Recensione Back 4 Blood – L’erede di Left 4 Dead?

Left 4 Dead sarà un titolo che verrà ricordato per sempre nella storia dei videogame. Sviluppato da Turtle Rock Studio e pubblicato da Valve, Left 4 Dead cambiò per sempre il destino degli shooter cooperativi sviluppati da quel 2007 in poi. Tra i titoli più importanti che devono la propria esistenza alla formula creata da questo gioco vi stanno PayDay, dove bisogna decimare orde di poliziotti mentre si fanno rocambolesche rapine a mano armata, o Vermintide, per citarne uno in salsa fantasy ambientato nell’universo di Warhammer.

Tuttavia, dopo alcune vicissitudini che hanno portato al distaccamento da Valve e l’allontanamento della maggior parte degli sviluppatori originali, Turtle Rock s’è messa in proprio e dapprima creò Evolve, sfortunato titolo cooperativo-competitivo che non ha avuto vita facile, e nel 2019 ha avuto la brillante idea di riprendere in mano il loro titolo di maggior successo e di farne un sequel spirituale. Poiché Valve detiene i diritti sul nome Left 4 Dead, c’era la necessità di creare una nuova IP, pertanto nacque così il nome “Back 4 Blood”.

Non chiamatelo Left 4 Dead 3

Difficile non comparare Back 4 Blood a Left 4 Dead. Vuoi per il “4” nel titolo, che rappresentano anche il numero di giocatori con cui si può giocare, vuoi che ci sono orde di nemici da falciare con le proprie armi, ma ovviamente le differenze sono tante e andremo a raccontarle. Anzitutto, anziché un virus che trasforma chi ne viene infetto in zombie, c’è un parassita di origine sconosciuta che tramuta tutti in mutanti assetati di sangue. Anziché dei sopravvissuti che stanno tentando di farsi largo per cercare un posto sicuro, ci sono i Ripulitori, che sono professionisti che i posti sicuri li creano. Anziché affidarsi esclusivamente al destino per trovare armi, munizioni e cure mediche, li si possono anche comprare con i soldi trovati in giro per la mappa negli appositi bauli all’inizio nelle safe house.

Naturalmente queste sono quisquiglie in confronto ai cambiamenti di cui parleremo tra poco, che sono molto più importanti del setting e della trama e che definiscono se il gioco in questione merita o no di essere acquistato e giocato, tuttavia, come il titolo di questo paragrafo suggerisce, fatevi un favore: non chiamatelo Left 4 Dead 3. Le differenze di gameplay rispetto alla serie Left 4 Dead sono tanti e tali da renderli due giochi distinti. Difficile parlare di evoluzione, difficile parlare di miglioramento, tuttavia di una cosa siamo sicuri, e cioè che Back 4 Blood sarà un titolo polarizzante, alcuni preferiranno l’originale da cui si ispira, altri preferiranno questo perché magari hanno bisogno di qualcosa di nuovo. Chiamarlo “seguito spirituale” va dunque benissimo.

Partiamo dalla grafica

Anche se Back 4 Blood usa l’Unreal Engine 4, graficamente non fa gridare al miracolo, e agli occhi poco esperti potrebbe apparire addirittura come un titolo di svariati anni fa, nonostante monti al suo interno nuove tecnologie come l’Nvidia DLSS o l’AMD FSR, e va bene così. Un titolo multiplayer di questo genere dovrebbe poter essere accessibile dalla maggior parte degli utenti, indistintamente da dove hanno intenzione di giocare, che siano PC da migliaia di euro, console, portatili o l’imminente Steam Deck. Tuttavia, è possibile notare dei peggioramenti grafici e stilistici rispetto a titoli non solo di qualche anno fa, ma persino al suo capostipite con più di dieci anni sul groppone, e dunque appare alquanto strano che il fuoco, le fiamme e le esplosioni siano visivamente davvero scarni e poco appaganti quando versioni visivamente migliori potevano essere rette benissimo dall’hardware dell’epoca, e non si capisce da cosa sia dovuta questa scelta di voler risparmiare su questi effetti grafici.

Questo si ripercuote anche nel gore del gioco. Paradossalmente il gioco si chiama “Back 4 Blood” (che letteralmente significa “tornato per il sangue”), tuttavia il sistema di gore implementato è alquanto lacunoso. Dove sono le fontane di sangue, budella e arti che non solo Left 4 Dead e moltissimi altri titoli sulla sua falsariga ci hanno abituato, come ad esempio il non più tanto recente Killing Floor 2? Certo, questo è un aspetto esclusivamente visivo e non intacca il gameplay, tuttavia vedere che in un gioco dove si macinano decine e decine di infetti la quantità di sangue e gore sia alquanto bassa risulta davvero insoddisfacente, soprattutto considerato che titoli che hanno ormai più di 5 anni sul groppone e sviluppati su hardware i cui limiti erano molto più marcati riuscivano a mostrare molta più roba a schermo.  Uno dei punti dove effettivamente è stato messo dell’impegno e si vede è nel modo con cui i modelli dei personaggi e il modello delle armi impugnate in prima persona vengono ricoperti di sangue e altra robaccia organica a mano a mano che si prosegue con il gioco.

