Finanziato su Kickstarter (con poco più di $18.000 a fronte di 10.000 richiesti) e creato da menti che arrivano direttamente da CD Projekt RED, People Can Fly, Epic Games, Flying Wild Hog, Platige Image, CreativeForge Games e Techland, eppure, se avete sbirciato il voto, avrete intuito che qualcosa dev’essere andato terribilmente storto…

Le Catene Oscure

Ecco che avviato il gioco, si intravedono le prime magagne, insite nelle opzioni: perché non si possono rimappare i tasti a piacimento? Perché le impostazioni grafiche sono così poche?
Perché non si può nemmeno selezionare la difficoltà del gioco?
Cerchiamo almeno di apprendere i pochi controlli, storcendo il naso sul fatto che il tasto F sia il tasto per colpire con il corpo a corpo.
Clicchiamo su Nuova Partita per doverci sorbire un filmato che tenta almeno di spiegare l’incipit del gioco, finito il quale ci ritroviamo ai comandi del nostro protagonista.
Inner Chains si presenta come un FPS horror, ambientato in un mondo oscuro, surreale e alquanto peculiare; muoviamo i primi passi, e ci viene spontaneo domandarci di una cosa: perché il protagonista è così lento? Anche premendo il tasto per correre non è che la velocità aumenti in maniera sensibile, ma soprattutto, il protagonista tiene il fiato per pochi secondi, finiti i quali dovrà nuovamente camminare e aspettare che la barra nascosta della stamina si riempia di nuovo prima di poter correre per un breve tratto di nuovo.
Una peculiarità del titolo sta nel fatto che l’HUD è completamente assente, con il display della vita rappresentato da delle luci sul braccialetto del protagonista (di non facile lettura soprattutto nelle situazioni più concitate), e le munizioni delle varie armi da indicatori sulla stessa, anche se non vengono mai mostrati numeri. Il fatto che manchi una rappresentazione della stamina per capire quando si possa correre o meno è una mancanza abbastanza grave, o meglio, fastidiosa.
Lentezza del personaggio a parte, ecco che il primo livello, o meglio, il prologo, mostra il lato migliore del gioco: la grafica e la direzione artistica.
Dal punto di vista grafico, il titolo non sfigurerebbe di fronte a un tripla A, e artisticamente c’è da rimanere a bocca aperta. I paesaggi mostrati, il design dei vari modelli architettonici e dei vari oggetti che ci circondano, sono tutti veramente ottimi e assai peculiari. Da questo punto di vista il titolo ha delle ottime carte da giocare.
Ma non si può fare a meno di notare quanto incompleto sia dal punto di vista dell’audio, perché presumibilmente mancano parecchi effetti sonori. Ad esempio lo si nota quando si osserva un insetto gigante che funge da checkpoint sbucare fuori dal terreno, e lo fa in maniera completamente silenziosa. La gente amichevole che si incontra poco più avanti, non parlano né fanno praticamente alcun rumore quando si muovono, e questo vale anche per i nemici trovati nei livelli più in là. Finché manca qualche rumore ambientale, si può anche chiudere un occhio, ma quando ci si ritrova con diversi nemici alle spalle senza rendersene conto perché non emettono alcun suono, diventa un grave problema dal punto di vista del gameplay.

