Ashes of the Singularity è un nuovo titolo che farà parecchio discutere nel prossimo periodo, vediamo il perché nella recensione. Per iniziare partiamo con una brutta notizia, la campagna.
Quelli che hanno giocato solo la corta quanto deludente campagna single-player avranno un’idea abbastanza negativa sia del gioco che della profondità strategica presente nelle altre modalità. Lungo 8 missioni principali e 3 opzionali, la campagna ci introduce in un futuro dove la Coalizione Post Umana manda le proprie armate robot contro una misteriosa intelligenza artificiale chiamata Il Substrato. I personaggi sono piatti e insipidi, la storia è narrata in maniera minimale e lineare, e fino alle ultime due missioni, si ha la sensazione di giocare ad un’estensione del tutorial anziché ad una sfida appassionante. Una presentazione della storia poco ambiziosa è perdonabile per un gioco come questo, ma mette in cattiva luce il titolo poiché non rappresenta quello che realmente Ashes of the Singularity ha da offrire.
Dal punto di vista del gameplay il gioco propone una colossale mappa che può essere esplorata grazie ad una telecamera flessibile e reattiva, restituendo una sensazione di star amministrando una battaglia su larga scala con guerriglie multiple. Il gioco infatti incoraggia a considerare un vasto gruppo di unità come una singola entità, con la possibilità di raggrupparne una vasta quantità in un singolo esercito il quale mediante tasti rapidi adotterà una formazione ben architettata. Le due razze disponibili non differiscono molto in quanto a meccaniche di gioco se non per delle piccole sfumature, come i Substrato che hanno scudi ricaricabili e una mobilità appena maggiore, invece i Post Umani hanno scafi più resistenti e sono più forti negli scontri prolungati. Questo modello di combattimento interplanetario provvede ad avere sempre un numero elevato di unità su schermo e crea un’interessante curva di apprendimento. Sciami di piccole unità avranno una buona agilità, ma non andranno molto lontano se verranno scagliate contro eserciti provvisti di navi più grandi. Creare eserciti con navi ben bilanciate renderà l’armata molto più bilanciata e pericolosa nonostante la perdita di mobilità. Ad estendere ancora di più questo concetto ci sono le corazzate vere e proprie navi della morte ambulanti, capaci seppur in poche unità di garantire un grosso vantaggio strategico nel controllare le aree in cui sono dispiegate. La maggior parte di questo dinamismo deriva dalla imponente scala delle battaglie e dagli eserciti che le combattono, infatti le unità schierabili sono dell’ordine delle centinaia che spaziano da piccole squadre di tank a enormi corazzate provviste di abilità. Il trucco sta nel predire in anticipo quale sarà la mossa avversaria muovendo le navi come in una partita di scacchi.
La raccolta di risorse propone un modello dove ogni team compete per il controllo di “nodi”, i quali distribuiscono diversi tipi di risorse, ma la cosa più interessante è che solo un gruppo di nodi collegati tra loro e successivamente alla base principale generano risorse rendendo tutto sempre in uno stato precario, poiché con attacchi mirati a nodi chiave è possibile smantellare completamente l’approvvigionamento di risorse del nemico. In aggiunta a questi nodi base vi sono quelli di Turinium, i quali se controllati in buona parte per un periodo di tempo garantiscono la vittoria automatica della partita. Invece la parte gestionale è molto semplicistica e lineare proponendo un modello dove ci sono poche infrastrutture ed abilità portando così il focus sulla battaglia.
Il multiplayer è dove Ashes of the Singularity raggiunge il proprio apice, infatti aggiungendo giocatori umani alla partita questa ha il potenziale per diventare un complesso gioco di mosse dove le azioni per minuito non sono sufficienti per salvarsi da una contromossa ben congeniata.
Il nostro verdetto finale è quanto meno scontato, infatti se da una parte Ashes of Singularity propone una campagna poco eccitante e facilmente passabile, dall’altra abbiamo un multiplayer capace di mostrare tutto ciò di buono che il gioco ha da proporre. Quindi il nostro consiglio è quello di non acquistare il gioco se siete dei giocatori solitari in cerca di un gioco mangia ore capace di immergervi completamente, mentre se siete amanti del multiplayer e cercate sempre una sfida maggiore è saggio tenere d’occhio questo titolo. In definitiva Ashes ha bisogno di un po’ di tempo per ingranare e far abituare il giocatore sia alle meccaniche di gioco, sia all’enfasi delle tattiche di schermaglia.