Recensione Dead Space

dead space gameplay
dead space gameplay

“Nessuno può sentirti urlare nello spazio” era lo slogan della locandina di Alien, ma potrebbe benissimo essere applicata anche a quella di Dead Space date le dovute similitudini col capolavoro di Ridley. Peccato che lo stesso non si possa dire mentre lo si gioca nel cuore della notte a casa propria, ma questa è un’altra storia. Dead Space. Molti giocatori di lunga data lo conoscono, l’hanno amato, hanno amato anche il secondo capitolo e con dispiacere gli hanno detto addio dopo un terzo capitolo memorabile per i motivi sbagliati. E con la chiusura di Visceral imposta da EA (complice il non brillante risultato di Battlefield: Hardline), ecco che le speranze di un eventuale quarto capitolo di questo survival horror svanì come neve al sole. Per questo la notizia di un remake del primo indimenticabile capitolo venne accolto con gioia e con entusiasmo, perché potrebbe significare l’esumazione di una IP che per meriti propri può sedere a fianco di un caposaldo intramontabile come Resident Evil.

E non abbiamo citato la storia IP di Capcom così a caso, perché proprio a detta del creatore originale di Dead Space il gameplay di Resident Evil 4, che rivoluzionò ai tempi i titoli in terza persona su console dando uno strattone inaspettato alle proprie radici dando addio alle telecamere fisse, ispirò fortemente a sua volta il gameplay di Dead Space. E se Dead Space 2 ricalcò le stesse orme del precedente, sancendo il motto che squadra che vince non si cambia, lo stesso non si poté dire di Dead Space 3, che sconvolse un po’ troppo il gameplay perdendo gran parte delle sue tinte horror in favore di un’esperienza co-operativa alquanto action, cosa che purtroppo non incontrò il benestare dei fan finendo con il deluderli. Aggiungiamoci pure una politica di microtransazioni e il finale venduto sotto forma di DLC e la frittata è fatta.

In ogni caso, vediamo come si presenta il nuovo Dead Space, dieci anni dopo l’ultimo capitolo.

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Un restyling fatto come si deve

Fermo restando che l’originale è un titolo tutt’oggi godibile (e ci mancherebbe), il remake fatto da Motive ha un obiettivo molto importante: tastare l’interesse del pubblico in merito a questa IP che per dieci anni EA ha tenuto sepolta, e vedere se può essere ancora profittevole. Un’operazione sulla carta semplice, ma non così immediata a causa del divario tecnologico che si è venuto a creare nel frattempo. il risultato fortunatamente ha rispettato le aspettative: Dead Space è un vero e proprio ammodernamento di ciò che ci era stato proposto nel 2008, senza per questo stravolgerlo. Non solo c’è tutto ciò che avremmo voluto vedere nel remake, ma anche quello che non avevamo mai avuto il coraggio di chiedere.

Partiamo subito da ciò che si vede, la grafica. Nulla da ridire su questo lato, in quanto il gioco è veramente uno spettacolo da vedere, soprattutto in movimento, e rimane forse l’aspetto più evidente in questo remake. Tutto è stato rifatto per l’occasione, modelli, animazioni, texture, il sistema di illuminazione, il sistema particellare, e il risultato è che Dead Space è il titolo con la migliore grafica degli ultimi anni, affiancata probabilmente a quella di un altro survival horror di recente uscita, The Callisto Protocol. Persino il comparto audio è stato rivisto ed è stato migliorato rispetto all’originale, possiede infatti un sofisticato sistema di propagazione del suono che migliora notevolmente l’esperienza, specialmente se si gioca indossando delle cuffie.

