Di ritorno da un viaggio da Stoccolma, il sottoscritto non poteva di certo esimersi dal recensire Generation Zero, titolo sviluppato da un piccolo team di Avalanche Studios (la cui sede guarda caso è situata proprio nella capitale svedese) e ambientato proprio nella Svezia alla fine degli anni ’80, invasa da un esercito di misteriose macchine assetate di sangue. Una premessa davvero accattivante, ma che purtroppo lo stesso non si può dire del suo gameplay. Diciamolo chiaro e tondo, in Generation Zero ci sono più difetti che pregi, che andremo ad illustrare in questa recensione.

Camminare fa bene alla salute

Il gioco inizia con il protagonista (o i protagonisti, se si gioca in coop) di ritorno da una gita in barca, ignaro che nel periodo della sua assenza la sua terra natale è stata invasa da pericolosi robot. Dopo aver recuperato la prima arma e relative munizioni, comincia un lungo e disperato viaggio alla ricerca di qualche superstite, nonché cercare di capire che cosa diavolo sia successo. Ma già dalle prime battute, si intuisce che questa ricerca si trasformerà in una lunga catena di missioni bene o male sempre uguali che farà rimbalzare il giocatore da un bunker all’altro attraverso la gigantesca mappa di gioco, alla continua ricerca di una qualche forma di vita umana, dando forma a una storia che in realtà non vuole raccontare nulla, vuole solo essere un pretesto per far esplorare al giocatore. Questo porta con sé la conseguenza che il gioco risulta essere privo di qualsivoglia di NPC, e tutte le missioni primarie o secondarie che si troveranno saranno date raccogliendo note, mappe, documenti o registrazioni perlustrando determinate zone.

E proprio qui sta uno dei problemi maggiori di Generation Zero: il gioco è capace di far percorrere al giocatore chilometri e chilometri a piedi una mappa (comunque spettacolare sul piano estetico) alquanto desolata e con pochi punti di interesse, anche se fortunatamente è possibile fare jogging per muoversi più veloci (è presente anche lo scatto, ma è gestito da una barra invisibile di stamina). A complicare le cose ci pensano alcune missioni che non offrono un marcatore al giocatore, ma sarà compito suo raccattare gli indizi e capire dove dirigersi analizzando per bene la mappa. Un’idea in realtà nient’affatto malvagia, che in alcune missioni è stata implementato in maniera intelligente, ma per altre invece questi indizi sono davvero confusi o non ci sono affatto, e in quel caso l’unica soluzione possibile è procedere a caso per la mappa sperando di trovare la zona con il nome giusto che stiamo cercando. E questo vale anche per determinati “indizi” che bisogna trovare, senza tuttavia specificarne la natura, e spesso possono essere semplici lettere, mappe appese su una parete o registrazioni radio (la parte peggiore è quando queste radio con cui interagire condividono lo stesso modello delle radio che è possibile raccogliere), tutte cose che possono essere facilmente trascurate per sbaglio o per distrazione.
Comunque, per aiutare il giocatore a questo pellegrinaggio, è possibile sbloccare determinati rifugi da usare poi come punti per la comoda funzionalità di viaggio istantaneo, ma spesso, trovandosi lontani da uno di essi, può risultare alquanto problematico se si deve uscire dal gioco o si muore e non c’è nessuno a tirar su il proprio personaggio ferito. Ebbene sì, il gioco non presenta nessun tipo di salvataggio vecchio stile, ma si premura solo di salvare le proprie statistiche e gli oggetti nel proprio inventario, ma non la sua posizione. E qui ci colleghiamo a un altro problema del gioco: il loot.

