Playerunknown’s Battlegrounds – Recensione

Abbiamo già fatto una disamina, a cui vi rimandiamo, in cui parliamo tra le altre cose di alcuni degli aspetti di gameplay più controversi del titolo, che nonostante tutto funzionano e sono riusciti ad attirare una fetta incredibilmente importante di giocatori.
Pertanto, in questa sede parleremo più che altro del suo comparto tecnico, ma prima parleremo di alcuni altri aspetti del titolo.

Ne resterà soltanto uno

Il ritmo di gioco è uno degli aspetti più criticati dell’intero titolo. Ci sono partite dove per più di dieci-quindici minuti buoni non si trova nessuno, non si spara nemmeno un colpo, e poi, magari si muore all’improvviso per un cecchino nascosto chissà dove. Ce ne sono altre dove invece si spara in continuazione e si inanellano kill su kill fino a raggiungere numeri record. E di solito, quando si arrivano alle fasi finali di un match circoscritto da uno spazio ristretto con una manciata di giocatori, il ritmo deve diventare estremamente ragionato e cauto. Va da sé che ovviamente questo ritmo di gioco totalmente imprevedibile e altalenante è una caratteristica intrinseca delle scelte fatte di game design, eppure riesce a donare un fascino introvabile e una atmosfera che molti altri giochi se le sognano.
Da questo punto di vista, data l’estrema imprevedibilità del titolo, ci sono frangenti dove le atmosfere che si respirano assomigliano di più a un titolo dal tema post-apocalittico, quasi oseremmo dire come S.T.A.L.K.E.R. o Fallout che non a quelle di un gioco multiplayer, dove l’ignoto e la voglia di esplorare luoghi abbandonati, consci però che il pericolo può essere dietro l’angolo, la fanno da padrona.
Le due mappe presenti, Erangel e Miramar, hanno diversi elementi scenografici che richiamo appunto i due titoli sopracitati, e nel complesso sono entrambe ben costruite, piene di punti di interesse e di luoghi strategici sia per tendere imboscate che per difendersi.
Tuttavia, un grosso difetto che si avverte in entrambe le mappe è una varietà di elementi bassa, poiché bastano poche partite per avvertire un senso di deja vu e notare il pesante riciclo fatto dei vari edifici e degli interni, nonché la presenza di particolari alquanto raffazzonati (ad esempio che le porte che danno accesso agli esterni, anche verso i balconi, abbiano la buca delle lettere…). Per ora si può sorvolare, ma magari nelle prossime mappe, luoghi più unici e che non si assomiglino tra di loro sarebbero cosa gradita.

Esplora, combatti, muori

PUBG è un titolo immediato, eppure, pur rimanendo accessibile a tutti si porta dietro svariate sfaccettature nel gameplay che lo rende alquanto articolato.
Il sistema di mira è preso di peso da giochi come Counter-Strike (muovendosi o stando in piedi, la mira sarà più imprecisa), con l’aggiunta della mira down the sight in prima persona e con la differenza che le armi non sono hitscan, ma hanno una loro balistica, e capire come colpire i bersagli, soprattutto lontani, richiede tempo e dedizione, nonché tanta, tanta pazienza e pratica.
Ma anche solo per imparare a usare con profitto tutti i comandi ci vuole diverso tempo. Sappiate che ce ne sono veramente tanti, e molti di essi sono importanti, quasi vitali, per la buona riuscita del match. Non solo c’è la possibilità di sporgersi a destra o a sinistra, di camminare o di correre (più velocemente vi muovete e più rumore farete), di chinarsi o di sdraiarsi, ma è possibile anche cambiare visuale, mirare in prima persona, trattenere il respiro, cambiare modalità di fuoco delle armi e settare addirittura lo zero per alcuni mirini ottici (lo zero rappresenta la distanza che il proiettile deve percorrere perché la sua parabola intercetti il punto segnato al centro del mirino), ma c’è anche la possibilità di assegnare un tasto specifico per ogni oggetto medico e persino delle quattro tipologie di granate. Insomma, tanto di cappello agli sviluppatori che hanno deciso di sfruttare appieno le potenzialità della tastiera, periferica spesso totalmente trascurata per attenersi alla quantità inferiore di tasti di un pad.
Dulcis in fondo, per i più sfegatati, è possibile impostare la sensibilità del mouse per ogni singola tipologia di mirino ottico disponibile, così come è possibile modificare se alcune azioni debbano essere di tipo “hold” o di tipo “toggle”, come la camminata, la mira o accucciarsi.
Peccato solo che non ci sia una sorta di “poligono di tiro”, dove poter modificare in santa pace le impostazioni e trovare il proprio assetto ideale senza preoccuparsi di dover entrare in un match.

Un indie rimane pur sempre un indie

Qual è quindi il difetto maggiore di PUBG? Le parole del producer non lasciano spazio alle interpretazioni, il gioco è stato fatto con un basso budget in quanto le aspettative di vendita erano bassine. E questa scelta ha portato un comparto tecnico che purtroppo non tradisce la sua natura da indie, mostrando il fianco a svariati bug dall’effetto tragicomico, soprattutto per quanto riguarda la fisica dei veicoli. La sensazione quindi è che l’intero sistema di vaulting (le acrobazie create proprio dopo l’evidente successo del gioco) sia costato più del gioco base. Sebbene abbia venduto un fottio tanto da essere diventato un’esclusiva (ormai ex) d’orgoglio per il panorama PC, per quanto sia lecito aspettarsi che venga migliorato, non è comunque possibile farlo dall’oggi al domani, ma è una cosa che richiede tempo e pazienza, i cui primi risultati si stanno però facendo timidamente vedere.
Le prestazioni non possono essere definite eccellenti, ma rispetto all’Accesso Anticipato sul fronte dell’ottimizzazione è stato fatto un mezzo miracolo, e adesso nella maggior parte dei casi il gioco viaggia comunque a un frame rate superiore ai 60, anche a dettagli alti. Purtroppo ci sono ancora delle zone, paradossalmente ambientazioni al chiuso, dove un netto calo di frame, di solito sui 40, c’è ed è evidente. Questo accade su una macchina dotata di un processore i5-4690k, GTX 980 e 16GB di ram, e tutto settato a Medio, ma ne parleremo ulteriormente e più in dettaglio nei prossimi giorni con uno speciale dedicato alle prestazioni.
Ma un altro punto a suo sfavore è dovuto al lag, molto avvertibile soprattutto durante i primi minuti del match (ma la situazione è nettamente migliorata rispetto al lancio della 1.0 grazie a una patch rilasciata da qualche giorno), ma ne rimane comunque una perenne sensazione lungo tutta la partita per via dei server con un tick rate di 17Hz. Si spera comunque che in futuro venga implementato un netcode e vengano usati dei server più adeguati.
Nota a parte: vista la recente scoperta delle falle Spectre e Meltdown, non è noto tuttavia se le prestazioni saranno inficiate quando PUBG Corp. deciderà di applicare il fix (se servirà) ai propri server, ma lo scopriremo nei prossimi giorni.
Il comparto audio merita qualche approfondimento, e bisogna dire che all’inizio appare confusionario e fornisce indizi difficili da decifrare su dove un nemico sta sparando, ma se si investiga ulteriormente, si scopre che cerca di rispecchiare le leggi della fisica e della balistica: i proiettili viaggiano più veloci del suono, motivo per cui dapprima si sente l’impatto dell’ogiva contro una superficie vicina, seguita poi dal suono dello sparo in lontananza, e grazie a questi indizi acustici è possibile capire da dove l’assalitore sta sparando.

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