La Terra di Mezzo: L’Ombra della Guerra – Recensione

Con L’Ombra della Guerra cala il sipario su una delle serie, La Terra di Mezzo, più significative degli ultimi anni in termini di originalità meccanica. Con il suo Nemesis System Monolith è riuscita a rivoluzionare in positivo quello che sarebbe altrimenti stato uno dei tanti action RPG sul mercato occidentale, sebbene elevato dall’appartenenza al brand del Signore degli Anelli. L’ultimo lavoro dello studio americano, sempre sotto l’egida di Warner Bros, si prefigge di mantenere inalterate tutte le caratteristiche migliori dell’Ombra di Mordor ampliando il mondo di gioco e arricchendolo contenutisticamente, nonché concludendo la narrazione degli eventi. Analizziamo se e come gli obiettivi siano stati o meno raggiunti.

Nel capitolo precedente avevamo osservato il buon Talion e lo spettro Celebrimbor dare fondo alle proprie energie per sconfiggere la Mano Nera di Sauron pur senza ottenere un significativo vantaggio nei confronti del Signore Oscuro. I due si erano così decisi a forgiare un nuovo anello, puro e potentissimo, che potesse soggiogarlo e porre fine al suo regno su Mordor. L’Ombra della Guerra inizia appunto con la creazione di tale anello, indossato da un Talion quanto mai determinato a vendicare definitivamente la famiglia e riportare la pace nella Terra di Mezzo. Durante il corso della storia il nostro incontrerà diversi personaggi, tra cui delle vecchie conoscenze, che lo assisteranno nelle varie missioni di riconquista della regione. Sì, perché per sconfiggere Sauron bisogna prima allentare la sua morsa e sventrare accampamenti e fortezze presidiate dagli orchi.

Queste missioni vengono suddivise in base alla zona dove si svolgono e la loro struttura, per quanto varia, verte unicamente all’espugnazione dei presidi di Uruk organizzati a cittadelle. Ciò fa sì che il giocatore sia invogliato a combattere pressoché senza sosta per instaurare un dominio duraturo allo scopo di prevenire eventuali rivolte interne. Allo stesso tempo, però, gli incessanti scontri mettono in secondo piano l’approfondimento di alcuni personaggi e di parti della trama che rimarranno lacunose fino alla conclusione. Le sezioni finali appaiono peraltro affrettate e lasciano un certo rimpianto verso quello che avrebbe potuto essere un eccellente comparto narrativo ma che in realtà si è accontentato di raggiungere la sufficienza. Non basta la flebile connessione con l’incipit della Compagna dell’Anello: Talion e compagni, a nostro modo di vedere, meritavano di più sotto ogni punto di vista. Speriamo che quantomeno i DLC siano capaci di riempire i tasselli mancanti.

In termini strutturali e meccanici L’Ombra della Guerra conferma e migliora quanto dimostrato dal predecessore, aumentando a dismisura le dimensioni del suo open world e riempiendolo fino all’orlo di missioni e obiettivi secondari. Ci sono quest relative alla caccia, al rinvenimento di collezionabili, upgrade e tanto altro. Ovviamente predominano quelle riservate alla distruzione dei ranghi “orcheschi”, con il Nemesis System che continua ad essere il piatto forte dell’intera produzione. Per chi non lo sapesse si tratta di un sistema atto alla creazione di rivalità dinamiche tra il giocatore e l’intelligenza artificiale. Uccidere un orco di rango elevato significa minare la struttura gerarchica degli eserciti di Sauron, al contrario venire ucciso da uno di loro comporta la promozione del suddetto orco e l’inizio della sua scalata al potere, senza dimenticare che esistono delle lotte intestine governate dall’IA a seguito delle quali vengono eletti nuovi capitani e ufficiali.

È un sistema incredibilmente complesso e intrigante che da solo traina l’intera esperienza di gioco rendendola pressoché infinita, visto anche il respawn periodico di certi orchi. Quanto al combattimento non registriamo particolari novità salvo l’introduzione di nuove skill che mitigano (ma non risolvono del tutto) il problema intrinseco del button mashing nel Free Flow System. Pur non essendo fan dei quick time event, ad ogni modo, dobbiamo ammettere che il numero talora spropositato di nemici a schermo lo rende sicuramente una scelta sensata. Dicevamo delle nuove abilità, che in effetti donano un numero maggiore di opzioni, offensive ed evasive, durante gli scontri. Esse si legano alla progressione del personaggio in modo abbastanza lineare ed è possibile ottenerne una a livello, con tanto di sottocategorie bonus, scegliendo tra i vari rami. Talion può inoltre equipaggiare armi, armature e accessori di rarità differente, ognuno con i propri effetti e le sfide da intraprendere per sbloccarli.

