Tempo addietro ci eravamo occupati dell’annosa questione Greenlight sottolineando le pesanti responsabilità di Valve in merito al malfunzionamento del sistema di sottomissione basato quasi esclusivamente sulla quota d’ingresso e il via libera degli utenti. Non potendo più ignorare il problema shovelware né le preoccupanti statistiche che vedono l’80% della libreria di Steam risalire a non più di tre anni fa, i vertici del colosso di Bellevue hanno deciso di cambiare rotta, forse. A sostituire Greenlight, a partire dalla prossima primavera, sarà il nuovo metodo Steam Direct. Vediamo in cosa consiste e se si tratta davvero di un cambiamento in meglio.
Come accennato nell’articolo sul blog della piattaforma, a Valve interessa ripristinare un rapporto diretto con gli sviluppatori. Per far ciò verranno innanzitutto richiesti documenti personali o aziendali, certificati relativi a tasse/reddito e infine una quota d’ammissione recuperabile per ogni gioco. Quest’ultimo elemento, però, non è stato approfondito con chiarezza dal post. Si parla di una cifra ancora da concordare prendendo in considerazione un range che va dai 100 ai 5000 dollari. Ancora meno chiare sono le modalità di recupero della data somma. L’opzione più accreditata prevede la detrazione di tale quota dalla percentuale di Valve nel totale delle vendite del singolo gioco, tuttavia sarebbe auspicabile un utilizzo leggermente differente. Il metodo ideale sarebbe il seguente: lo sviluppatore paga, il suo gioco arriva su Steam e in base alla ricezione del pubblico o a determinati standard qualitativi ancora da definire riceve indietro la “cauzione” pagata.
Ma tornando con i piedi per terra, è facile rendersi conto di quanto Steam Direct sia fallato già in partenza. La quota d’ammissione significa veramente poco in ottica shovelware, l’elefante nello stanzino ingigantito dall’assoluto fallimento anarchico di Greenlight. Affidandosi agli algoritmi Valve ha ultimamente migliorato di gran lunga la homepage di Steam rendendo meno difficoltoso discernere i titoli meritevoli dalla spazzatura; tuttavia il problema flood rimane ancora in tutta la sua enorme portata. Inutile girarci attorno: la vera soluzione sarebbe il controllo qualità. E no, non parliamo dei curatori. Serve un organo interno adibito alle mansioni di scrematore perché se un prodotto come The Slaughtering Grounds riesce ad essere pubblicato vuol dire che serve assolutamente qualcuno o qualcosa che impedisca ai furbetti e ai truffatori di abusare della piattaforma. Figurarsi se una semplice tassa possa improvvisamente fermare l’incessante affluire della corrente di rifiuti videoludici che ogni giorno sovraffolla la libreria di Steam. Anzi, potrebbe al contrario impedire agli sviluppatori indipendenti privi di budget di pubblicare i propri giochi.
Non è una situazione facile da gestire, ce ne rendiamo conto, d’altronde persino Apple fatica a trovare il bandolo della matassa sul proprio store a dispetto di un quality control molto più serrato rispetto alla concorrenza. In ogni caso Direct non punta a ridurre il numero dei prodotti di infima qualità ma a ridurre il numero di prodotti sul negozio in generale. Se si vogliono debellare gli shovelware una volta per tutte, è obbligatorio pensare a soluzioni ad-hoc. Steam, nel corso degli anni, ha costituito un importantissimo punto di approdo per programmatori, designer, musicisti ed altre persone che non avrebbero mai immaginato di poter arrivare a confrontarsi con il grande pubblico. Ora, giacché Valve non ha la minima intenzione di spendere un centesimo nel controllo qualità e nella verifica dei prodotti su Greenlight, si sceglie di inserire paletti indiscriminati per chiunque. Un po’ come il travel ban di Trump. Soltanto un concentrato di pigrizia.