Ammetto di essere rimasto sorpreso quando Adam Jensen venne annunciato come protagonista del sequel di Human Revolution, Mankind Divided. Generalmente ogni Deus Ex ha sempre avuto un protagonista diverso. Eppure, dopo averlo finito spero che il prossimo capitolo, sperando che non sia ancora uno spin off mobile, faccia ancora il suo ritorno. Protagonista a parte, vediamo come si comporta in questo nuovo Deus Ex.
Benvenuti a Praga, Rottami!
Desu Ex: Mankind Divided è ambientato nel 2029, due anni dopo gli eventi di Human Revolution. A tal proposito, dimenticatevi del finale vero e proprio che avevate scelto, perché con un colpo di spugna praticamente nessuno di essi preso singolarmente è diventato canonico. Ma non ha importanza, perché tutto il resto invece è stato preso in considerazione.
La capitale della Repubblica Ceca ospita la maggior parte del gioco, sebbene si visiteranno anche altri luoghi d’Europa col proseguire della storia. Praga ha un’atmosfera unica e palpabile, e in essa è rappresentata a grandi linee il pensiero comune della popolazione circa i Potenziati: vengono odiati, vengono visti come un pericolo, e pertanto vengono discriminati. E Jensen, come tale, deve subire tutte le vessazioni del popolo e dei tutori della legge, che nel gioco si traducono in minacce, offese (provate a prendere la metro dedicata alle persone “naturali”) e controlli dei documenti ogni due per tre (niente di fastidioso fortunatamente). Grande enfasi è stata quindi posta nel ricreare l’astio e di trasmetterlo sulla pelle del giocatore, con risultati davvero coinvolgenti.
Adam Jensen a questo giro fa parte dell’Interpol, e il gioco vero e proprio inizia quando si ricevono gli ordini di scovare i responsabili di un attentato terroristico in cui egli stesso rimane coinvolto in una stazione ferroviaria di Praga. In realtà c’è (molto) altro, ma come scritto poc’anzi, gli ordini sono quelli e con i superiori non si discute. Della trama, tuttavia, non ne voglio parlare in dettaglio, perché è veramente complessa e interessante da scoprire e da vivere, sappiate solo che ruoterà proprio nei riguardi dell’odio verso i potenziati e delle decisioni che il mondo dovrà prendere nei loro confronti, se accettarli o isolarli. Nel complesso la trama è perfettamente in linea con i precedenti Deus Ex, con doppi giochi, cospirazioni al limite della paranoia, terroristi che si spacciano per salvatori del mondo, corporazioni senza scrupoli, e niente è stato lasciato al caso. L’unica pecca? Il finale. Purtroppo, lascia volutamente in sospeso un paio di questioni abbastanza importanti, e la sensazione che vengano chiariti nei primi minuti, o nel corso, di un ipotetico sequel è molto alto.
Una macchina da guerra col cuore di un uomo
Per quanto riguarda il gameplay di Mankind Divided, esso è leggermente migliorato rispetto al precedente episodio: l’interfaccia è più pulita, l’hacking è più snello e più vario, è possibile saltare e afferrare sporgenze per issarsi (ora che è stata implementata ci si domanda come si ha fatto a vivere fino ad ora), sfruttare le coperture è diventato più semplice e più elastico, l’unica pecca, per ora, è che l’inventario è più macchinoso e spesso i clic del mouse è come se non venissero registrati. Sono stati aggiunti anche diversi nuovi potenziamenti, come il lancialame e il Tesla, già visti e rivisti in diversi trailer, il TITAN che garantisce l’invulnerabilità in cambio di un costo esoso in termini energetici, l’hacking remoto che si rivela essere utile soprattutto per le fasi stealth per la capacità di poter interagire con determinati interruttori da lontano, c’è poi una sorta di balzo in avanti che ricorda a grandi linee il teletrasporto di Dishonored, e mentre il fucile PRIME scompare come arma (quello che lanciava un’onda d’urto capace di stordire), ecco che ritorna come upgrade del proprio braccio robotico. Interessante notare che abbiano reso un potenziamento inutile come il Typhoon per chi cerca una run pacifica in qualcosa di più interessante in quanto capace di sparare sferette piene di gas soporifero.