Le performance in gioco sono sufficientemente buone, anche se mostra il fianco a qualche stuttering di troppo e dei cali vistosi in determinate aeree di alcuni livelli, ma nel complesso sulla nostra configurazione di prova, costituita da una RTX 2070 con 8GB di VRAM, 16 GB di RAM e un i5 4690k @3.50GHz, Back 4 Blood girava tranquillamente a 60fps con tutto al massimo e senza usare tecnologie di scaling. Purtroppo, giocare senza Vsync attivo, nonostante stessimo usando la finestra senza bordi, significava assistere a frequenti fenomeni di tearing, davvero fastidiosi.

Corri, spara, cura

In un gioco dove si spara una quantità sterminata di nemici le armi sono importanti. Fortunatamente su questo aspetto Back 4 Blood non delude, e mette nel piatto diverse bocche da fuoco. Pistole, SMG, fucili a pompa, mitragliatrici leggere, nel gioco non manca proprio nulla. Il gunplay, tuttavia, rimane nella media e non offre praticamente nulla di nuovo rispetto ad altri titoli simili, e anzi, per la già sopracitata limitata capacità di visualizzare il gore, la soddisfazione effettiva in questo reparto risulta essere alquanto inferiore, anche per via di un comparto sonoro non proprio all’altezza.

Una novità che ben si inserisce nel contesto è la presenza degli attachment, i potenziamenti alle armi che possono essere montati sopra di esse. Calci che permettono di muoversi più velocemente, caricatori più capienti, munizioni anti corazza, mirini laser, ottiche, silenziatori, c’è effettivamente un po’ di tutto tra gli upgrade disponibili per le armi. Ciò che non si inserisce bene in tutto questo è il fatto che queste modifiche abbiano statistiche casuali, e così un mirino ottico potrà avere altri bonus oltre al fatto che si potrà mirare con esso, come la possibilità di mirare più velocemente o di causare più danni critici.

Questo sistema, per quanto sia interessante, mal si sposa con la frenesia del titolo, in quanto invita a leggere la descrizione di ciò che un dato upgrade fa, anziché riuscire a imparare a memoria cosa i singoli attachment fanno e a riconoscerli a colpo d’occhio. Finché si è al sicuro della propria zona sicura, non c’è problema, ma cambiare modifiche nel bel mezzo di una battaglia non è una cosa molto fattibile. A rendere le cose più difficili ci pensa il fatto che non è possibile confrontare sul momento qualora si stia per scambiare un attachment, senza per forza di cose passare nella visualizzazione dell’inventario. Per di più, non è possibile smontare le parti di arma già montate, se non montandone di altri che usano lo stesso slot. Se per disgrazia montate un’ottica di precisione su un fucile a pompa, l’unica speranza è trovare un altro mirino un po’ più appropriato con cui scambiarlo. E questo vale anche se desidererete cambiare arma, non sarà possibile infatti trasferire gli attachment già montati sulla nuova arma.

Oltre ai nemici semplici che vengono giù con uno o due colpi di pistola, Back 4 Blood propone un nutrito bestiario contenente un gran numero di mostri speciali, qui chiamati semplicemente Mutazioni. Si parla di 9 nemici speciali diversi, ognuno con le proprie abilità, in grado di rendere alquanto variegata l’azione di gioco, come il Vomitatore, che è in grado di, beh, vomitare ingenti quantità di liquame verde corrosivo, il Dormiente, che si appicca contro le pareti in attesa di attaccare i giocatori ignari che si avvicinano, o lo Sputabile, che è invece in grado di sputare roba vischiosa capace di bloccare sul posto i giocatori, i quali avranno bisogno di aiuto da parte dei propri compagni per liberarsi.

Sebbene la varietà su questo aspetto non manchi il problema risiede nel loro aspetto estetico: diversi nemici speciali hanno una silhouette fin troppo simile tra di loro ed è molto difficile distinguerli a una rapida occhiata, in quanto nemici diversi necessitano di accorgimenti diversi per essere affrontati. Ciononostante, il gioco è prone a inviare numerose quantità di nemici speciali contro il giocatore, alle volte in maniera fin troppo aggressiva, cosa che si avverte soprattutto alle alte difficoltà, in quanto tendono a essere parecchio resistenti e che in alcuni casi necessitano di uno spropositato numero di caricatori per essere buttati giù. Uno spawn sfortunato può significare la perdita della partita. Il che non sarebbe poi così male, se non che c’è un numero limitato di vite: una volta esaurite, bisogna ricominciare dall’ultimo checkpoint perdendo tutto ciò che si è trovato precedentemente.

