A Plague Tale: Innocence – Recensione

A Plague Tale: Innocence è il primo grande progetto indipendente di Asobo Studio, un team di sviluppo francese che sino ad ora si era occupato più che altro di tie-in per conto della Disney. Conoscendo la storia degli sviluppatori, non ci aspettavamo una opera prima di alto livello, ci aspettavamo solo un buon gioco che potesse mostrare le potenzialità della software house. Giocandolo ci siamo completamente ricreduti, A Plague Tale: Innocence è un ottimo titolo che, pur non avendo il budget di un tripla A, può tranquillamente rivaleggiare con questi ultimi grazie alla forza delle idee e alla capacità degli sviluppatori.

La crociata dei bambini

Il XIV secolo è forse uno dei peggiori nella storia della Francia: alla sanguinosa Guerra dei cent’anni, che già stava stremando la popolazione, si è aggiunta la peste nera, che in breve tempo ha ucciso buona parte della popolazione europea. In questo scenario non proprio ideale si svolgono gli eventi del gioco. I protagonisti sono i fratelli Amicia e Hugo De Rune, la prima un’adolescente il secondo ancora un bambino, membri della casata nobiliare francese dei De Rune. Amicia possiamo definirla come la classica adolescente, Hugo invece ha una storia più complessa: fin dalla nascita è affetto da una misteriosa malattia che lo ha costretto a rimanere isolato dalle altre persone, anche dalla sorella che non ha mai conosciuto. L’unica persona con cui ha interazioni è la madre Béatrice, che per badare al figlio si è dovuta anche lei quasi isolare dal mondo, vedendo raramente l’altra figlia Amicia. La loro vita cambia radicalmente quando L’Inquisizione irrompe nella loro tenuta in cerca del piccolo Hugo. Gli unici che riusciranno a sopravvivere all’Inquisizione sono Amicia e Hugo, con la sorella maggiore che verrà incaricata dalla madre di proteggere il piccolo ad ogni costo. Da qui ha inizio il loro viaggio in una Francia tetra colpita da un’epidemia che ha sterminato buona parte della popolazione, e reso diffidente e violenta quelli che sono rimasti.

Nell’arco della storia vedremo la crescita di Amicia, che si vede costretta a prendersi la responsabilità di difendere il fratello minore in un mondo non adatto ai bambini, soprattutto quelli molto curiosi e un po’ indisciplinati come Hugo. Amicia farà di tutto per riuscire ad adempiere al compito che gli è stato affidato dalla madre, anche uccidere quando questo si rende necessario. La trama presenta anche degli elementi fantasy, che però non possiamo dirvi per non spoilerarvi parte della storia. L’intero impianto narrativo è promosso a pieni voti, non tanto perché presenta dei colpi di scena incredibili, ma per il modo in cui viene raccontata la storia e la cura nella caratterizzazione dei personaggi principali e secondari. L’unica reale pecca è il finale, alcune delle domande che ci siamo fatti per buona parte del gioco non trovano risposta, e la storia viene chiusa in maniera troppo sbrigativa secondo noi.

Senza farsi vedere

Nei videogiochi a medio budget che puntano molto sulla trama, spesso il gameplay viene trascurato creando delle sezioni interattive noiose e in certi casi anche frustranti. Gli sviluppatori di Asobo Studio non hanno commesso questo errore riuscendo a costruire delle sezioni di gameplay divertenti grazie a un’intuizione: mostrare le meccaniche del gioco un po’ per volta. In quasi ogni capitolo infatti ci verrà mostrato un nuovo metodo per distrarre i nemici oppure un nuovo oggetto per stordirli, questo rende quasi impossibile annoiarsi perché non appena una tale meccanica ci inizierà a risultare ripetitiva, il gioco ne propone un’altra e cosi via fino agli ultimi capitoli, dove ci verrà dato un potere che cambierà completamente il nostro modo di giocare.

Ma parliamo in maniera più approfondita del gameplay. A Plague Tale è uno stealth in cui l’unica arma a nostra disposizione è una fionda, upgradabile utilizzando i materiali che troviamo in giro per le ambientazioni. Nei primi capitoli il gioco sembra proporre un tipo di stealth molto basico: lancia un sasso contro un oggetto lontano per attirare l’attenzione del nemico. Le cose iniziano a farsi più interessanti quando vengono introdotti gli oggetti alchemici e si aggiungono, ai nemici umani, le orde di ratti che infestano tutta la Francia. Gli oggetti alchemici sono in totale 6 e ognuno ci permette di affrontare un diverso tipo di nemico: uno dei primi ci permetterà di togliere l’elmo ai nemici corazzati, un altro ci permetterà di accendere i bracieri spenti per spaventare le orde di ratti(non sopportano il fuoco), un altro ancora di attirare i suddetti in un dato punto cosi da liberare la via ecc.. Il gameplay funziona, raramente ci siamo annoiati, certo, la difficoltà è un po’ troppo bassa e mancano alcune rifiniture generali, però da un gioco in cui la trama riveste un ruolo cosi centrale ci aspettavamo molta meno cura nel gameplay, che invece è pieno di belle idee e buone intuizioni.

Reparto tecnico

Graficamente ci troviamo di fronte a un lavoro di alto livello soprattutto nelle realizzazione dei borghi medievali, curati nei minimi dettagli. Questa cura, insieme all’ottima illuminazione, restituisce un colpo d’occhio eccezionale, a volte sembra quasi di essere dentro un dipinto. Anche la realizzazione dei personaggi è più che buona, meno buone invece alcune animazioni, soprattutto quelle facciali, dove si poteva fare di meglio. Le prestazioni sono più che buone: con il nostro PC di prova, che monta un i5 6500 e una RX 480, siamo riusciti a ottenere una media di 55 fps utilizzando il massimo dei settaggi. Ci sono alcuni cali nelle aree più pesanti, ma di certo non parliamo di un gioco in cui i 60 fps fissi sono imprescindibili.

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