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Il gioco farà uso del ray-tracing, ma solo per gestire l’ambient occlusion. Sono comunque presenti il DLSS e l’FSR come filtro antialiasing, anche se in molti casi sembra che il loro uso sporchi un po’ troppo l’immagine finale, per cui il nostro consiglio è che al momento si usi il filtro antialiasing di default, che funziona perfettamente e mantiene la fedeltà originale. Potreste pur sempre usarli come modo per risparmiare qualche frame qua e là, ma riteniamo che i benefici non giustifichino il loro uso, per cui non fateci troppo affidamento. Il gioco fa comunque un uso sapiente delle luci e del buio per poter fare presa sul giocatore. In ambito di game design, il buio è un argomento complesso da affrontare, ancora di più se si parla di un titolo horror, e gli sviluppatori di Dead Space hanno deciso che il buio equivale al non vedere alcunché. Potrà sembrare un’affermazione banale, ma ritrovarsi a vagare a vagare per dei corridoi bui barattando la possibilità di correre per poter usare la torcia montata sulla propria arma aggiunge molto al fattore tensione. Peccato solo per il fuoco e le fiamme, che sembrano essere sottotono rispetto a tutto il resto.

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Ritorno sull’Ishimura

L’incipit di Dead Space è rimasto invariato: la gigantesca nave spaziale mineraria USG Ishimura perde ogni contatto e pensando a un grave guasto al sistema di comunicazioni viene inviata una piccola squadra di soccorso composta da ingegneri, tra cui Isaac Clarke, il nostro protagonista, ma si scopre ben presto che in realtà l’Ishimura è stata invasa da mostri che ha praticamente decimato la quasi totalità dell’equipaggio. Ciò che cambia rispetto all’originale sono sostanzialmente i dialoghi e le sottotrame dei vari personaggi con cui avremo a che fare, anche perché è stata introdotta una importante novità, ovvero che Isaac potrà parlare. Nell’originale Dead Space il nostro protagonista era infatti muto, e soltanto nel seguito gli venne data la parola, e questo cambiamento rappresenta invero una novità ben accetta, non solo perché riesce a delineare meglio la personalità del protagonista, ma perché in questo modo molti dialoghi risultano essere decisamente più naturali, soprattutto durante alcune fasi con Nicole. Certo, in alcuni casi, quando viene fatto notare che ciò che dovrà fare Isaac rappresenta una vera e propria azione suicida, il risultato è surreale, perché il protagonista sbologna la cosa con un “ci penso io!” senza un minimo di esitazione, ma il risultato nel complesso è accettabile, e anzi, vien da chiedersi come mai non l’abbiano fatto parlare già nell’originale. E se ve lo state chiedendo, il doppiatore italiano che interpreta Isaac è lo stesso dei precedenti titoli. E per l’occasione sono stati chiamati anche gli stessi che avevano interpretato Mercer, Nicole e Temple, mentre per i restanti personaggi sono stati usati nuovi interpreti.

Anche sul lato gameplay ovviamente è rimasto più o meno invariato, ma ci sono dei cambiamenti qui e là che vale la pena di parlarne. Il gameplay ruota attorno a quello di sopravvivere a creature mostruose chiamate necromorfi usando non tanto armi, bensì utilizzando pericolosi strumenti da lavoro riadattati per l’occasione, eccezion fatta per il fucile a impulsi che è l’unica vera e propria arma in senso stretto disponibile. La peculiarità dei necromorfi è che sono creature resistentissime, proprio per questo l’unico modo che si conosce per disfarsene in fretta e senza sprecare troppe munizioni è quello di smembrarli arto per arto. La bellezza di Dead Space sta proprio qui, il trovare modi anche originali per farlo. Al secondo livello viene dato il modulo cinetico, che altro non è che la gravity gun di Dead Space. Con esso è possibile raccogliere oggetti da terra e scagliarli con forza verso un avversario. Molti oggetti sono purtroppo inutili per fare danno, ma altri invece si riveleranno essere davvero preziosi e consentiranno di uccidere i vostri avversari senza nemmeno sparare un colpo. Forse avrete notato che molti necromorfi hanno delle vere e proprie lame attaccate alle braccia: orbene, sarà possibile usare anche quelle come arma impropria! Il modulo cinetico appena citato, più quello di stasi che permette di rallentare i nemici, saranno i vostri migliori alleati in molti frangenti, perché un cambiamento importante dall’originale, almeno alla difficoltà più alta, è che i drop delle munizioni sono stati pesantemente ridimensionati. Sostanzialmente rovistando tra armadietti e scatole e uccidendo i nemici abbiamo trovato ben poche munizioni. In molte occasioni ci siamo ritrovati praticamente senza e ci siamo dovuti arrangiare usando ciò che siamo riusciti a raccattare in giro. Naturalmente avremmo potuto spendere i nostri sudati crediti per acquistare nuove munizioni al negozio, ma è un’opzione di cui non abbiamo voluto approfittare. Per quanto riguarda i medikit, invece, ne abbiamo sempre ricevuti a sufficienza.

