Ambientato a Volterra, in Toscana, nel realmente esistente ospedale psichiatrico locale abbandonato, The Town of Light mette il giocatore nei panni di Reneè, giovane donna venuta ad indagare sul suo passato, internata e ricoverata durante la sua adolescenza, ma nulla ricorda di quei giorni, né su cosa sia accaduto.
Benvenuti nel regno della follia
The Town of Light, dell’italiana LKA, è un’avventura, o meglio dire un’esperienza, in prima persona, in cui si rivivranno i ricordi confusi e alterati della protagonista, mentre cerca di ricostruire tutto il suo passato e i suoi giorni durante la sua degenza nell’ospedale, leggendo documenti, ritrovando lettere perdute o giocattoli dimenticati. A dispetto di quanto possa sembrare, il titolo non è un horror, non ci saranno momenti spaventosi o jumpscare inaspettati, bensì tutto ruota sull’atmosfera che si respira durante l’esplorazione di un manicomio abbandonato e in disuso, lungo dedali di corridoi con pareti erose dall’umidità, stanze da letto con materassi marcescenti e i ricordi delle urla martellanti degli altri pazienti che incessantemente mettono continuamente a rischio il benessere della tranquillità.
The Town of Light è più un viaggio non solo alla riscoperta di un passato cancellato dalla propria mente, ma anche un viaggio culturale per il giocatore che vede in prima persona la crudeltà e la spietatezza della medicina psichiatrica negli anni ’30 nei confronti di un manipolo di persone a cui la speranza di uscire guariti è stata tolta impunemente, ove atti a dir poco disumani venivano chiamati cure e i malati di mente venivano trattati alla stregua di cavie da laboratorio più che da esseri umani con una dignità.
A caccia dei ricordi perduti
La storia non solo è narrata dai documenti, ma anche dalla stessa Reneé che racconta i propri ricordi, benché incompleti o confusi, in terza persona, come a dire che la vecchia Reneè che un tempo era ricoverata non esiste più. E a tal proposito, la sua follia, la sua malattia mentale, colpisce ancora la mente della donna, tant’è che per fare un esempio, non appena si metterà piede all’interno dell’ospedale, la protagonista si metterà un obiettivo in testa, quanto assurdo quanto melanconico, ovvero ritrovare la sua vecchia bambola Charlotte e metterla in salvo. Obiettivi che di primo acchito sembrano insulsi, senza senso, ma che donano alla protagonista il realismo del ruolo che essa stessa svolge, e solo chi avrà il buon cuore di mettersi nei panni di questa povera donna potrà capire. Nel complesso, la storia raccontata da The Town of Light è alquanto realistica, angosciante, e viene raccontata grazie anche ad artwork che mostrano scene alquanto crude o rivivendo in prima persona i ricordi perduti con tonalità di grigio.
Non ci sono enigmi, solo tanta esplorazione, anche se spesso e volentieri capire che cosa bisogna effettivamente fare è alquanto oscuro, ma nel caso si rimanga impantanati da qualche parte, c’è sempre il tasto aiuto, che suggerirà il giocatore dove dovrà dirigersi. Rimane comunque un gioco che si finisce tranquillamente in tre ore, ma sono presenti dei piccoli bivi narrativi che il giocatore dovrà scoprire e intraprendere. Essi non modificheranno il finale, ma forniranno ulteriori indizi sulla vita della protagonista vissuta in quel posto. Durerà anche poco, ma saranno ore che non dimenticherete mai più.
Per chi vede la pagliuzza nell’occhio
Dal punto di vista tecnico e grafico, The Town of Light si difende bene soprattutto negli ambienti al chiuso, grazie anche a texture molto ben dettagliate e una cura per i dettagli davvero notevole, nonché un comparto sonoro che svolge magistralmente il suo lavoro, grazie anche a un doppiaggio in italiano che si difende bene. Sul fronte delle opzioni video, sono presenti le classiche impostazioni, qualità generale, qualità texture, detagli delle ombre, densità dell’erba, anti aliasing e occlusione ambientale, ma è anche possibile aggiustare il FoV. L’unica pecca sul fronte grafico è che negli esterni mostra un po’ il fianco dato dal caricamento un po’ troppo ravvicinato di certi elementi come il fogliame e l’erba, ma assolutamente niente di grave per il genere di gioco. Altro difetto non da poco, ma perdonabile per lo stesso motivo, è insito nei comandi, che risultano essere abbastanza legnosi: il personaggio si muove infatti in maniera poco fluida, ma essendo questo un gioco non basato su riflessi e sulla fluidità, si può tranquillamente sorvolare e non ci si farà più caso dopo giusto dieci minuti di gioco.
Differenze tra Ultra e Bassa Qualità
A destra, le immagini sono a bassa qualità, mentre quelle a sinistra sono a ultra. Su un pc di fascia alta, con tutti i dettagli al massimo, il gioco oscilla tra i 90 e i 120fps.
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Come si può vedere, la differenza di qualità la si nota soprattutto negli esterni, mentre negli interni è quasi impercettibile, anche se molti particolari, come nella foto d’esempio il graffito, diventano sfuocate, e stranamente questo effetto viene applicato anche nel menù di selezioni dei capitoli. Se proprio avete un pc che non ce la fa, cercate almeno di tenere alta la qualità delle texture.
Commento Finale
The Town of Light è un’esperienza videoludica in cui tutto ruota attorno alla narrazione, e riesce a stare in piedi e intrattenere dall’inizio alla fine anche senza enigmi, senza combattimenti, senza spaventi o presenze fisiche grazie a una storia narrata magistralmente, agghiacciante e angosciante al punto giusto, corroborate dal fatto che la maggior parte delle cose accadute alla giovane Reneé succedevano per davvero tutti i giorni in questo tipo di istituti di igiene mentale di quel periodo, ma soprattutto grazie all’atmosfera che si respira, desolata e cupa, eppure è come se ad ogni angolo qualche ombra dovesse prendere vita propria e aggredire il giocatore. O forse è una illusione influenzata dalla follia della protagonista.