Daylight – Recensione

Daylight - Recensione
Daylight - Recensione

Il genere horror psicologico non ha mai avuto un apice di successo come quello attuale, pure essendo un genere di nicchia, vari media (uno su tutti youtube) hanno dato al genere una visibilità incedibile. Stiamo parlando per la precisione di quei giochi che non danno gli strumenti al giocatore per difendersi dalle minacce, che siano spiriti o mutanti, ma il più delle volte si è costretti ad aggirarli o a scappare una volta che ci avranno individuato. L’ obbiettivo comune di tutti questi titoli non è tanto raccontare una storia articolata e godibile, o introdurre meccaniche innovative, ma è principalmente uno: spaventare. Ad ogni costo e con ogni mezzo.

 

una spiaggia romanticamente illuminata dalla luce lunare
una spiaggia “romanticamente” illuminata dalla luce lunare

 

Siamo alle solite….

Anche stavolta ci troviamo catapultati nostro malgrado nell’incubo di tutti i deboli di cuore: un ospedale abbandonato, come se non bastasse nel mezzo di un’ isola deserta ovviamente infestato da spiriti smaniosi di farci la pelle, ma c’era bisogno di dirlo? Nella nostra avventura da incubo ci accompagnerà la voce tramite ricetrasmittente del cattivo di turno, che a quanto pare si è divertito a rapirci e farci vivere questa terrificante fuga dall’ospedale.

Durante il nostro peregrinare ci avventureremo in un assortimento di ambientazioni tutto sommato vario, per cui prepariamoci a visitare ospedali, foreste, fogne, e tutti i cliché dei giochi horror a cui siamo abituati.

Foresta labirintica e "pagine" da raccogliere, qualcuno ha detto slenderman?
Foresta labirintica e “pagine” da raccogliere, qualcuno ha detto Slender?

 

Fuggire dall’isola maledetta

Passando al gameplay puro, ogni “zona” potrà essere superata raccogliendo per il livello dei frammenti, chiamati reminiscenze, che ci daranno preziosi indizi sulla storia del lugubre luogo che siamo intenti ad esplorare. Più ci avvicineremo a completare la collezione maggiore sarà il rischio di incontrare le entità extracorporee, che si rifanno presumibilmente al mito giapponese delle onryō, ovvero spiriti vendicativi femminili. Anche al livello di difficoltà massimo (difficile) la sfida sarà praticamente assente, si incomberà nella morte, di fatto solo stando a fissare di proposito gli spiriti che di volta in volta tenteranno di fermarci, appena incontrato uno basterà correre via per mettersi in salvo, lo sprint è infinito, perciò non ci si dovrà nemmeno preoccupare di dosare una eventuale barra di stamina.

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Non che se ne avrà reale necessità, ma per contrastare gli spiriti avremmo a nostra disposizione dei bengala, che col loro bagliore scacceranno le minacce che ci circondano. Completante altro utilizzo avranno invece le luci led verdi: queste serviranno per evidenziare nell’ambiente tutti gli oggetti con i quali potremmo interagire, come cassetti o armadietti, al loro interno infatti oltre ad altre luci potremmo trovare reminiscenze.

La particolarità senza dubbio più originali del titolo è sicuramente la generazione casuale degli scenari di gioco, infatti ricominciando più volte il titolo gli ambienti e le stanze dei livelli saranno di volta in volta ri arrangiati, in modo da rendere ogni partita diversa. Tale originale feature a dire la verità risulta positiva sulla carta, ma una volta in gioco ci rendiamo contro che i moduli che vengono utilizzati sono veramente pochi, e più che una sensazione labirintica si ha quella di ripetitività e pochezza di design.

Un muro invisibile ci impedisce di attraversare il varco
Un muro invisibile ci impedisce di attraversare il varco

 

Per districarci nei labirintici livelli verrà in nostro aiuto una minimappa sul telefono, app da fare invidia all’Iphone più aggiornato, che si espanderà e aggiornerà ogni volta che verranno esplorate nuove stanze, rimuovendo il rischio e la frustrazione di perdersi.

Si ok, abbiamo parlato di tutto, ma il gioco è in grado di spaventarci o no? Prima di rispondere c’è da precisare che gli spaventi saranno condizionati principalmente dal comparto audio, in grado di alternare momenti di tensione crescente a urla improvvise delle entità materializzate alle nostre spalle,  perciò per godersi appieno il titolo consigliamo un buon paio di cuffie, una volta settata la nostra postazione, magari abbassando le luci della camera (mi raccomando tenete sempre una lucetta accesa per non affaticare gli occhi), bhe gli spaventi sono assicurati, sopratutto a causa della parziale imprevedibilità degli attacchi, esiste infatti una barra che ci avverte dell’ attuale livello di minaccia, ma i brutti incontri non mancheranno anche ai livelli più bassi.

 

Il physx nel suo massimo (si fa per dire) apice
La realistica fisica della tenda gestita dal physx

 

Unreal engine 4,  a noi due

Deludente,  questo è stato il giudizio personale sul lavoro svolto da Zombie Studios col nuovo motore grafico targato Epic Games. Dalle tech demo si è ampiamente visto e rivisto tutte le potenzialità che il motore next gen è in grado di offrire, tali aspettative hanno perso validità con Daylight, che dimostra come non è il motore grafico a fare la grafica del gioco. I fantastici effetti di illuminazione delle tech demo sono ad un livello completamente differente, e questo dispiace, perché sarebbe stato interessante vedere come si sarebbero comportate al massimo le differenti sorgenti luminose presenti nel gioco col motore grafico pompato al massimo. Il titolo sembra inoltre utilizzare un fastidioso filtro grafico che rende tutto come sfocato, forse giocando a qualche metro di distanza su console col pad in mano nemmeno si nota, ma su PC a qualche decina di cm dallo schermo l’effetto è decisamente più visibile.

Infelice la scelta di bloccare il FoV (Field of view) a valori decisamente troppo bassi, senza la possibilità di modificare dal pannello delle opzioni, tale scelta però può essere dovuta al tentativo di rendere il gioco più opprimente e claustrofobico, sensazione che effettivamente un campo visivo così basso trasmette appieno, risultando d’altra parte particolarmente difficile da sopportare se si è abituati a giocare con livelli di FoV a 90+.

Se siete possessori di schede video NVIDIA potrete gustarvi gli effetti del PhysX, il motore fisico che, su Daylight in particolare, aumenta l’ atmosfera con accurati effetti particellari e nebbia volumetrica,aggiungendo un pizzico di immersione in più.

Pro

  • Riesce nel suo intento: offrire un’ esperienza spaventosa e claustrofobica
  • L’audio fa il suo lavoro

Contro

  • Graficamente deludente
  • Scarsa originalità di trama e ambientazione

Commento Finale

6

Daylight cerca un posto in un genere di nicchia saturo di cloni, e da questi non riesce a prendere le distanze e delineare i propri tratti distintivi, deludente anche la prima incarnazione dell’ Unreal Engine 4.

 

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1 commento su “Daylight – Recensione”

  1. peccato, che fosse un clone di Project zero o Outlast si intuiva, ma che fosse fatto così male non me l’ aspettavo. Fortunatamente non ho sprecato soldi nel preorder, che qualche giorno fa era pure scontato su Steam

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