Recensione – Ori and the Will of the Wisps

Ori and the Blind Forest è stato sicuramente un titolo che ha catturato l’attenzione di tutti: un metroidvania 2D come non se ne vedevano da tempo, con un comparto artistico a dir poco incredibile, un gameplay solido e complesso, e finanziato da Microsoft ed esclusiva Xbox e PC. Non per niente all’annuncio del suo seguito, quel Will of the Wisps di cui andremo a parlare in questa recensione, tutti si sono esaltati e hanno iniziato ad attenderlo con ansia. Saprà dunque questo titolo essere un degno seguito?

C’era una volta su Nibel…

Ori and the Will of the Wisps riprende esattamente da dove avevamo lasciato il predecessore: dall’ovetto che eravamo riusciti a salvare, nasce Ku, un grazioso gufetto con un’ala sfortunata e dunque incapace di volare, ma che verrà sistemata usando la vecchia piuma della madre Kuro. E così, desideroso di seguire uno stormo di suoi simili, Ku parte con Ori sulle spalle, ma nel tragitto i due vengono colti da una malaugurata tempesta, che li fa schiantare su Niwen. Comincia così la nuova avventura di Ori, che dovrà ritrovare Ku in queste nuove terre mai esplorate prima d’ora, fare amicizia con i Moki, delle specie di amichevoli lemuri, fare i conti con Stridula, un rapace particolarmente malvagio, e quindi tornare a casa sani e salvi dai genitori adottivi, Naru e Gumo, preoccupati. Se la trama potrà sembrare banale o la classica favoletta, in realtà l’esecuzione è molto più complessa di ciò che sembra e soprattutto non così scontata, a tal punto che sarà difficile trattenere le proprie lacrime in diverse occasioni.

Il gameplay ricalca a grandi linee quello di Ori and the Blind Forest, per cui chi ha già giocato a questo titolo si troverà immediatamente a suo agio in questo sequel, ma vi sono delle importanti modifiche che vale la pena far presente. Innanzitutto, il sistema di combattimento è stato rivisto da zero: non ci sarà più una sfera spirituale a seguire Ori e a sparare a comando con una mira infallibile, bensì stavolta sarà proprio il protagonista stesso a essere al centro dell’azione, in quanto potrà apprendere svariati attacchi, sia corpo a corpo, sia magie offensive e difensive, per avere la meglio contro i numerosi nemici che gli si pareranno davanti. E il risultato fortunatamente è un sistema di combattimento complesso ma appagante, estremamente funzionale e che ben si sposa col ritmo frenetico delle fasi platform che contraddistingue il titolo. Questo nuovo sistema di combattimento ha permesso dunque agli sviluppatori di inserire un nutrito numero di nemici davvero unici e interessanti da combattere, ben più tosti rispetto alle controparti del precedente titolo, e che possono risultare essere una minaccia se non li si affronta con il giusto approccio. Questo è anche vero per quanto riguarda i vari boss che popolano l’area di gioco, i quali sono molto coriacei e difficili da buttare giù, ma che possono risultare troppo confusionari, soprattutto se ancora non si ha ottenuto una buona padronanza con il sistema di controllo.

Un altro aspetto profondamente rivisto riguarda tutta la componente RPG. Se nel precedente si guadagnavano le proprie abilità in un apposito albero spendendo punti ottenuti raccogliendo sufficiente esperienza, qui la faccenda è stata completamente rivista. L’esperienza è stata sostituita da una sorta di valuta, con cui si possono comprare abilità, gemme e mappe dai rispettivi mercanti, così come il suo vecchio e bizzarro sistema di salvataggio rapido è stato rivisto, ora sostituito da dei normalissimi checkpoint sparpagliati in giro per la mappa, tutti posizionati in punti strategici per tutta la mappa di gioco.

