Hunt: Showdown – prime impressioni dell’alfa

Hunt: Showdown è l’imminente FPS PvPvE di Crytek, ed è uscito proprio ieri in Accesso Anticipato su Steam al prezzo di 30€, per aiutare gli sviluppatori a bilanciare il gameplay e a rifinire il netcode. Noi abbiamo testato la versione alfa chiusa che si è svolta in queste settimane ed è terminata proprio al lancio dell’Accesso Anticipato, e queste sono le nostre prime impressioni!

A caccia di mostri

Lo ammettiamo: la nostra primissima impressione non è stata positiva. Pur essendosi trattata di una pre-alpha con tutti i problemi del caso, abbiamo avuto gravi problemi di lag e di stuttering che ci hanno impedito anche solo di capire come si giocava. Fortunatamente già il giorno dopo, con il rilascio di una patch, le cose sono migliorate notevolmente, cosa che ci ha permesso di calarci meglio nei panni dei nostri protagonisti e a dare la caccia a malvagie creature demoniache e poter finalmente apprezzare tutto ciò che di buono ha questo titolo da offrire.
Partiamo dall’ambientazione. In Crytek sono maestri nel ricreare ambientazioni naturali suggestive e ricche di dettagli; già dal primo Far Cry o il primo Crysis si poteva avvertire l’amore e la passione che la software house tedesca mette nel ricreare questo tipo di ambientazioni, e Hunt: Showdown non è da meno. L’unica mappa nota al momento è ambientata in una palude, ed è ricreata davvero magnificamente. Sarà forse per i numerosi acquitrini da far venire la malaria solo a guardarli, forse per la vegetazione ricca e rigogliosa, forse per le baracche e palafitte abbandonate e diroccate, forse per il comparto sonoro magistrale, forse ancora per gli zombie o i cani che si possono trovare in giro, fatto sta che il gioco è un gran ben vedere e girovagare per la palude fa venire la pelle d’oca.
E questo succede nelle mappe ambientate di giorno, figuratevi la tensione percepibile nelle mappe ambientate di notte, la fitta oscurità, riprodotta davvero bene, si rivela essere un ostacolo non indifferente in più.

La bussola è il tuo più fido alleato…

Ma parliamo adesso delle meccaniche proposte. Per chi non lo sapesse, una partita di Hunt: Showdown ci fa calare i panni in un cacciatore con l’obiettivo di tornare a casa con il trofeo di una creatura infernale che sta seminando il panico e il terrore. Naturalmente, per ottenere il trofeo questa creatura va uccisa, e prima ancora va trovata. Girovagare per l’intera mappa visitando ogni baracca o ogni catapecchia non è certo la soluzione ideale, soprattutto per il fatto che il giocatore non è solo: altri giocatori (quanti esattamente non si sa) sono nella stessa mappa con lo stesso identico obiettivo, e per i soldi della taglia sono anche disposti a farsi fuori a vicenda senza scrupolo alcuno, per cui capire dove si trova la bestia è una questione cruciale. Ma come si localizza questa tremenda creatura? Semplice, sparsi per la mappa ci sono numerosi indizi che la bestia ha lasciato, e solo grazie ai propri poteri oscuri possiamo rintracciarli con estrema facilità, facendoli apparire come un bagliore blu. Una volta che se ne sono localizzati tre, sulla mappa verrà segnato il luogo esatto dove si nasconde.
E uccidere questa creatura non è compito semplice, in quanto dapprima va sconfitta, sparando un numero abbastanza generoso di proiettili (e naturalmente cercando di restare in vita, compito non semplicissimo), e come seconda cosa va esiliata con una magia da questo piano d’esistenza. Questo esilio è un procedimento lentissimo, ma talmente potente che tutti gli altri giocatori riescono ad avvertire dove sta avvenendo. Per chi è rimasto ancora in vita, questa rappresenta l’occasione per fare una imboscata e tentare di appropriarsi del trofeo dai giocatori (si può giocare a coppie) che fino a quel momento si sono sporcati le mani; vi ricordiamo che l’obiettivo è solo quello di tornare a casa con il trofeo, chi ammazza la creatura o quanti altri giocatori sono stati uccisi non ha alcuna importanza.
Il risultato è un titolo davvero intrigante proprio per via della presenza di altri giocatori che possono mettere i bastoni tra le ruote, in quanto altrimenti sarebbe stato un titolo alquanto piatto o comunque molto limitato.
Per rendere le cose più pepate, quando si muore, si perde il personaggio, le sue abilità e l’equipaggiamento che si è portato appresso, ma si guadagnano punti abilità, necessari per sbloccare nuove armi, oggetti, trappole e altre amenità. Speriamo solo che il divario tra l’equipaggiamento per così dire base e quello che si sblocca giocando assiduamente non sia tale da essere causa di frustrazione per chi gioca poco.

