Quantum Break – Recensione

Avanti e indietro nel tempo

Quantum Break, fin dal suo annuncio ha scosso il mondo videoludico, spacciato per esclusiva Xbox One, s’è poi fatto aspettare per quasi tre anni prima della sua pubblicazione. Il titolo in questione doveva portare una rivoluzione, unire telefilm e videogame, due media così diversi, in modo che le azioni nella parte interattiva portassero conseguenze tangibili nella parte narrativa. Questo si traduce che ogni capitolo di gioco si conclude con una puntata di telefilm di 20 minuti con attori in carne e ossa, per dirne un paio ci saranno Lance Reddick e Dominic Monaghan. Cominciamo col dire che a dispetto di quanto ci si possa aspettare, le cosiddette scelte vengono proposte poco prima della messa in onda della puntata nei panni del cattivone di turno, e consistono in due opzioni diametralmente opposte e che portano a conseguenze non così profonde. Insomma, non ci saranno scelte giuste o scelte sbagliate perché alla fine del gioco il finale sarà sempre lo stesso.
Parlando della storia, il protagonista Jack Joyce, fratello dell’illustre scienziato hobbit Meriadoc Brandibuck William (interpretato da Monaghan), si ritroverà suo malgrado coinvolto in un esperimento andato a male sui viaggi del tempo, che ha provocato una frattura nel tempo stesso che porterà inevitabilmente alla fine di esso, e contemporaneamente il protagonista si ritroverà in possesso di poteri soprannaturali prettamente bellicosi, in quanto la loro unica utilità la si può notare proprio durante gli scontri a fuoco, ad eccezione di un paio di banali puzzle che richiedono l’uso di poteri specifici come rallentare il tempo in una specifica zona, della corsa ultraveloce o di poter riavvolgere il tempo per determinati oggetti.

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Questi poteri sono semplicemente spettacolari da usare e da vedere, e ci vuole poco per prenderne confidenza, e saranno un cardine fondamentale per il buon esito dei numerosi scontri a fuoco. Inoltre, l’incipit narrativo della frattura del tempo ha permesso ai Remedy di sbizzarrirsi artisticamente con le scene di gioco, creando squarci dove il tempo fa ciò che vuole, si ferma, va avanti e indietro a piacimento, creando un effetto a dir poco sbalorditivo da vivere.
Dal punto di vista del gameplay ci sono alti e bassi, dove i poteri vincono per divertimento e per varietà, lo stesso non si può dire del gunplay, con un arsenale banale le cui armi non sanno restituire un buon feeling, né del movimento del protagonista, alquanto legnoso, e che spesso si combatte di più per cercare di far fare al protagonista ciò che si vuole anziché ciò che vuole lui. Non si può sparare mirando al fianco e il sistema di coperture automatiche funziona a metà, perché pur di impedire al giocatore di rimanere fisso coperto in un punto, costringendolo a muoversi e a fare un uso massiccio dei poteri, ogni qualvolta si mira o si cambia arma mentre si è coperti, il protagonista si alzerà esponendosi al fuoco nemico.

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Un esperimento andato a male

Il tasto dolente della produzione è la qualità del porting. Comprensibile che la Microsoft abbia spinto la Remedy a utilizzare il suo nuovo Universal Windows Platform per mostrarne i muscoli al mondo PC, ma il risultato è davvero al di sotto di qualunque aspettativa. Non ci troviamo di certo davanti a uno scempio come Batman: Arkham Knight, il quale era ingiocabile, ma ci siamo quasi, con il gioco che in nessun caso riesce a raggiungere i 60fps, ha parecchi cali di frame e parecchi episodi stuttering (ovviamente non è inteso come gli stutter, tradotti con stasi, della storia del gioco che bloccano il tempo completamente), e ha una resa visiva alquanto sgradevole e fastidiosa per via dell’utilizzo di particolari filtri che sfocano l’immagine e le texture, non si ha mai quindi una visuale molto nitida. Va bene il voler introdurre filtri che modifichino l’immagine, ma lasciarli obbligatori senza far decidere il giocatore no.
Dulcis in fondo, all’avvio del gioco, esso ci spiega candidamente di non spegnere la console quando è in corso un salvataggio. Una innocente svista che fa comprendere quanto impegno sia stato effettivamente profuso in questo esperimento.
Come gioco di punta che avrebbe dovuto segnare il glorioso ritorno su PC di Microsoft, non ci siamo proprio.

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Analisi Tecnica

Il gioco permette di selezionare tre preset: Basso, Alto e Ultra. Le impostazioni grafiche che si possono modificare sono le seguenti. Tra parentesi, è indicata l’impostazione del preset tra Bassa (L), Alta (H) e Ultra (U).

  • Illuminazione volumetrica
    • Media (L)(H)
    • Elevata (U)
    • Ultra
  • Risoluzione Ombre
    • Media (L)(H)
    • Elevata (U)
    • Ultra
  • Filtro Ombre
    • Media (L)(H)
    • Elevata (U)
  • Risoluzione Texture
    • Ridotta (L)(H)
    • Media
    • Elevata
    • Ultra (U)
  • Occlusione Ambientale
    • Sì (L)(H)(U)
    • no
  • Riflessi
    • No (L)(H)
    • Media
    • Elevata (U)
  • Qualità Effetti
    • Media (L)(H)
    • Elevata (U)
  • Qualità illuminazione Globale
    • Ridotta (L)
    • Media (H)
    • Elevata (U)
  • Filtro antialiasing
    • Sì (L)(H)(U)
    • no

Per qualche ragione, il preset ultra non prevede il massimo della risoluzione delle ombre né nell’illuminazione volumetrica, ma le differenze sono impercettibili, se non nulle.

Conclusioni

Quantum Break è una occasione sprecata per la Microsoft, in quanto il risultato mina la fiducia degli utenti riguardo al suo ritorno sulla nostra piattaforma, non solo per via di un porting del titolo in questione frettoloso, mal ottimizzato e che usa tecnologie, filtri e artifizi grafici inutili e non desiderati (che però hanno un senso su console), ma anche per il fatto che lo store su cui è venduto e distribuito non è al momento funzionale per questo tipo di applicazioni, e fa quasi ricordare quel disastro che fu Games for Windows Live anni prima. Ed è un peccato, perché sotto certi aspetti il titolo è abbastanza divertente da giocare ma soprattutto da vivere, al netto di certi problemi nei comandi che risultano troppo legnosi. Certo, il miscuglio tra telefilm e videogioco è un esperimento azzardato, ma riuscito solo in parte in quanto la storia creata da Remedy è talmente complessa e ricca di sfumature che per apprenderla tutta bisogna leggere i numerosi documenti sparsi in giro per il gioco, col risultato che si passa più tempo tra telefilm da guardare e file da leggere che non a giocare, e questo è un fatto che non a tutti potrà piacere in un titolo action in terza persona. Per portare a termine il gioco nella difficoltà massima, sorvolando su tutti questi orpelli narrativi il gioco si può finire tranquillamente in 6-7 ore, mentre investendo tempo a leggere tutto, guardare le puntate per intero e a cercare i segreti si può arrivare anche a poco meno del doppio, senza considerare la seconda run per vedere le conseguenze delle scelte opposte.

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