A causa dell’attentato sopracitato, Jensen perderà l’uso di gran parte dei suoi potenziamenti, e per riattivarli dovrà usare i famosi Kit Praxis, che si trovano in luoghi nascosti, nei negozi a un prezzo sproporzionato, come ricompensa per aver ottenuto una cospicua quantità di punti esperienza, come bonus per la modalità Breach oppure… comprandoli con soldi veri nel market. Ebbene sì, è possibile acquistare un Kit Praxis monouso alla modica cifra di 99 centesimi. La sua presenza, onestamente, ci pare insensata e anzi, a nostro parere comprarli equivale a rovinarsi l’esperienza, poiché facendo gran parte delle missioni secondarie, è possibile arrivare alla fine del gioco con una cospicua quantità di punti Praxis. E se non vi bastano, esiste pure la modalità NG+, con cui si ricomincia il gioco con tutti gli oggetti e i potenziamenti sbloccati dalla precedente. Insomma, da una parte si poteva fare a meno di inserire le microtransazioni, dall’altra parte la loro presenza non influisce minimamente il gioco.
Un giro turistico
Le ambientazioni e i livelli di Mankind Divided sono stati curati quasi maniacalmente. E questo è un bene. Ogni missione, tecnicamente, è possibile completarla in più e più modi, a seconda soprattutto dei potenziamenti che si sono sbloccati sino a quel momento. Se ci si trova in un vicolo cieco e ci si rende conto che per andare avanti servirebbe un potenziamento particolare, state pur certi che se si cerca bene e si analizza per bene la situazione, si può trovare un’altra strada percorribile. Ogni missione secondaria è curata molto bene, e gli achievement associati vengono elargiti di norma per il finale migliore, che per la maggior parte delle volte significa approfondirla dall’inizio alla fine. Spesso infatti può succedere che una secondaria termini nel bel mezzo di essa, questo perché le vostre decisioni hanno portato a ciò. La cosa davvero interessante è che a volte le missioni secondarie interagiscono tra di loro, ma anche con le primarie. A volte capita che un personaggio vi aiuti a trovare una via migliore o più veloce rispetto a quella che vi viene suggerita di base perché l’avete aiutato precedentemente.
Ad eccezione di un paio di occasioni dove vi viene esplicitamente detto di passare inosservati, la scelta di come fare una missione sarà solo a discrezione del giocatore, se farla completamente in stealth o ad armi spianate. Spiace comunque constatare che il feedback delle armi usate sia molto ridotto, quasi inesistente, questo aspetto poteva essere curato di più. Anche l’IA purtroppo è sottotono rispetto a quello che ci si aspettava. Rispetto al precedente capitolo, è migliorata, ma di molto poco, anche se il miglioramento riguarda soprattutto i nemici potenziati che sembrano sfruttare bene le proprie abilità in modi a volte imprevedibili. Anche la parte stealth rimane invariata, per cui, se avete già giocato a Human Revolution, saprete che cosa vi aspetta. A rendere le cose più facili è stato introdotto l’indicatore di attenzione sull’hud: quando un nemico ignaro sta guardando verso il protagonista, apparirà una barra verso la sua direzione, e quando si sarà riempita, allora si insospettirà e si degnerà di andare a controllare che cosa ha visto. La velocità con cui la barra si riempie dipende dalla distanza, più è lontano e maggiore tempo servirà per rendersi conto che dove sta guardando c’è qualcosa che non va. E se vi fate vedere da un nemico sospettoso, si passa alle maniere forti. In ogni caso è possibile finire Mankind Divided senza uccidere nessuno, boss compresi, senza alcun problema (e personalmente posso vantarmi di avercela fatta!).