Loot, loot, soltanto loot

Trovare loot in giro per svariati contenitori è un aspetto fondamentale che permette di rimanere in vita più a lungo possibile, ma la varietà di loot di per sé è estremamente limitata: munizioni, armi, gadget, materiale medico e vestiti. Tutto qui. Non essendo un survival non si avrà a che fare con sete o fame, ma se si è dei veri e propri sciacalli, ci si ritroverà immersi in così tanti oggetti che nemmeno l’inventario più capiente è in grado di ospitarli tutti. A peggiorare la situazione ci pensa appunto che i contenitori di loot si rigenerano uscendo e rientrando nel gioco, aprendo le porte al farming selvaggio a chi è abituato a queste pratiche, e togliendo qualunque senso di progressione che l’esplorazione può portare. E purtroppo manca del tutto di un contenitore personale dove poter stipare tutta l’eccedenza: ciò che si ha nell’inventario è ciò che conta, e chi è un accumulatore seriale dovrà mettersi il cuore in pace e scartare il superfluo per far spazio all’essenziale. Si avverte comunque l’assenza di un negoziante o del crafting, in quanto, solo parlando delle munizioni, il gioco offre non solo una marea di calibri diversi più o meno noti, ma anche variazioni di esse che causano più danni a determinati obiettivi. Per citare un esempio, le 9mm per pistola (stranamente diverse dalle 9mm per SMG) sono suddivise tra colpi standard e colpi anti-corazza. Mettendo sul piatto una varietà così elevata di armamentario, costringe il giocatore a scegliere effettivamente che armi portarsi dietro e a quali lasciare per terra, nonché spesso ci si ritrova con molti più colpi di quanto si vorrebbero di un tipo di munizione piuttosto che quelli alternativi. In un gioco che fa della cooperazione uno dei suoi punti chiave non è un problema, in quanto ogni giocatore si può specializzare in armamentario diverso, ma per chi gioca da solo è abbastanza snervante.

Un altro aspetto alquanto negativo è l’inventario. Detta in poche parole è un incubo, in quanto è stato programmato alquanto male. Innanzitutto, la gestione delle armi e degli oggetti di uso rapido è lacunosa, in quanto gli slot rapidi sono solo due per questi primi e quattro per questi ultimi, e cambiare arma o oggetto nel bel mezzo di combattimento è problematico, e soprattutto per chi è abituato con mouse e tastiera sentirà assolutamente la mancanza della classica barra di selezione rapida da 0 a 9. Lo sarebbe meno se il gioco andasse perlomeno in pausa quando si apre l’inventario nel gioco in singolo, ma essendo questo gioco basato sul multiplayer PvE, non è possibile. A tal proposito: se volete giocare da soli, ricordatevi di cambiare i permessi al vostro server ogni volta che iniziate a giocare, perché uscendo si resettano su quelli di default dando la possibilità agli sconosciuti di entrare nella vostra partita!
C’è poi un altro problema riguardo agli stack dei propri oggetti, e l’inventario non li gestisce correttamente. Per esempio, mettendo dei medikit nello slot rapido, raccogliendone di nuovi non andranno ad aggiungersi a questo slot automaticamente, ma bisognerà farlo manualmente, così come non è possibile raccogliere delle munizioni perché vadano a riempire del tutto uno stack e lasciare l’eccedenza nel contenitore nel caso l’inventario sia pieno. Il gioco non si premura nemmeno di raccogliere il possibile premendo il tasto “take all” (no, il gioco non è tradotto in italiano), se in un contenitore c’è un singolo oggetto che non è possibile raccogliere, sarà compito del giocatore selezionare singolarmente gli altri oggetti e lasciare quello di troppo per terra.
Questi sono solo pochi esempi sul perché l’inventario, così com’è, è problematico. Sappiate ce ne sono tanti altri, ma rischieremmo di dilungarci davvero troppo. È persino incasinato provare a scambiare un’arma da terra o cercare di capire quale tipologia di munizioni è inserita in un’arma. E in un gioco che ruota proprio sulla raccolta delle risorse, il fatto che l’inventario non funzioni come dovrebbe mette davvero i bastoni tra le ruote su ciò che il gioco sa fare meglio: i combattimenti con i robot.