Benvenuti a Niwen

Tutta Niwen, da buon metroidvania quale questo titolo è, non è altro che un gigantesco percorso a ostacoli, piena di trappole, segreti, collezionabili da raccogliere, e nemici, che metterà a dura prova i propri riflessi e la propria abilità col pad o mouse e tastiera. Chiaramente Ori dovrà imparare nuove abilità per avere la meglio con determinati ostacoli e con determinati nemici, e a questo giro non solo ritorneranno alcune abilità del predecessore, come lo scatto e il colpo, ma se ne aggiungeranno altre di nuove, come il rampino, che è capace di aderire su certi elementi e di spingere Ori verso di esse. L’unico vero limite di questo sistema è rappresentato dal fatto che nonostante ci siano un buon numero di magie a disposizione, se ne potranno equipaggiare soltanto tre per volta, ognuna attivabile con un tasto apposito, interscambiabili al momento tramite un menu apposito. Sebbene di per sé non sia un problema così grave, alla lunga cambiare magia al volo in base alla situazione del momento diventa fastidioso, soprattutto durante i combattimenti, e si finisce addirittura di dimenticarsi di avere altre magie a disposizione, solamente perché non si vuole interrompere l’azione mettendo in pausa il gioco per cambiarle. Certo, per chi gioca col pad è un male necessario, ma per chi ha gioca con mouse e tastiera, non sarebbe stata male l’idea di avere qualche slot rapido in più.

Ma per il resto, Ori si gioca che è un piacere, è sempre frenetico e veloce, i comandi sono sempre responsivi e il numero di mosse a propria disposizione molto alto, rendendo un semplice percorso da un punto all’altro della mappa in un gigantesco numero di acrobazia. Nonostante mano a mano che si prosegue il gioco si acquisiscano poteri per rendere più semplici certi passaggi, è indubbio che nelle parti finali, quando si girovaga solo per andare a raccattare i segreti lasciati, ci si rende conto come qualche teletrasporto in più in giro per la mappa male non avrebbe fatto. Ma rimane un difetto che ben pochi accuseranno, probabilmente. In ogni caso, per terminare la nostra run ci abbiamo messo 14 ore, completando l’87% degli obiettivi di gioco (collezionabili, segreti, missioni secondarie, e così via), a cui serviranno almeno 3 o 4 ore in più se proprio si volesse raggiungere il 100%.

Se vi state chiedendo se sia possibile giocare a questo titolo senza aver giocato prima a The Blind Forest, la risposta è: Sì, ma… fareste solo un torto a voi stessi. Per cui, fatevi un favore, se questo dovesse essere il caso, recuperate prima il suo predecessore e in seguito The Will of the Wisps. Non ve ne pentirete.

Un piacere per gli occhi e le orecchie

Dal punto di vista grafico, c’è ben poco da dire, gli screenshot a corredo di questo pezzo parlano da soli e testimoniano quanto ogni frame sia ricchissimo di dettagli e di colori, ma ciò che non possono mostrare è l’incredibile qualità con cui sono state create le animazioni, in quanto sono state sensibilmente migliorate rispetto al suo predecessore, risultando parecchie fluide da vedere. Senza poi considerare la musica, un autentico spettacolo per le orecchie, capace di emozionare a ogni singola nota cantata e suonata. Ogni zona del gioco è stata poi resa unica rispetto alle altre, non solo per via delle combinazioni di colori ed elementi scenografici che le contraddistinguono, ma anche dai nemici che le popoleranno, così come dalle meccaniche di gameplay peculiari che le caratterizzano. E così, troveremo paludi dai colori spenti dove piattaforme retrattili hanno la meglio, caverne dove l’oscurità è in grado di uccidere e l’uso della luce la fa da padrona, monti innevati dove bisogna giocare con la dualità del caldo e del freddo, e così via.

Fortunatamente tutto questo non ha un grandissimo peso in termini di computazione richiesta dalle proprie macchine, complice la sua natura 2D. Sulla nostra configurazione di prova, un i5-4690K @3.50GHz, 16GB di RAM e una GTX 980 con 4GB di VRAM, il titolo girava con un frame rate, per la stragrande maggioranza delle volte, oltre i 100fps a 1080p di risoluzione. È indubbio che un qualunque computer di potenza inferiore possa far girare il titolo almeno ai 60fps a pari risoluzione. Se puntate al 4K, chiaramente occorrerà avere qualcosa di più sotto il proprio cofano perché giri in maniera decente, ma d’altro canto se già si possiede un tale monitor, si saranno già sicuramente fatti i conti con la propria configurazione.

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