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Imprigionato da un tempo indefinito, torturato, umiliato, niente gli sembra andare per il verso giusto. Il protagonista di Furi, un samurai futuristico senza nome e senza voglia di parlare, è in questa triste situazione. Ma le cose sembrano cambiare quando d’un tratto appare un misterioso personaggio che indossa una gigantesca maschera da coniglio, animale ormai entrato di diritto come simbolo di mistero, di cambi repentini al proprio destino, come nell’opera di Carroll insegna.

Il misterioso personaggio libera l’altrettanto misterioso samurai, dandogli di fatto una chance di fuggire da questa assurda prigione, composta da diverse sezioni collegate tra portali intradimensionali. Ma non c’è tempo per vedere il panorama, perché prima è necessario far fuori il carceriere, il primo boss che si andrà ad affrontare, un fantoccio per poter saggiare con mano le mosse che il protagonista è in grado di fare grazie a un tutorial calibrato all’uopo.

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Fuori uno, avanti un altro

Il gioco è focalizzato interamente sui combattimenti contro i boss: una volta sconfitti, si attraversa una breve sezione sui binari dove il nostro amico coniglio fornisce qualche criptico drappo sull’oscuro passato e sul prossimo boss che si dovrà sconfiggere, oltre che ammirare la bellezza di certe ambientazioni alquanto ispirate artisticamente. Sulle prime viene da pensare che sia un peccato che tanta ispirazione non sia stata usata per costruire livelli ad hoc immersi in questi scenari, ma il risultato di certo non sarebbe stato ciò gli sviluppatori si erano prefissati.

Dal punto di vista del combattimento, si avrà a che fare solo con boss, i quali avranno i loro attacchi, i loro pattern e la loro difficoltà, tendente brutalmente verso l’alto. Proprio così. Furi avrà solo boss fight, ma sono veramente toste, uniche e ben calibrate. Ogni boss ha a disposizione un certo numero di “vite” (dalle tre a sei), e in genere a loro volta sono suddivise in due fasi, in cui nella prima fase si potrà vagare liberamente nell’arena come in qualunque buon twin stick shooter e si avrà la possibilità di usare una sorta di pistola al plasma per indebolire le prime difese dell’avversario, mentre nella seconda fase si dovrà per forza di cose stare alquanto vicini al nemico e usare solamente gli attacchi corpo a corpo, cercando di usare con maestria attacchi semplici, parate, schivate e attacchi caricati.

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Ogni volta che al boss viene ridotta a zero la sua salute, perde una vita, ma cambierà i suoi pattern d’attacco, modificando, potenziando o aggiungendo nuove mosse al repertorio. Il gioco in questo senso si basa molto sul trial & error, si dovrà quindi imparare di volta in volta i pattern e capire come e quando attaccare o parare, magari subendo una bruciante sconfitta nel frattempo, anche perché spesso e volentieri gli attacchi non parati o schivati si mangiano via porzioni importanti di salute al protagonista. Da questo punto di vista, la serie Dark Souls potrebbe prendere qualche appunto.

Al giocatore, invece, sono concesse solamente tre vite. Quando se ne perde una, al boss viene ripristinata tutta la salute della fase corrente, e ovviamente se se ne perdono tutte, è game over e occorre rifare il boss daccapo. Il gioco comunque è ben bilanciato, perché una vita al protagonista viene ripristinata, così come la salute, ogni volta che se ne toglie una al boss, e anche se non ci sono medikit o pozioni magiche in giro, può capitare che alcuni attacchi dei boss generino un bonus salute (ma sono molto rari), oppure, è possibile ripristinarne un po’ parando un attacco, dando quel margine per poter sopportare un colpo extra senza dover rifare daccapo un’intera sezione. Può capitare che il gioco diventi frustrante quando si perde la pazienza dopo due ore che si cerca di battere un boss, ma almeno il gioco è onesto: ogni volta che si muore è solo colpa del giocatore.

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Analisi tecnica

Non c’è molto da dire in realtà sul fronte tecnico. Il gioco fa il suo dovere, sia dal punto di vista tecnico che grafico, anche se da quest’ultimo punto il titolo non punti, se non per far sfoggio a uno stile grafico cartoon/fumettoso alquanto gradevole.
Mancano tuttavia opzioni grafiche avanzate, relegate solo a una misera scelta tra “veloce” e “bella”, nonché ovviamente alla risoluzione, al v-sync e se giocare o meno in finestra. A questo proposito, i software per renderlo borderless purtroppo non funzionano. Ma non è un problema, il gioco di per sé è molto leggero, nonché estremamente stabile, e non abbiamo mai avuto episodi di tearing né cali di frame al di sotto dei 60fps.
Menzione d’onore per il fronte sonoro, perché il titolo porta con sé una soundtrack veramente d’impatto e azzeccata.

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Conclusioni

Furi è un titolo difficile, massacrante, frustrante. È altamente consigliato per chi vuole una sfida incentrata sul combattimento puro al 100% e non sull’esplorazione, sulla gestione di build, classi o altro. Purtroppo data la peculiare struttura di gioco, non risulta essere particolarmente longevo, ma la prima run in ogni caso può portare via parecchie ore, tra le 6 e le 13, e ovviamente dipende tantissimo da quanto si è bravi e da quante volte è necessario ripetere i vari boss. Tuttavia, una volta finito si può sempre provare a rifarlo a difficoltà estrema (chiamata Furiosa per l’occasione), oppure a sbloccare altri finali.

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