Man vs. Machine

Finora abbiamo parlato con toni negativi riguardo a Generation Zero, e purtroppo ci duole dire che non abbiamo finito, ma stavolta addolciremo la pillola e parleremo di un paio di aspetti positivi.
Con tutte le munizioni che si trovano in giro, sparare ai robot diventa quasi uno sport con il prosieguo del gioco, e fortunatamente questa attività è parecchio divertente. Vedere e sentire l’impatto dei proiettili contro le corazze delle macchine, piccole o grosse che siano, unito al sound design delle proprie bocche da fuoco e a quello delle esplosioni, è incredibilmente entusiasmante. Alcuni combattimenti sono estremamente adrenalinici, e portarli a termine consumando meno medikit o siringhe di adrenalina possibili porta davvero tanta soddisfazione. E le tipologie macchine che si andranno ad affrontare sono tante e ben variegate, e più si prosegue col gioco, più si incontreranno variazioni con armi e corazze differenti e sempre più difficili da abbattere, anche se, a dir la verità, sul piano del design estetico peccano di originalità e sanno tutte di già visto.
Ma a parte questo, sfruttare solo le armi da fuoco sarebbe un grave errore, in quanto il gioco offre anche tutta una serie di strumenti di offesa e di difesa, come razzi di segnalazione o radio che possono confondere le macchine, granate EMP per disattivarle, o bombole di propano da usare come trappole, e nel caso vengano usate bene semplificano davvero tanto il lavoro di massacro.

Il danno localizzato poi funziona molto bene: sparando a un braccio armato di una macchina, questo può saltare via, distruggendo i suoi sensori si ha la sensazione che possa sparare con molta meno precisione, e così via, e la cosa interessante è che questi danni sono persistenti. Nel caso ci si allontani, ritornando è possibile incontrare di nuovo lo stesso robot martoriato come era stato lasciato.
Purtroppo, abbiamo già finito il dolcificante, perché sebbene sparare sia sì divertente e in certi casi anche entusiasmante, il feeling delle meccaniche di shooting è abbastanza deludente. Si avverte infatti un ritardo nell’esecuzione delle proprie azioni, lo zoom, quando si mira, è troppo veloce e non in sincronia con l’animazione, a volte per motivi incomprensibili il rinculo dell’arma diventa assurdamente elevato, non c’è nemmeno una animazione per il cambio di modalità di fuoco. E non è nemmeno possibile sostituire al volo la tipologia di munizioni, per farlo bisogna passare dall’inventario. Su questo fronte, ci duole dirlo, ma si ha la sensazione che si tratti di uno di quei titoli survival in perenne accesso anticipato su Steam, anche se in Generation Zero, perlomeno, si può avvertire la sua “anima”, si avverte che questi scivoloni sono più il frutto dell’inesperienza del team piuttosto che dalla poca voglia di fare.
Un altro aspetto poco convincente del combattimento è il moveset di alcuni nemici. Come non citare il classico pestone del robot sul terreno che causa un’onda d’urto di danno quasi paragonabile a un razzo preso in piena faccia? Oppure di certi robot muniti di lame capaci di compiere balzi di svariati metri capaci di togliere metà vita come niente, risultando essere praticamente inevitabili? Oppure ancora, probabilmente a causa di un bug, alcuni di loro cominciano a sparare e non smettono più nemmeno quando eseguono altre azioni? Quando le macchine cominciano a inanellare a raffica questo tipo di attacchi, diventa quantomai frustrante cercare di affrontarli.
Fortunatamente il gioco mette sul piatto anche la possibilità si eludere i robot o di darsi alla fuga, con delle meccaniche stealth abbastanza basilari: basta accucciarsi e facendo meno rumore possibile, è possibile evitare che una pattuglia di macchine possa rilevare il giocatore. Ma alla fine, combattere è più che remunerativo, grazie ai punti esperienza che si ottengono, anche se a conti fatti, è un po’ inutile.

