Mentre qui da noi i videogiochi dal punto di vista politico sono solo un banale passatempo o un capro espiatorio per eventuali episodi di violenza, in Corea del Sud invece li prendono seriamente, tant’è che ci fanno su addirittura regole e leggi apposta che possono non solo portare a multe salate, ma anche al carcere.

Questa volta parliamo della pratica del “boosting”, pratica diffusa che consiste nel pagare un altro videogiocatore molto più pratico per scalare la classifica con il proprio profilo di un dato titolo multiplayer, o di giocare in squadra per cercare di fargli accumulare quanti più punti possibili.

Poiché una pratica del genere danneggia sia la natura competitiva di diversi titoli che gli sviluppatori, la Corea del Sud sta appunto pensando di rendere questa pratica illegale, a tal punto da costare ai trasgressori 20 milioni di Won di multa (circa $18.000) e fino a due anni di prigione.

Il motivo per cui la danneggia sia i giocatori che lo sviluppatore è presto detto: se un giocatore scarso fa parte di un rank alto perché è stato “boostato”, il risultato è che i giocatori che sono arrivati a quel rank con le proprie forze, trovandosi davanti a un avversario totalmente al di sotto delle sue capacità, potrebbero non trovare stimolante questa sfida per i propri gusti e abbandonare di conseguenza il titolo.

Questa proposta è in realtà a un passo da diventare una vera e propria legge, in quanto l’emendamento al riguardo è passato al comitato di revisione legislativo dell’assemblea nazionale, e verrà discusso il 30 dicembre.

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