La genesi di Detroit Become Human è sicuramente interessante. Nato da una tech demo per l’allora Playstation 3, lo studio francese di Quantic Dream ha poi sviluppato l’idea sino ad arrivare al risultato odierno. Tuttavia guardando al passato della software house guidata da David Cage era più che lecito avere dei dubbi. Infatti i precedenti lavori del designer francese presentavo tutti a vario titolo difetti più o meno marcati che inevitabilmente minavano la godibilità del prodotto finale. Non vi resta dunque che fugare ogni perplessità continuando nella lettura della nostra recensione di Detroit Become Human.

Cogito Ergo Sum

Tramite i tre personaggi principali Kara, Markus e Connor, Detroit Become Human tenta di fornire una narrazione alternativa di un futuro non troppo lontano. Qui una società privata chiamata Cyberlife è riuscita a sdoganare l’uso degli androidi come pupazzi da compagnia e non solo. In questa distopia tutta da esplorare si alternano le tre storie parallele di altrettanti androidi, in un percorso accidentato che li trasformerà da semplici macchine a “devianti” capaci di provare emozioni e di sviluppare un pensiero proprio. Raccontarvi di più sulla trama sarebbe un torto non da poco, per cui il nostro consiglio
Il canovaccio proposto da Detroit Become Human è il medesimo già visto nelle vecchie produzioni di Cage. Un gioco che spinge più verso la sponda di un film interattivo che verso quello dell’avventura grafica tradizionale. Tuttavia questo non significa che il giocatore è uno spettatore impassibile chiamato solo a visionare un filmato ma bensì diventa componente della narrazione poiché chiamato a prendere delle decisioni capaci di modificare in maniera più o meno significativa l’andamento della storia.
Proprio il lato decisionale in Detroit Become Human è esaltato al massimo. Rispetto al passato il giocatore si ritroverà in quasi tutte le situazioni proposte a poter scegliere tra usa serie di bivi che porteranno ad altrettanti biforcazioni capaci di offrire un’esperienza personalizzata mai eguagliata nella storia di Quantic Dream. A sostengo del giocatore inoltre si presenta un utile diagramma di flusso, il quale al termine di ogni capitolo fornisce una panoramica delle azioni e delle decisioni prese, facendo cadere al contempo l’occhio su tutte le possibilità che il giocatore avrebbe potuto scegliere.
La longevità per un titolo del genere è ottima, si parla di circa 10h per completare l’intera storia, alle quali si possono aggiungere delle ore extra laddove si volessero esplorare tutti i possibili bivi offerti.

Bellezza in movimento

Se sul versante della narrazione i Quantic Dream sono riusciti ad offrire un prodotto più maturo e solido rispetto al passato, la stessa cosa non si può dire per il gameplay. Sfortunatamente i problemi di gameplay sono i soliti a cui ci ha abituato lo studio francese. In più di una circostanza i quick time event possono risultare macchinosi e imprecisi rovinando la fluidità dell’azione e il godimento della stessa soprattutto se ci si trova difronte una sequenza piuttosto dinamica. In particolare quelli legati ai sensori di movimento del Dualshock 4 hanno contribuito al fallimento di diverse azioni proposte a schermo risultando i peggio implementati nell’esperienza.

Fortunatamente a bilanciare un gameplay non proprio a fuoco ci pensa un aspetto tecnico davvero di alto livello. Detroit Become Human è un gioco creato per essere bello. Durante la nostra prova su Playstation 4 pro scenari, animazioni facciali e gli stessi personaggi controllabili e non hanno contribuito ad un carosello visivo curato in maniera dettagliatissima. Peccato però che spesso e volentieri l’incalzare dell’azione lascia poco margine per fermarsi ad apprezzare questa bontà grafica. Tuttavia il prezzo per tale bellezza risulta in qualche sporadico calo di framerate durante repentini rotazioni della telecamera o in concomitanza di scene piuttosto concitate. Inoltre vi segnaliamo che in qualche contesto si sono verificati anche dei ritardi di caricamento delle texture.

Detroit Become Human non ci ha convinti totalmente. Un gioco che sa sicuramente conquistare per la sua ambientazione affascinante ma che tuttavia si perde in alcuni dettagli che ne minano la credibilità. Al netto dei difetti rimane comunque un’esperienza godibile e sicuramente la migliore prodotta da Cage e compagni, a patto però di non osservare ai raggi X tutti i dettagli che la compongono.

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