Mankind Divided si può completare in un tempo compreso tra le 25 e le 30 ore, principalmente a seconda di come le secondarie vengono svolte dal giocatore. Per concludere, per rendere più appetibile l’offerta è stata aggiunta una modalità chiamata Breach. Nei panni di un hacker in un ambiente virtuale suddiviso a livelli, bisognerà trovare determinate torri di dati, evitare le guardie virtuali o affrontarle con armi, sempre virtuali. Si tratta di una aggiunta interessante che può incrementare la longevità del titolo, non drasticamente, ma almeno per qualche ora può tenervi impegnati. Considerato che si possono acquisire kit Praxis da far usare a Jensen, giocare a questa modalità non è fine a se stessa.
Analisi tecnica
Il gioco sfrutta il Dawn Engine, un motore in grado di restituire particolari dettagliati con texture di buona qualità e un buon sistema di illuminazione. Tuttavia, tutto questo ha un prezzo, e il costo è una performance non all’altezza delle aspettative. Spesso, nelle zone ad alta concentrazione di NPC come le strade di Praga o la TF29, i cali di frame sono molto evidenti. Nella mia esperienza di gioco fortunatamente la maggior parte di questi cali è avvenuto in zone sicure, mai durante i combattimenti, ma cionondimeno risultano essere fastidiosi. Tralasciando i cali, il gioco arrivava sempre ai 60fps. I test sono stati svolti sulla mia configurazione, CPU i5 4690k, 16Gb di RAM e una GTX 980.
Il benchmark e le comparazioni qui sotto sono stati fatti usando i preset Basso, Elevato e Al Massimo, mentre gironzolavo nella città di Praga, la parte di gioco in cui ho accusato il maggior numero di cali. Con il preset basso, i cali non ci sono stati e il frame rate è sempre stato al di sopra dei 70.
Nel caso di ombre e riflessi invece, i benchmark sono stati eseguiti al massimo del dettaglio, mentre a Elevato le ombre sono state settate su Elevato e i riflessi su Sì, e per finire su Basso le ombre sono state settate su Medie (il più basso possibile) e i riflessi su No. Questo vale anche per gli screenshot comparativi.
Si possono modificare numerose impostazioni grafiche, e oltre alle solite riguardanti i dettagli delle texture, quello delle ombre e dell’illuminazione, se abilitare o meno la tassellatura, è possibile anche disabilitare la fisica degli abiti. Per quanto riguarda il filtro MSAA, ora come ora è caldamente consigliato tenerlo disabilitato, in quanto si tratta di un filtro estremamente pesante che mette a dura prova la vostra scheda video, con il risultato di ridurre drasticamente il frame rate.
Il doppiaggio in italiano è molto buono, ma sfortunatamente confrontato con quello originale si nota, a malincuore, come si perdano tutte le sfumature degli accenti dei protagonisti stranieri. Anche la musica è molto evocativa e in linea con quelle del capitolo precedente, anche perché sono state composte dallo stesso autore. Purtroppo un fatto che rovina il coinvolgimento è il labiale durante i dialoghi, che spesso va fuori sincronia, a volte i personaggi non muovono nemmeno la bocca.
Conclusioni
Deus Ex: Mankind Divided è un gran bel capitolo di Deus Ex, sa tenere incollati dall’inizio alla fine grazie a una storia ben scritta e in linea con l’universo di Deus Ex che abbiamo imparato ad apprezzare fin dal primo capitolo del 2000 (anche se il finale lascia un po’ l’amaro in bocca) e che via via si sta espandendo narrativamente, e anche grazie al gameplay che non tradisce le sue origini. Certo, ha dei difetti non da poco, come l’IA sottotono anche se migliorata rispetto al precedente capitolo, e il frame rate ballerino, ma fortunatamente sono cose per cui, davanti alle tematiche coinvolte, alla narrazione, e al gameplay estremamente aperto alla fantasia del giocatore si può chiudere un occhio.