Le Catene Violente

In un FPS come si rispetti non possono mancare i combattimenti, e Inner Chains non è da meno. Appare chiaro che di horror non ha nulla, non ci sono momenti di tensione, né jumpscare, né momenti in cui ci si spaventa effettivamente, e il titolo risulta quindi un FPS classico ma molto lento. Tralasciando il combattimento corpo a corpo che non è fatto molto bene (non si capisce molto bene quale sia la portata effettiva del giocatore dei suoi pugni, mentre i nemici sembrano riuscire a colpirci da più lontano di quanto non dovrebbero), i combattimenti con le armi di Inner Chains non sono affatto male. Il gioco possiede tre armi (un fucile elettrico, un lanciafiamme e uno sparaossa), molto ben caratterizzate e tutte funzionano veramente bene, e usarle è veramente divertente… ad eccezione del surriscaldamento, una meccanica che gli sviluppatori hanno messo per impedire al giocatore di tenere premuto il pulsante di fuoco e continuare a sparare fino a esaurimento munizioni (in realtà, senza munizioni è possibile continuare a sparare, ma la salute del protagonista ne risentirà). Se l’arma si surriscalda, bisogna aspettare che si raffreddi, rappresentato visivamente dal fatto che la canna delle armi diventa rovente quanto più a lungo si usa. Di per sé la meccanica non sarebbe così male, ma come è stata implementata in Inner Chains diventa veramente fastidiosa per i tempi veramente brevi con cui le armi smettono di sparare, e per i tempi lunghi che impiegano per poter sparare di nuovo.
Tuttavia, è interessante notare che sia possibile sfruttare anche l’ambiente per potersi sbarazzare dei nemici e non sfruttando solo la forza bruta dei nostri mezzi di offesa, da sfruttare nel caso magari si sia a corto di munizioni (che si possono ricaricare in apposite stazioni “tentacolari” che ricaricano anche la vita, ma fate attenzione che le cariche non durano in eterno), come ad esempio sfruttare le onnipresenti piante aggressive, basta cercare di far entrare i nemici nel raggio d’azione di queste radici per vederli ricevere una bella sberla, e considerato che l’IA dei nemici è abbastanza deficitaria (a volte addirittura stanno fermi e non fanno nulla), è una tattica che si può tranquillamente pensare di attuare praticamente ogni volta che si vuole.
Un’altra certezza è rappresentata dal fatto che ci sia anche un rapporto tra le armi e l’ambiente, nel caso delle piante citate prima, se le si spara con l’arma elettrica è possibile paralizzarle per qualche istante e renderle così inermi (o in certi casi farle impazzire), oppure bruciarle e renderle polvere con il lanciafiamme. Ma per qualche assurda ragione, sono immuni ai colpi dello sparaossa, e viene da chiedersi quale sia l’assurdo motivo. Sono proprio particolari come questo che abbassano la godibilità di un titolo. E ci sono anche altri esempi validi, ma che non sveleremo.

Le Catene Instabili

Inner Chains dura sulle 3 ore, in quanto ci sono appena 3 – lunghi – livelli (escludiamo quello del prologo che non succede assolutamente nulla). I livelli hanno una propria identità artistica e sono complessi al punto giusto, sono fatti bene e hanno le risorse sparpagliate nella maniera giusta, così come un posizionamento dei nemici più che adeguato. Ma purtroppo questo non basta a rendere sufficiente un titolo che possiede diverse mancanze e diversi problemi, però certamente è un fattore che gli impedisce di affondare nell’oblio.
Poi il titolo soffre di una ottimizzazione scarsina, e a dettagli “Molto Alti”, nonostante i livelli veri e propri fossero ambientati per la maggior parte al chiuso, su una macchina dotata di i5 4690K a 3.50GHz, 16Gb di RAM e una GTX980, il titolo faticava a mantenersi sui 60fps, mentre in alcune zone circoscritte il frame rate crollava al di sotto dei 30fps, con tanto di diversi episodi di stuttering.
E dato che le impostazioni grafiche, a parte il preset, non è possibile cambiarle, i più smanettoni ne resteranno delusi.
Per completezza, diciamo che è possibile modificare solamente l’antialiasing e il v-sync, abilitare o meno filtri grafici (motion blur, grain e aberrazione cromatica), e aggiustare la gamma e la luminosità. E naturalmente, la risoluzione e se mettere il gioco a schermo intero, in finestre o in finestra senza bordi.

Conclusioni

Inner Chains è un titolo che possiede davvero dei bei pregi, come un comparto artistico di tutto rispetto unito a un buonissimo level design, sradicati purtroppo da gravi difetti.
Se si trattasse di un assaggio di un gioco più grande in arrivo (come accadde con Metal Gear Solid V), staremmo parlando di un titolo da tenere d’occhio e da provare eventualmente, in quanto con tutta probabilità verrebbe sistemato, ma ora come ora, è davvero difficile consigliarlo per via della sua scarsa longevità (e la rigiocabilità è praticamente nulla e si platina facilmente persino alla prima run) e del suo comparto tecnico che trasmette una costante sensazione di incompletezza.

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