Abbiamo partecipato alla beta chiusa di Raiders of the Broken Planet, accattivante Third Person Shooter previsto per la fine dell’anno e creato da Mercurysteam, gli stessi sviluppatori degli ultimi Castlevania, e queste sono le nostre impressioni!
In un futuro lontano lontano
Ben poco si sa sulla trama di Raiders of the Broken Planet, e le tre missioni della campagna prevista nella beta di certo hanno gettato più dubbi che certezze, ma su quel poco che abbiamo visto, il gioco sarà ambientato nel futuro, in una costellazione chiamata Lira distante 25 anni luce dal pianeta Terra. Questa costellazione è l’unica fonte di una sostanza tanto misteriosa quanto potente denominata Aleph.
Come tutte le sostanze “potenti” in questo genere sci-fi, l’Aleph è la panacea di tutti i mali, la fonte di energia per eccellenza, il carburante per i viaggi interstellari ed è capace di alterare la fisiologia degli organismi a base di carbonio (cit.). Quest’ultima caratteristica si traduce che l’Aleph viene sfruttata per creare soldati senza paura e con abilità fisiche inimmaginabili, e questo non vale solo per i cattivi, ma anche per i protagonisti.
Saranno presenti diversi personaggi selezionabili che si sbloccheranno mano a mano che si prosegue con la campagna, ognuno di essi con le sue abilità, la sua rosa di armi selezionabili e le abilità che sfruttano presumibilmente l’Aleph.
Ad esempio il cecchino Harec porta con sé il suo potente fucile da cecchino (e che altro altrimenti?) lento ma letale, ma fisicamente è molto debole, e come abilità ha la possibilità di proiettarsi sulle pareti o sui soffitti, come un novello Spider man, per spiare i nemici in tutta sicurezza.
L’Aleph ha comunque un difetto non trascurabile, ovvero che è visibile attraverso le pareti, pertanto sarà possibile sapere in ogni momento dove sono i nemici e cosa stanno facendo, e anche se all’inizio questa cosa può sembrare un cheat legalizzato, in realtà il ritmo di gioco e il numero di nemici presenti sul campo di battaglia è sufficientemente sostenuto da farlo apparire necessario per tagliare di proposito qualunque tempo morto.
Un TPS come tanti?
In Raiders of the Broken Planet si spara e, come appena accennato, pure tanto, ma si menano parecchio anche le mani. Il corpo a corpo è infatti necessario perché è l’unico modo per ripristinare un po’ di munizioni, le quali non si trovano in nessun altro modo, ma è anche un modo sicuro per eliminare certi nemici coriacei capaci di uccidere il giocatore con un solo colpo se si lascia prendere.
Per il resto, il feeling è identico a molti altri TPS con coperture sul mercato, pertanto non ci dilungheremo su questa questione in questa sede, anche se ci è parso un titolo poco punitivo (ma non per questo non difficile!). Per farvi un esempio, anche quando la salute del proprio alter ego raggiunge lo zero, ci vorranno un sacco di danni perché si muoia veramente (non si viene incapacitati, semplicemente i movimenti diventano goffi e la telecamera barcolla costantemente), e per via dell’Aleph nel corpo, sarà semplicemente necessario aspettare un po’ di tempo prima che si rigeneri un po’ di salute e si possa quindi ritornare a combattere. Però basta trovarsi faccia a faccia con un nemico armato di fucile a pompa per farsi uccidere parecchio in fretta.
Sempre per via dell’Aleph si avranno a disposizione un certo numero di vite da condividere con il resto del team, ma se esso dovesse raggiungere lo zero, bisognerà aspettare circa un minuto perché il pilota che ci accompagna, che funge anche da hacker e da guida per la missione, faccia rifornimento alla base di questa preziosa sostanza e ripristini completamente il numero di vite. E se in questo frangente tutto il team dovesse morire, un bel Game Over non ce lo toglie nessuno.
Da soli o in compagnia
Se ancora non l’avete intuito, Raiders of the Broken Planet comprende anche una modalità co-op della campagna (e ovviamente si potrà giocare anche da soli), anche se purtroppo era alquanto limitata: sebbene il numero massimo di giocatori fosse quattro, non era possibile iniziare una partita con meno di questo numero, e bisognava per forza passare per il matchmaking per trovare altri giocatori e riempire il server. Ergo, non potrete giocare con il vostro migliore amico soltanto, ma dovrete per forza trovare e giocare con altri due sconosciuti. Non si sa se questa forzatura sarà presente anche nella versione finale.
Una piccola chicca in ogni caso è rappresentato dalla possibilità di unirsi in una partita altrui come nemico, e mettere così i bastoni tra le ruote nelle missioni ai protagonisti.
Questa fusione tra pvp e pve ci è parsa funzionare tutto sommato bene, aggiungendo un elemento che rende le battaglie, soprattutto contro i boss, un filo più complicate e imprevedibili, ma non troppo frustranti.
Sul fronte connessione, per ora il netcode ci è parso funzionale, e addirittura è presente la funzionalità di trasferire la connessione dell’host se questo dovesse cadere a qualcun altro.
In questa beta le missioni erano tre, una introduttiva molto breve da giocare rigorosamente in single player; una missione classica dove bisognava difendere un compagno di sventura da liberare dalla prigionia; e infine una breve missione con tanto di boss finale.
Completando le missioni è possibile ottenere materiali, soldi, esperienza, e molto altro, il tutto per sbloccare nuove abilità, equipaggiamento, e tanto altro ancora per i nostri personaggi. Purtroppo come sarà l’economia di gioco ancora non è noto, ma ci è perso che contenga elementi da F2P, con microtransazioni per comprare valuta in-game e usarla per sbloccare e comprare equipaggiamento prima del tempo, ma ribadiamo che questa è solo una nostra impressione, in quanto queste funzionalità erano estremamente limitate.
In ogni caso, l’impatto con questa beta è stata molto positiva, e seguiremo con più interesse questo titolo che ha davvero tanto potenziale per diventare un’ottima aggiunta alla propria libreria per chi cerca un titolo cooperativo da fare con gli amici.