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Il gore è incredibilmente migliorato rispetto all’originale, in quanto i danni che farete con il vostro arsenale si mostrerà senza censure sui corpi dei mostri, e usando alcune delle armi più forti addirittura verranno interamente scorticati lasciando in bella mostra i loro muscoli marci e sanguinolenti, rendendo dunque gli scontro visivamente appaganti. Insomma, non è un gioco adatto ai più deboli di cuore o a chi è particolarmente sensibile alla violenza, tant’è che è stata introdotta la possibilità di avvisare il giocatore se le imminenti scene sono troppo splatter, ma rimane il dubbio sul perché uno sensibile a queste cose avrebbe la voglia di giocare a un titolo del genere…

L’arsenale è composto da sette strumenti di morte, e rispetto all’originale sono state fatte alcune modifiche interessanti. Senza entrare troppo nei dettagli, ad esempio il fucile a impulsi sarà simile a quello visto in Dead Space 2, dove la modalità secondaria originale è stata modificata con quella di poter lanciare mine, e in più sarà possibile portarle tutte contemporaneamente, ma occuperanno ciascuna uno slot nel limitato inventario. Isaac, da bravo ingegnere quale è, può usare determinati banchi da lavoro per barattare i nodi energetici sparpagliati su tutta l’Ishimura per potenziare ancora di più questi strumenti, così come la propria armatura. Si possono modificare i classici valori come danno, grandezza del caricatore e velocità di ricarica, ma trovando alcuni upgrade sarà possibile sbloccare non solo ulteriori potenziamenti, ma persino sbloccare nuove abilità uniche. E trovare tutte queste parti non sarà affatto facile, ma fortunatamente grazie al backtracking sarà sempre possibile ritornare indietro per andare a cercarli nel caso abbiate saltato qualcosa durante l’esplorazione. Ebbene sì, a questo giro l’Ishimura sarà interamente esplorabile a piedi da poppa a prua, mentre il tram funge da mezzo per lo spostamento veloce.

Essendo appunto l’Ishimura una gigantesca nave spaziale, potevano forse mancare sezioni dove la gravità è assente o nel vuoto? Certo che no, e se nell’originale queste sezioni erano un pochino scialbe in quanto tutto quello che Isaac poteva fare era camminare su una superficie grazie ai suoi scarponi magnetici o cambiarla velocemente con un salto, nel remake è stato fatto un salto di qualità in avanti non indifferente: la tuta di Isaac è stata dotata di propulsori, in modo da permettergli di volare durante le fasi in assenza di gravità. Naturalmente alcune fasi che nell’originale erano state progettate con Isaac incapace di volare sono state ridisegnate con questa nuova abilità in mente, e forse questi sono i cambiamenti più sorprendenti all’interno del gioco.

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Non tutto ciò che si muove è un necromorfo

Purtroppo, come ogni progetto videoludico anche il remake di Dead Space ha la sua bella dose di problemi, alcuni minori, altri un po’ più gravi. Noi parleremo di quelle più gravi, in quanto discutere su quanto i suoni delle armi di questo remake siano differenti rispetto all’originale porta in realtà poco.

Forse lo avrete già intuito, ma purtroppo Dead Space ha qualche problemino circa le prestazioni e l’ottimizzazione. Fermo restando che le patch rilasciate finora hanno già fatto qualche miracolo, il risultato complessivo è ancora lontano dall’essere soddisfacente, a causa soprattutto della presenza di stuttering. Nemmeno avere un PC ultrapompato pare aiuti la situazione. Ma ricordatevi che “insoddisfacente” non vuol dire “ingiocabile”.