…il tuo fucile ancora di più

Sparare è una delle cose più facili nel mondo degli FPS: si mira e si spara, con due tasti apposta, e in alcuni giochi neanche c’è bisogno di mirare per avere maggior precisione. In Hunt: Showdown si è voluto fare di più e rendere il tutto molto più macchinoso: per sparare è necessario mirare (altrimenti si dà un colpo melee), ma a rendere le cose più complicate ci pensano i due tasti dedicati alla mira, ovvero il tasto destro e shift (questi sono i tasti di default, ma si possono modificare a piacere). Il primo serve proprio per mirare, ovvero per portare l’arma in posizione di tiro per sparare in modalità hip fire, mentre tenendo premuto contemporaneamente ANCHE shift si mira usando gli organi di mira sulla canna dell’arma – l’iron sight per dirla in inglese. Ebbene sì, quell’anche tutto maiuscolo significa che necessariamente dovete tenere premuti assieme sia shift che il tasto destro. Una macchinosità che francamente reputiamo non necessaria, che cambia così all’improvviso il modo di sparare consuetudinario in un FPS. Un approccio come fa attualmente PUBG sarebbe più preferibile, con un tasto dedicato alla mira mentre si usa l’hip fire e un altro tasto che permette la mira con l’iron sight, senza la necessità di doverli premere contemporaneamente – ancora meglio, esiste persino l’opzione per fare tutto con un singolo tasto. A parte questo, sparare in Hunt: Showdown è soddisfacente come pochi. Le armi hanno un feeling decisamente curato, anche grazie al sonoro, che restituisce davvero l’impressione di star usando dei veri e propri ferrovecchi dell’800, con i rumori meccanici davvero marcati all’interno dell’arma che paiono doversi arrugginire da un momento all’altro, e sinceramente non vediamo l’ora di provare qualche nuova arma nella versione completa per verificare che tale cura sia stata riposta anche in altri gingilli.

Sarà un lungo viaggio

Ma c’è ancora molto lavoro da fare. Come già detto all’inizio di questo articolo, all’inizio il lag e lo stuttering sono stati gravi a tal punto da farci desistere dal giocare. E sebbene una patch sia servita, in realtà ha solo aggiustato un po’ il tiro e l’ha reso giocabile, ma di lag, problemi di netcode e di performance ne ha ancora. Per ora, il gioco su un i5 4690k, 16GB di RAM e una GTX980 viaggia giusto giusto a 30fps (a quali dettagli purtroppo non si sa, non erano modificabili), ma con frequenti cali non solo nelle situazioni più concitate, ma anche in situazioni apparentemente tranquille, così come il lag è stato di molto percepibile, con anche quasi un secondo di ritardo nelle situazioni peggiori (al nostro primo tentativo, quando andava bene, il gioco registrava un colpo andato a segno dopo più di due secondi dallo sparo).
Purtroppo, come si evince dalle prime recensioni su Steam, permangono ancora questi problemi anche al lancio dell’Accesso Anticipato, ma naturalmente sono destinati a essere risolti col tempo e con tante patch, ma per ora solo chi avrà un computer davvero performante potrà godersi appieno il titolo.
In ogni caso, non vediamo l’ora di poter provare con mano una versione più stabile, più ottimizzata e con un netcode migliore, e con un Accesso Anticipato che durerà 12 mesi, avremo quasi certamente il modo di parlare ancora di questo gioco, sperando di farlo con entusiasmo!

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