Più FPS che RPG

Riguardo all’ultima affermazione del precedente paragrafo, ci spieghiamo meglio: come ogni buon ARPG che si rispetti, anche Generation Zero possiede il suo buon albero delle abilità con cui spendere i punti abilità ottenuti salendo di livello accumulando sufficiente esperienza. Peccato solo che queste abilità siano davvero banali, quasi inutili, o comunque non sufficientemente importanti da far avvertire al giocatore un vero e proprio avanzamento. Se alcune abilità sono sì importanti, come la ricarica più rapida alle armi, l’aumento di capienza dell’inventario o la velocità di corsa, altre sembrano essere idee buttate così senza un perché, come il 10% in più di resistenza al gas, il 5% di danni in più con armi automatiche, il 15% di danni extra al primo colpo di un nemico ignaro, numeri che non giustificano affatto la fatica con cui si ottengono tali punti. Nella nostra prova di 22 ore, siamo riusciti a raggiungere solamente il livello 16 (e dunque 16 punti abilità), e questo portando a termine (o quasi) praticamente tutti i combattimenti a cui siamo incappati, così come abbiamo portato a termine diverse missioni proposte.

Ci sarebbe ancora un bel po’ da raccontare di Generation Zero, ma questa recensione si allungherebbe troppo, per cui cercheremo di essere un po’ più rapidi, illustrare un altro paio di problemi, e passare poi all’aspetto tecnico del gioco. Allo stato attuale non solo il gioco è sì pieno di difetti, ma è anche pieno di bug, i più gravi sicuramente quelli relativi alle missioni: per esempio, raccogliendo alcuni oggetti prima che una certa missione ce lo chieda, questo gesto in apparenza innocuo di fatto impedisce la normale esecuzione della stessa qualora poi si andrà a farla. Fortunatamente è possibile mettere a posto questa sorta di soft-lock chiudendo e riaprendo il gioco, in quanto il loot, come detto, si rigenera completamente per tutta la mappa. Il problema è capire effettivamente che una cosa del genere va fatta. Altre missioni, invece, non possono proprio essere completate, a causa di un bug che di fatto non permette alla missione stessa di registrare i nostri progressi.
Dulcis in fondo, per gli amanti della cooperativa, sappiano che qualunque progresso fatto in termini di missioni verrà salvato solo da chi ha fatto il server. Esperienza e inventario invece rimarranno in maniera persistente nel profilo privato del giocatore.
Ma nonostante tutte queste problematiche, a conti fatti, una volta presa la mano con alcune delle sue meccaniche malriuscite e nonostante i numerosi bug che abbiamo incontrato, le ore passate con Generation Zero sono state tutto sommato piacevoli, a indicare che, nonostante la storia volutamente vuota, qualcosa da dire ce l’ha.

Bello da vedere, ma pesante

A fronte di una grafica davvero magnifica che mette sul piatto degli scenari assolutamente bellissimi da vedere, merito dell’Apex Engine, lo stesso usato per Just Cause, purtroppo il gioco langue un po’ dal punto di vista delle performance. Su un sistema con un i5-4690 @3.59GHz, 16GB di RAM e una GTX980 con tutto a Ultra il gioco non è mai praticamente andato al di sopra dei 60fps, oscillando costantemente tra circa i 40 e i 50. Sono presenti purtroppo anche fenomeni di stuttering che in alcuni momenti sono davvero fastidiosi, ma perlomeno sono rari, e in determinate occasioni avvengono anche dei glitch grafici, dove alcune parti dello schermo diventano bianche per uno o due frame, e questo si verifica soprattutto negli interni.
A tal proposito, sebbene la maggior parte degli interni (e degli edifici) non sia altro che un grande copia e incolla che si ripete fin troppo presto da quando si inizia il gioco per la prima volta, l’atmosfera all’interno dei bunker è palpabile e davvero ben ricreata, degno di un titolo quale è S.T.A.L.K.E.R.
Ma al netto dell’ottimizzazione un po’ ballerina, il gioco rimane davvero bello da vedere, soprattutto gli effetti grafici del fuoco e dei particellari causati dall’impatto dei proiettili contro le macchine sono davvero ben realizzati. Pure i fenomeni atmosferici sono decisamente belli, tra i migliori mai visti in un videogioco, pioggia, neve o nevischio che sia, persino vedere il fogliame cadere copioso dagli alberi ha un certo fascino.
Prima di passare alla conclusione, vi lasciamo con una ricca galleria di screenshot presi tutti a dettaglio Ultra!

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