Nel nostro caso ci è capitato ogni problema possibile e inimmaginabile che hanno minato pesantemente l’esperienza, ma siamo altresì sicuri che esperienze come la nostra siano state più uniche che rare, e siamo sicuri di questa affermazione per un motivo alquanto banale: l’alto punteggio ricevuto nelle recensioni di Steam. Se la nostra epopea, che vi racconteremo nelle imminenti righe, fosse stata la norma, l’utenza non l’avrebbe di certo fatta passare liscia. Nel nostro caso ci sono capitati infatti, oltre ai sopracitati problemi di stuttering, problemi all’audio dove parecchi suoni non venivano riprodotti o venivano riprodotti con forte ritardo, gravi episodi di lag ai comandi, frequenti crash (diventati estremamente rari con l’ultima patch), assenza di responsività ai nostri input, a volte quando morivamo non veniva caricato il salvataggio e dovevamo uscire e rientrare dal gioco. Una volta il gioco era passato in modalità finestra per fatti suoi e per qualche strana ragione non ci è stato più possibile tornare allo schermo intero; se si cambiavano le impostazioni o si provava a premere alt+invio il gioco semplicemente si bloccava del tutto, finché non s’è messo a posto da solo spontaneamente il giorno dopo (no, riavviare il PC non è servito). Addirittura, al giorno del lancio il gioco ci aveva messo in una situazione di “softlock” in quanto, raggiunta una particolare area del secondo livello, diventava non responsivo, ignorando sostanzialmente ogni comando impartito e facendoci morire per la presenza di necromorfi, impedendoci dunque di fatto di proseguire con l’avventura. Fortunatamente questa incresciosa situazione s’è messa a posto con una recente patch che ci ha consentito di andare avanti e di raggiungere la fine.

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Probabilmente tutti questi problemi sono stati causati dalla CPU del sottoscritto che ormai ha ben più di otto anni sul groppone (un i5 4690K a 3,2GHz) e dunque non ha probabilmente le performance necessarie a far girare correttamente il gioco, ma torniamo a ripetere che è stata una nostra disavventura personale che ha messo ulteriore pepe a un gioco che di pepe ne ha in abbondanza, per cui non fatevi spaventare troppo da ciò che abbiamo appena scritto. I forum di gioco non mentono e non siamo stati in grado di trovare gente che avesse avuto simili problematiche, almeno non tutte assieme, eccezion fatta per l’onnipresente stuttering. Nonostante tutto, quando il gioco funzionava bene, sulla nostra RTX 2070 con 8GB di VRAM riuscivamo a giocare mediamente sui 40fps a 1080p e dettagli bassi, che non è tanto, ma è sufficiente per riuscire a giocare.

Per portare a termine l’avventura ci abbiamo messo una ventina di ore, comprensivi di un massiccio backtracking per poter portare a termine diverse missioni secondarie che avevamo lasciato in sospeso. Considerate che esiste anche un finale alternativo segreto che è disponibile solo in modalità New Game + e la longevità aumenta ancora di più.

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Conclusioni

Nonostante le nostre disavventure che vi abbiamo raccontato, consigliamo caldamente Dead Space, sia alle nuove leve che erano troppo piccole per giocare all’originale, sia a chi l’originale l’ha giocato e spolpato fino in fondo. È un remake di cui non sapevamo di aver bisogno, rispetta l’originale e aggiunge tante gradite novità sia in termini di gameplay che di storia. Ha la sua bella dose di problemi lato performance, come ormai moltissime uscite recenti hanno, ma questo non dovrebbe scoraggiarvi dall’acquisto, perché perdereste uno dei migliori survival horror mai fatti. Agli indecisi consigliamo di buttarsi e di provarlo, ricordando che ad esempio su Steam è possibile richiedere un rimborso entro due ore nel caso qualcosa non dovesse andare per il verso giusto. Ora però vogliamo davvero anche il remake di Dead Space 2!

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