della violenza. Il suo tallone d’Achille è probabilmente la scarsa differenziazione in termini di gameplay dei protagonisti che si possono scegliere e il nuovo sistema di carte d’abilità, che per quanto sia flessibilissimo non offre lo stesso livello di appagamento di un rigido albero delle abilità, riducendo la soddisfazione di salire di livello.