Frostpunk – Recensione

Quello dell’apocalisse è uno dei temi più ricorrenti nell’immaginario videoludico. Tra epidemie zombie ed invasioni aliene, infatti, più e più volte la terra è stata messa in serio pericolo e ancor più volte è toccato a noi l’arduo compito di rimettere le cose a posto. In Frostpunk non ricopriremo però il ruolo del novello supereroe, non dovremo combattere contro orridi mostri provenienti da chissà dove. Il nostro nemico è più subdolo: non ha un nome ma è sulla bocca di tutti, non ha corpo ma è sempre presente. La scarsità di risorse ha generato un inverno perenne, uno straziante gelo che ha messo in ginocchio l’intero globo. Per sopravvivere la gente lascia le ormai inutili città e si avventura alla ricerca di qualcosa con cui scaldarsi le membra, di qualcosa con cui sfamarsi e per cui raggiungere l’alba successiva. Una folle idea balza nella mente, ormai disperata, di un gruppo di londinesi: dirigersi a nord, dove le temperature sono diverse decine di gradi sotto lo zero ma dove abbonda anche il carbone, per cercare nuove fonti di sostentamento. A capo di questa folle e suicida spedizione ci saremo noi, l’ultima speranza di quel manipolo di disperati. Non saremo l’eroe che l’umanita merita ma quello di cui ha bisogno: dovremo ricoprire il ruolo di una figura forte che riesca a ridisegnare il futuro, guidando i propri seguaci fuori dalla crisi energetica che sta attraversando il pianeta. Un compito sicuramente ne semplice ne gratificante ma che deve essere portato a termine: ne va della sopravvivenza dell’intera specie umana.

Un generatore come cuore pulsante

La nostra piccola comitiva trova, nel corso delle tre missioni della campagna di gioco, riparo all’interno di un cratere, intorno ad un imponente e caloroso generatore. Come un grande cuore da esso parte l’unica fonte di calore del nostro insediamento che si diffonde attraverso le arterie della città, andando a scemare il proprio apporto energetico man mano che ci si allontana dal centro di essa. Il nostro piccolo agglomerato urbano si disporrà quindi in centri concentrici il più vicini possibile al sacro generatore: abitare nei suoi dintorni porterà sollievo alla popolazione, starne lontani alla morte per assideramento. Il generatore è però vorace e richiede continuamente carbone per rimanere acceso e per offrire i suoi servigi. La popolazione, d’altro canto, ha bisogno di cibo e le strutture di legno e metallo. Intorno a questi quattro materiali gira quindi la sfera economica di Frostpunk e della nostra lotta contro il gelo. Ad aggiungersi alla ruota di variabili in gioco vi sono inoltre la speranza e il discontento: senza speranza non si va da nessuna parte e con il discontento alle stelle sarà un attimo trovarsi detronizzati e lasciati da soli in mezzo al gelo. Senza quindi sottovalutare i più tangibili materiali, a fare da fulcro all’intera esperienza di gioco saranno però principalmente queste due caratteristiche. Bilanciarle ci metterà più di una volta di fronte ad ardue e difficili scelte morali.

Nella lotta per la sopravvivenza dovremo infatti prendere spesso delle decisioni non esattamente facili. Da una parte vi sarà l’efficienza, il minor spreco di risorse e forze lavoro, dall’altra i diritti umani. Fino a che punto tali diritti potranno essere conservati prima di venire congelati come tutto il resto? Meglio far lavorare i bambini, per non rischiare la morte di meta popolazione, o meglio lasciarli trascorrere l’infanzia spensierati? O, ancora, è preferibile amputare arti ai lavoratori infortunati, lasciandoli così inutilizzabili, o porre fine alle sofferenze di un’ormai “inutile” esistenza? Frostpunk ci bombarda di quesiti e scelte che definire difficili è un eufemismo. Non sarà possibile prendere solamente una delle due strade: dovremo misurare bene ogni nostra mossa per non rischiare di cadere né nel baratro della disperazione né nella scarsità più assoluta di risorse. Una rappresentazione cruda e desolante della realtà ma non per questo sbagliata. Frostpunk riesce a mettere in serio dubbio le certezze del giocatore: non c’è una scelta giusta e una sbagliata, ognuna ha i suoi pro e i suoi contro. Sta a chi è dietro lo schermo e alla sua sensibilità decidere qual è il male minore.

Bello, ma poco vario

Se da un lato quindi Frostpunk riesce a raccontare splendidamente la disperazione e la paura dei coloni alla ricerca di una nuova vita e la difficile gestione di un così complesso ecosistema, dall’altra fallisce parzialmente riguardo la varietà di gioco. Come detto precedentemente sono solo tre gli scenari e non sono generati proceduralmente. Semplice capire quindi come, una volta completata una missione, non vi siano molti motivi per riaffrontarla. Un difetto facilmente correggibile con futuri aggiornamenti ma che, al giorno d’oggi, merita di essere tenuto in considerazione.

Frostpunk è un titolo pesante nelle tematiche ma leggero per quanto riguarda l’aspetto tecnico: non vi sarà assolutamente richiesto hardware di ultima generazione per vivere l’epopea dei coloni londinesi in alta definizione. Frostpunk non è però sicuramente brutto da vedere, anzi in particolare certi effetti particellari sono molto ben curati. La direzione artistica è inoltre di livello e prende a piene mani dall’immaginario steampunk, come del resto suggerisce anche il nome del titolo stesso. Nel complessivo l’aspetto audiovisivo del titolo è completamente di ausilio ad esso, andando ad aumentare esponenzialmente il senso di immedesimazione nel giocatore.

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