Back 4 Briscola

Per bilanciare la difficoltà e rendere più variegato il gioco, Back 4 Blood propone le classiche classi. CI sono otto personaggi, ciascuno dotato di un’abilità propria e di un bonus che viene condiviso tra tutti i giocatori. Scegliere team composti dalle giuste abilità sarà fondamentale per raggiungere l’uscita di ogni livello, soprattutto alle difficoltà più alte. Non solo, ma il gioco offre anche un sistema di carte, capace di influire, positivamente e negativamente, il gameplay, così come si affronta il gioco e come bisognerà approcciarsi alla partita.

Ci sono due tipi di carte. Il primo tipo è rappresentato dalle Carte Corruzione, che rendono il gioco più difficile e stimolante, come rendere determinati nemici corazzati, aggiungere delle sfide che offrono ricompense se portate a termine o aggiungere nuove trappole e ostacoli lungo il livello. Esse sono scelte a caso dal gioco all’inizio di ogni nuovo livello, e il giocatore non potrà fare altro che adattarsi alle nuove situazioni che via via gli si pareranno davanti.

Il secondo sono le Carte Abilità, che, come suggerisce il nome, donano al giocatore nuove abilità oppure migliorano svariate statistiche a sé stessi o alla squadra. E su questo aspetto c’è di tutto e gli sviluppatori si sono proprio sbizzarriti: si va dall’aumentare la propria salute massima fino alla percentuale di resistenza ai danni, alla possibilità di poter portarsi dietro due armi primarie contemporaneamente, alla possibilità di rigenerare la stamina a ogni colpo melee andato a segno. Tra una partita e l’altra è possibile sbloccare nuove carte in un apposito menu, comprandole con i cosiddetti punti rifornimento, che potrebbero essere definiti tranquillamente come punti esperienza, che si guadagnano alla fine di ciascun livello. E sì, ci sono già dei livelli che vengono giocati esclusivamente per farmare questi punti per quanto sono brevi e remunerativi. Una volta sbloccate le carte, sarà poi necessario formare un mazzo di al massimo 15 carte che si potrà scegliere all’inizio della partita, e all’inizio di ciascun livello verrà data la possibilità di scegliere una tra le 5 carte rimaste poste più in alto nel mazzo, rendendo così l’ordine di come le si dispone al suo interno importante. Viene da sé che solo nell’ultimo livello di ciascun atto sarà possibile avere attive tutte e 15 le carte scelte.

Nel complesso, è un sistema alquanto bizzarro che fa più che altro domandare perché gli sviluppatori non abbiano voluto fare un sistema di skill più tradizionale e più intuitivo, in quanto rende il gioco non così immediato come si vorrebbe. A peggiorare le cose ci pensa il fatto che non è possibile sbloccare queste carte in modalità giocatore singolo: i punti rifornimento che servono per sbloccarli non si possono infatti ottenere in questa modalità, occorre per forza di cose giocare online. Tuttavia, in modalità singolo si ha accesso fin da subito a tutte le carte, cosa che perlomeno permette di testarle senza limite alcuno.

Back Again

Per quanto concerne la longevità, Back 4 Blood è un titolo alquanto duraturo. La campagna principale dura una decina di ore, almeno giocata alla difficoltà più bassa, ed è composta da una trentina di livelli suddivisi in 4 atti, vorremmo poter dire tutti diversi tra di loro, ma, ahimè, qualche operazione di riciclo è stata fatta, così come la varietà degli stessi non è che cosa poi così ampia, anche se qualche ambientazione davvero originale non manca. Anche se in alcuni casi questo ritorno in alcune mappe già visitate ha senso dal punto di vista della storia, e che permette anche di vedere gli effetti di ciò che si era fatto in precedenza, la sensazione è che si sarebbe potuto evitare di dedicare livelli della durata di pochi minuti ambientati in queste zone, in quanto sembrano essere più dei riempitivi. Naturalmente tutti i livelli sarebbero poi da completare alle altre due difficoltà più alte, ma in questo ambito il gioco risulta essere alquanto sbilanciato, con una gestione degli spawn dei nemici alle volte un po’ troppo punitiva.

A rendere più variegato il gioco, ci pensa il ritorno della tanto amata modalità PvP di Left 4 Dead, ritorno per modo di dire, perché se è vero che la modalità PvP di Back 4 Blood permette ai giocatori di sfidarsi tra un gruppo di umani e uno di mutanti, non lo fa all’interno delle mappe della campagna, con i giocatori impegnati ad affrontarle, bensì in arene inedite. Naturalmente vince chi riesce a demolire la squadra avversaria in più round. Non sappiamo se questa modalità riuscirà a tenere incollati i giocatori come il suo predecessore faceva, ma pensiamo che non dovrebbe essere il motivo principale per cui si acquista questo titolo, poiché risulta essere la parte più debole della sua produzione in quanto non risulta essere particolarmente interessante.

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