Il loot si ottiene generalmente compiendo missioni e assassinando orchi, anch’essi dotati di una rarità tra comune, rara, epica e leggendaria, oppure acquistando le loot box. Dentro i forzieri, acquistabili con la valuta facilmente reperibile in game o con soldi veri, si trovano equipaggiamenti per il protagonista e orchi da inserire nel proprio esercito addetto all’espugnazione e alla protezione dei forti. Per conquistarli bisogna in sostanza catturare 4 zone al loro interno e in seguito sconfiggerne il leader. Ora, nel corso dei primi tre atti del gioco le missioni di assedio sono soltanto un paio ed è possibile portarle a termine senza particolari sforzi e ignorando le loot box. Il quarto, invece, prevede un lunghissimo ciclo di attacco e difesa che si protrae per 10 missioni, dove una sconfitta comporta la perdita della fortezza conquistata in precedenza. In questa fase i nemici diventano costantemente più coriacei e il grinding richiesto è talmente pesante da suggerire l’acquisto dei forzieri, prima pressoché inutili visto che il contenuto scala di livello insieme a Talion.

Cosa si ottiene dall’estenuante sessione di grind? Un filmato da 3 minuti in cui viene raffazzonato il finale del gioco e il collegamento alle opere di Tolkien. Sembra dunque lecito chiedersi se il quarto atto sia stato organizzato in tal modo giusto per piazzare qualche loot box compromettendo un’esperienza che fino al terzo era stata godibilissima. Utili o meno, le microtransazioni in un tripla A sono davvero difficili da mandar giù, specialmente se si tratta di un titolo single player. Il nostro consiglio è di non acquistarle e lanciare un chiaro messaggio a Warner Bros e a tutti i publisher che vorrebbero abusare della pratica. Accettarla in silenzio, pur non condividendola, significa dare il proprio assenso all’applicazione del suddetto modello di business in qualsiasi altro titolo. E nessuno, o almeno si spera, vuole che ciò accada.

Cambiando decisamente argomento, parliamo del comparto tecnico. Mosso dall’egregio motore Firebird, L’Ombra della Guerra presenta nel complesso un buon livello di dettaglio ed è scalabile quanto basta grazie alle molteplici opzioni grafiche avanzate, tra cui tassellatura e large page mode, peccando soltanto nell’antialiasing poco efficace limitato a FXAA e TAA. C’è più varietà negli scenari rispetto al primo capitolo e la resa grafica/artistica, pur non essendo stellare, ci ha convinti. Escludendo le texture ultra, di cui non abbiamo capito l’utilità oltre a riempire ben 8 gb di VRAM, il titolo maxato (i7 3770k 4.3ghz, Gigabyte GTX 1080, 16 gb ram @1080p) si aggira intorno ai 90 fps negli spazi aperti e affollati, con cali fino a 40 nei momenti di foga, stabile sui 144 negli interni. Sporadici i bug, prevalentemente legati alla fisica, buoni soundtrack ed effetti sonori.

Trovate maggiori informazioni nella nostra analisi tecnica: https://pc-gaming.it/come-gira-terra-mezzo-ombra-della-guerra/

La Terra di Mezzo: L’Ombra della Guerra è un prodotto piuttosto difficile da valutare, complici le sue due facce equamente rilevanti ma differenti in termini qualitativi. La prima riguarda il comparto narrativo e la composizione ad atti falsata sul finale dal pesantissimo grinding dietro cui si cela un finale vago e insoddisfacente. La seconda comprende l’ottima struttura open world e il gameplay definito dal fantastico Nemesis System. Ragionando in termini strettamente etici l’esperimento condotto con il modello di business indurrebbe a penalizzare il titolo per ricordare ai publisher che certe cose sono permesse solo nei free to play mobile, nonostante poi nell’atto pratico le loot box qui siano state piazzate principalmente per sondare il campo e influiscano in modo lieve sull’esperienza in game. Tuttavia noi scegliamo di valutare l’offerta per il suo valore reale e, vista la longevità notevole (circa 30 ore) e le tonnellate di contenuti del pacchetto base, la riteniamo degna di attenzione.

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